Vent'anni di Genova

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  Redazione
  26 luglio 2021
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A cura di Edoardo Cappelli

Genova ricorda i giorni che più di altri ne hanno caratterizzato la storia politica recente, rendendola involontariamente il teatro di eventi spartiacque nella storia contemporanea. Una manifestazione ha avuto luogo tra le strade del capoluogo ligure il 19 luglio scorso, in ricordo delle giornate del G8, degli scontri tra manifestanti e polizia, dell’omicidio di Carlo Giuliani, dell’orrore di violenza e tortura che ne conseguì. Tra gli altri, ha parlato anche il padre di Carlo, Giuliano, sottolineando il bel segnale rappresentato dalla fitta presenza di giovani in piazza. Probabilmente molti di loro non erano neanche nati quando il fuoco di quel luglio del 2001 si sparse nella città.

Nel luglio del 2001, Genova ospitava un summit che vedeva come protagonisti i capi degli otto Stati più facoltosi e potenti del mondo. In quei giorni, le strade della città si riempirono di manifestanti dei movimenti anti-globalizzazione, molti dei quali vollero mostrare pacificamente il loro dissenso. All’epoca, lo scontro verteva in gran parte sul contrasto tra il mondo politico, il quale premeva verso un sempre più affermato mercato globale, e i gruppi di sinistra radicale, che utilizzavano reti internazionali di attivisti per protestare contro il capitalismo globale che stava entrando nel ventunesimo secolo e si era ormai consolidato come l’unica forma di organizzazione sociale ed economica possibile. Le proteste di circa duecento mila persone vennero scosse dalle azioni di una parte ristretta di rivoltosi, che mise a ferro e fuoco parti della città. In quel contesto perse la vita Carlo Giuliani, un ragazzo di ventitré anni ucciso da un colpo d’arma da fuoco sparato da un carabiniere, Mario Placanica, che poi ne ha investito il corpo con il mezzo che stava guidando. Carlo è divenuto il simbolo di quei giorni e delle lotte giudiziarie che ne sono susseguite. Al carabiniere accusato di omicidio venne riconosciuta la legittima difesa (Giuliani era intento a lanciare un estintore contro le forze dell’ordine), e l’investimento del corpo del giovane venne collegato alla foga della fuga (e quindi, dichiarato accidentale).

Ad ogni modo, è ciò che successe a partire dalla notte del 21 luglio 2001 a marcare questi tragici avvenimenti. La scuola Diaz (oggi liceo statale Sandro Pertini) era stata occupata da un gruppo di studenti e attivisti, e sul luogo si trovavano anche vari giornalisti per documentare i fatti. Quando la polizia arrivò per far sgomberare gli occupanti, non fece eccezione alcuna. Vari giornalisti vennero coinvolti nelle percosse e sottoposti alle umiliazioni. La brutalità poliziesca di quella sera è ben documentata dalle dichiarazioni dei presenti, dagli atti giudiziari, da tutti i documentari, video e film che nacquero in seguito. Venne dichiarato che alcuni ufficiali di polizia cadenzavano le loro incursioni a suon di inni fascisti; mentre abbondavano le minacce di stupro riservate alle occupanti femminili. Tuttora rimane famosa la dichiarazione di un agente, che più tardi definì il tutto come una “macelleria messicana”. Il successivo contesto di bugie e depistaggi fa ancora più impressione, soprattutto se si pensa che il tutto è avvenuto in un Paese democratico. La scuola Diaz era un edificio che il comune di Genova aveva dato in gestione ai manifestanti. Quando la polizia irruppe, piazzò delle bottiglie molotov per mostrare che coloro che poi massacrò erano individui violenti, famigerati black bloc che per due giorni si erano dedicati alla meticolosa distruzione di vetrine e simboli multinazionali. Molti stanno ancora aspettando giustizia. Il sistema penale italiano prevede una piena condanna solo dopo la conferma della pena al terzo grado d’appello, e in questo caso le condanne e le sentenze saranno cancellate dalla prescrizione il prossimo anno. Nel frattempo, i politici responsabili, i vertici della polizia, delle guardie carcerarie e dei medici carcerari, non sono mai stati obbligati a fornire spiegazioni su quanto accaduto. Rimangono senza risposta le domande fondamentali sul perché ciò sia successo.

