Tutto è interconnesso

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  Redazione
  06 febbraio 2018
  4 minuti, 34 secondi

A cura di Stefano Sartorio

L'irruenza con cui l'Africa irrompe nelle vite degli europei riporta spesso alla realtà dei fatti e con i piedi per terra. La migrazione dimostra ancora una volta tutto il suo peso demografico e politico, contribuendo a modificare le preferenze degli attori del sistema internazionale e gli assetti futuri globali. In particolare, ad oggi, vi è uno Stato che principalmente conserva la stabilità del continente occidentale:

Il Niger, con una superficie di 1.267.000 km^2 (301.000 per l’Italia) e una popolazione di 21.954.867 milioni di abitanti, si inquadra come secondo paese al mondo per natalità (7.6 figli per donna) e sesto per crescita demografica. Osservandolo come potenziale serbatoio di nuove migrazioni o semplicemente instabilità, è essenziale definirne i dati demografici e geografici per poterne delineare con più praticità gli sviluppi futuri.

L’interesse europeo nel suo insieme, caratterizzato soprattutto dalla Francia (che già opera in questa regione), Germania e Italia, si attesta durante il summit sulle migrazioni tenutosi a Valletta nel 2015. Il Niger infatti è uno Stato fondamentale per quanto riguarda le due rotte migratorie principali provenienti dall’Africa Occidentale (Ghana, Senegal, Camerun, Mali, Gambia e Nigeria), facendo di esso un transito obbligatorio per il raggiungimento della più lontana costa libica e algerina. Secondo un rapporto AGI del novembre 2016, dei 160 mila migranti provenienti dalla Libia in quell’anno, l’80% provenivano dal Niger. La regione di Agadez si configura come il punto nodale in cui i flussi si dividono per raggiungere i due stati costieri.

L’intervento decisosi all’interno del summit prevedeva l’istituzione dello European Trust Fund for Africa, attuato e sostenuto oggi per il 75% dai fondi per lo sviluppo europei (EDF), per il 20% dal budget dell’Unione Europea e il restante 7% da parte degli stati membri. Il fondo è gestito da 3 comitati che rispettivamente operano per le zone del Corno d’Africa, del Sahel e del lago Chad (area di forte instabilità data dalla presenza di Boko Haram e da una perdurante desertificazione) e del Nord Africa.

L’obiettivo di questo Fondo rispecchia l’interesse dell’Europa all’interno del quadro nigerino. Gli obiettivi infatti sono relativi alla gestione della migrazione, alla sicurezza e alla cooperazione allo sviluppo. Il progetto si ripropone di affrontare le cause delle migrazioni, anche irregolari, e degli spostamenti forzati. Il principale metodo con il quale queste finalità vengono perseguite si basa concretamente sul blocco o contrasto dei flussi, senza però porre in essere una distinzione tra le migrazioni e gli spostamenti forzati, che originano da cause ben diverse: le prime infatti si originano dalla semplice facoltà e abilità dell’uomo di potersi spostare, mentre i secondi sono causati da situazioni in cui le persone sono costrette a fuggire per sopravvivere da conflitti, disastri e catastrofi. Oltretutto, il secondo pilastro della cooperazione messa in atto tramite il Fondo stabilisce la volontà di creare nuove rotte per la migrazione, facilitandola e rendendola ordinata e regolare. Partendo dal budget generale per tutto il progetto (3 miliardi), 1.9 milioni (52% impiegati per la fascia del Sahel e del Lago Chad) sono già stati allocati e solo il 3% è stato utilizzato per questo fine.

L'impegno internazionale verso questi obiettivi si concretizza anche attraverso le azioni dei singoli stati europei. In particolare, diventa utile accennare all’allargamento dell’operazione Sérval, per il Nord del Mali, che nel 2014 viene regionalizzata con l’operazione Barkhane che oggi conta 4mila soldati. In Niger la Francia gestisce 4 basi per un totale di 1000 unità. La Germania ha deciso anch’essa di schierare 1000 unità nella regione dell’Africa Occidentale e nel Sahel, trasformandolo nel teatro straniero più importante, progettando di costruire una nuova base in Niger ai pressi del confine con il Mali, inviando altri 850 soldati. L’Italia, memore dell’impegno internazionale sancito anche dalle proposte del Migration Compact del 2016, ha scelto di schierare 470 soldati a nord del Niger nella base francese di Madama, con l’obiettivo di controllare i flussi migratori e stabilizzare la Libia. La decisione italiana di stanziarsi in questa località, invece che nella più strategica Libia, sembra abbia per primo un valore di sicurezza, in quanto il nord nigerino è indubbiamente meno pericoloso del Fezzan libico. La seconda ragione sembra essere di carattere politico, in quanto la recente scoperta di giacimenti auriferi nella regione la rendono di sensibile interesse francese.

L’Europa dovrà in definitiva capire se ad agire saranno i singoli stati ed i loro relativi interessi oppure se un concerto ed uno sforzo comune verso determinati obiettivi sarà la strada più conveniente da percorrere. Senza queste considerazioni, il rischio che gli sforzi di collaborazione e cooperazione esplicitati a Valletta si trovino schiacciati dall’ imponente peso demografico dei flussi migratori e dall’aggravarsi delle situazioni degli stati di transito di queste ultime, è concreto. La minaccia terroristica e jihadista è poi all’ordine del giorno, fomentata anche dal risentimento originato da una non ottimale gestione delle crisi in atto. La comprensione della strutturalità del fenomeno migratorio è prioritaria per poter reagire non verso un suo contrasto bensì verso una gestione controllata e regolamentata. "Tutto è interconnesso" sostiene l'ambasciatore Trupiano, di stanza in Libia dal 2004 fino al 2010 e successivamente ad Atene. "L'emigrazione fa scaturire diverbi negli Stati ma anche tra gli Stati; la Francia impedisce che i migranti entrino nel territorio e lo stesso fa l'Austria al Brennero. E' l'unione Europea che deve farsi carico di queste sfide odierne"

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