Un nuovo equilibrio tra vita privata e lavorativa: la direttiva europea 1158/2019

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  Alessandro Micalef
  02 agosto 2022
  4 minuti, 14 secondi

Nonostante negli ultimi decenni i Paesi occidentali insistano formalmente sull’affermazione della parità tra uomini e donne, individualmente - e all’interno dei nuclei familiari - molto spesso si fatica a vedere interventi utili a rendere concrete tali idee. Una delle ultime iniziative europee, introdotta nella direttiva 2019/1158 del 20 giugno 2019, mira a favorire un equilibrio tra attività professionale e vita familiare per genitori e prestatori di assistenza. Tale direttiva abroga e sostituisce la precedente 2010/18 in tema di congedi parentali, che resta in vigore fino al 2 agosto 2022. Prima di considerare gli aspetti più rilevanti della nuova direttiva, è necessario precisare che l’Unione europea ha concesso un termine di circa tre anni per recepire nei singoli ordinamenti una normativa che permettesse di applicare la direttiva nei singoli Stati dell’Unione. Tale termine sarebbe appunto il 2 agosto 2022, eppure, come accade spesso, il nostro Parlamento si trova in ritardo nella procedura di recepimento della normativa europea. Non si ha certezza, pertanto, di quando i principi della direttiva europea saranno concretamente operative all’interno del territorio nazionale, considerato, inoltre, che questa difficilmente può essere considerata self-executing.

Per meglio illustrare l’obiettivo di questa direttiva, il considerandum 11 ci chiarisce che: “L'attuale [inteso quale precedente alla direttiva] quadro giuridico dell'Unione prevede incentivi limitati volti a far sì che gli uomini condividano equamente le responsabilità di assistenza. La mancanza di congedi di paternità e parentali retribuiti in molti Stati membri contribuisce al basso utilizzo di congedi da parte dei padri. Lo squilibrio nella concezione delle politiche a favore dell'equilibrio tra attività professionale e vita familiare tra donne e uomini rafforza gli stereotipi e le differenze di genere nell'ambito del lavoro e dell'assistenza.”. Obiettivo principale della direttiva, infatti, è quello di favorire un maggior equilibrio nel congedo parentale. Nella concezione tradizionale, spesso radicata anche nelle famiglie del nostro Paese, infatti, le donne sono coloro che sacrificano la carriera per crescere e curare i figli. Ciò non deve tradursi necessariamente con l’abbandono del posto di lavoro, ma anche solo con una riduzione delle ore di impiego. Ciò che si tenterebbe di fare con la direttiva, quindi, sarebbe quello di ridurre l’impronta di una società patriarcale in cui il congedo parentale per i padri viene ancora considerato un supplemento a quello delle madri.

La direttiva precisa che essa si applica a lavoratori che abbiano anche solo un rapporto di lavoro, senza che sia necessario un contratto. L’art. 4 lascia una traccia attuativa piuttosto ampia relativa al congedo di paternità, che prevede: “1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che il padre o, laddove e nella misura in cui il diritto nazionale lo riconosce, un secondo genitore equivalente abbia diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi da fruire in occasione della nascita di un figlio del lavoratore. Gli Stati membri possono stabilire se il congedo di paternità possa essere fruito parzialmente prima della nascita del figlio o solo dopo la nascita del figlio e se possa essere fruito secondo modalità flessibili.”. Stando a quanto precisato sul sito dell’INPS, in Italia i padri avrebbero già tale diritto di congedo obbligatorio a partire dal 1° gennaio 2021. Le novità maggiori verrebbero introdotte dall’art. 5 della direttiva, che prevede che: “1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché ciascun lavoratore disponga di un diritto individuale al congedo parentale di quattro mesi da sfruttare prima che il bambino raggiunga una determinata età, non superiore agli otto anni, che deve essere specificato da ciascuno Stato membro o dai contratti collettivi. Tale età è fissata in modo da garantire che ogni genitore possa esercitare effettivamente il proprio diritto al congedo parentale e su un piano di parità.”, cui si aggiunge al secondo comma che: “Gli Stati membri provvedono affinché due mesi di congedo parentale non possano essere trasferiti.”. Ciò introdurrebbe un sistema in cui ai genitori viene concesso un periodo di quattro mesi, di cui almeno due non trasferibili, nei primi otto (o meno) anni di vita del proprio figlio, in cui a ciascun genitore viene data la possibilità di contribuire alla sua crescita ed educazione. Nonostante il proseguo dell’articolo preveda dei correttivi necessari, relativi ad anzianità di servizio (comunque non superiore ad un anno) e periodi di preavviso, il tenore del suo contenuto prevede un ampliamento delle responsabilità genitoriali che vengono attribuite a ciascun genitore.

Oltre a prevedere il congedo parentale, nella direttiva viene considerato anche il congedo per prestatori di assistenza, da intendersi come coloro che si occupano di altri familiari non autosufficienti, che può venir concesso ai lavoratori fino a cinque giorni all’anno.

Nonostante si debba ancora comprendere come verrà attuata e adattata all’ordinamento italiano la direttiva considerata, è chiaro che questa presenti tratti innovativi che potranno ridimensionare gli oneri familiari ancora presenti nelle famiglie.

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L'Autore

Alessandro Micalef

Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Milano.

Ha una propensione per lo studio delle materie umanistiche sin dagli anni del liceo, soprattutto quelle storiche.

Durante i suoi studi universitari sviluppa un interesse per il Diritto Internazionale ed Europeo, più in particolare per i Diritti dell’Uomo in entrambi i contesti.

Oggetto della sua tesi di laurea è stato il caso che coinvolge Gambia e Myanmar davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, in cui il Myanmar viene accusato di genocidio ai danni della minoranza etnica Rohingya.

All’interno di Mondo Internazionale è autore per l’area tematica di Organizzazioni Internazionali.


Law Graduate from Università degli Studi di Milano.

He has a propensity for humanistic subjects since high school, especially for historical ones.

During his academic studies, he develops an interest for International Law and European Law, in particular Human Rights in both contexts.

His final dissertation was related to the case concerning The Gambia and Myanmar in front of the International Court of Justice, where Myanmar is accused of genocide perpetrated against Rohingya ethnic minority.

Within Mondo Internazionale he is author in the context of International Organizations.

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Unione Europea ue diritti dei lavoratori famiglia