Il punto è che i fatti del G8 di Genova hanno oltrepassato i confini della mera cronaca politica. Amnesty International ha definito le vicende come “la più grande sospensione dei diritti umani dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”. Gli abusi di potere perpetrati dalla polizia durante le manifestazioni nella retata alla scuola Diaz e nella reclusione dei detenuti nel carcere di Bolzaneto, sono divenuti il simbolo di un problema che va molto al di là del comportamento individuale di qualcuno che non è ligio al proprio dovere. Sono il sintomo di una mancanza istituzionale e sistemica, in cui le istanze violente e fasciste riescono a penetrare con fin troppa facilità, e in cui le responsabilità per gli errori commessi tendono ad essere omertosamente insabbiati, piuttosto che affrontati. I fatti sono la risposta più grande alla narrativa della “mela marcia”, che ha come obiettivo il salvataggio del buon nome di un’istituzione, addossando la responsabilità a qualche scheggia impazzita. È evidente da questo e numerosi altri eventi che esiste un problema di gestione del potere da parte di un’autorità, che evidentemente avverte un’eccessiva sicurezza e mano libera nell’operare sfogando i propri peggiori istinti.

Il ventennale dei fatti di Genova cade a ridosso dell’esplosione di un’altra orrenda storia di abuso di potere da parte delle forze dell’ordine: quello dei pestaggi riservati ai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Nell’occasione, cinquantadue agenti sono indagati in seguito alle torture fisiche e psicologiche perpetrate ai danni di un enorme gruppo di carcerati, rei di aver protestato nell’aprile del 2020 contro le condizioni sanitarie che non permettevano una sufficiente protezione contro il Covid-19, di cui alcuni detenuti si erano ammalati. Sconvolge pensare a come tutto sia avvenuto sotto l’occhio vigile delle telecamere, con una sostanziale noncuranza di essere ripresi da parte degli esecutori delle violenze, probabilmente sicuri che non avrebbero subito alcuna conseguenza. Anche in questa circostanza, così come a Genova, vi sono esponenti della classe politica che dichiarano di stare dalla parte degli agenti senza mostrare il minimo dubbio. Anche in questo caso, gli organi di categoria si sono mossi anzitutto per proteggere i propri membri, anziché cercare la verità e reagire di conseguenza. Ancora una volta, un dibattito riguardo una maggiore responsabilità da riservare alle forze dell’ordine (come, per esempio, l’introduzione dei numeri di matricola sulle divise) sembra non riuscire ad avere spazio. Di recente, il ministro della Giustizia Mara Cartabia si è presentata alla suddetta istituzione carceraria, parlando di una "violenza a freddo ingiustificata". C’è attesa nel vedere se alle parole seguirà qualche tipo di provvedimento.

Così come per Genova, vent’anni dopo.

Fonti consultate per il presente articolo:

A vent’anni dal G8 di Genova, il padre di Carlo Giuliani: “A Carlo è stato negato anche il processo”, http://www.rainews.it/dl/raine... Nicholas, “The Italian Presidency of the G8 Summit”, in Italian Politics, 2001, Vol. 17, 2001, pp. 167-184.

Cartabia: “A Santa Maria violenza a freddo. Detenuti umiliati, dignità è cardine della Costituzione”, http://www.rainews.it/dl/raine...

Davies Nick, “The bloody battle of Genoa”, The Guardian, https://www.theguardian.com/wo...

Nazzi Stefano, “Cosa successe al G8 di Genova”, Il Post, 19 luglio 2021, https://www.ilpost.it/2021/07/... Melody, “Narrating Genoa: Documentaries of the Italian G8 Protests of 2001 and the Persistence and Politics of Memory”, in History and Memory, Vol. 23, No. 2, Fall/Winter 2011, pp. 66-89.

Preve Marco, “G8, Strasburgo assolve Placanica: ‘Giuliani ucciso per legittima difesa’”, La Repubblica, 26 agosto 2009, https://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/g8/assoluzione-placanica/assoluzione-placanica.html

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Diritti Umani

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G8

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