The big grey area: la Repubblica Popolare Cinese

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  Redazione
  22 marzo 2021
  4 minuti, 29 secondi

Se nella prima rivoluzione industriale è stato determinante l’utilizzo del vapore e nella seconda l’introduzione dell’elettricità, per una terza rivoluzione bisogna rivolgere lo sguardo alla tecnologia. Il settore tecnologico è quello che pone una maggiore attenzione sull’innovazione e sulla ricerca, come già fecero le industrie tessili di fine settecento e le industrie chimiche nella seconda metà dell’ottocento. Ad oggi, il leader indiscusso nei settori dell’intelligenza artificiale e dell’hi-tech è proprio la Repubblica Popolare Cinese. Forte dei suoi piani pluriennali di pianificazione economica, la Cina ha iniziato ad investire nella formazione di milioni di studenti per i lavori del futuro. Questo elemento è di per sé un enorme vantaggio che nessun’altra economia occidentale ha al momento. Questo è dovuto, almeno in parte, al fatto che il regime cinese può permettersi di agire sostanzialmente senza doversi preoccupare del consenso popolare, cosa che nei regimi democratici non potrebbe essere messa in atto. Ecco quindi che si viene a formare un’area grigia, una contrapposizione tra autoritarismo ed innovazione. In un paese dove lo Stato ha il controllo dei suoi abitanti e una forte capacità di pianificazione futura, può esistere una terza via dove le libertà individuali vengono tutelate senza intaccare la ricerca e la crescita economica? E questo non solo per un ritorno economico, ma anche per disegnare il nuovo volto della democrazia e della nostra libertà.

Nel 2017 la John Sudworth, un giornalista della BBC, si trovava in Guiyang per prendere parte ad un esperimento sociale: vedere quanto tempo la rete di sorveglianza ci avrebbe messo per fermarlo. Ora, in Cina esisteva già nel 2017 un fitto reticolo di sorveglianza composto da 170 milioni di telecamere sparse su tutto il territorio. Da allora ne sono state aggiunte altre 400 milioni, molte delle quali dotate di riconoscimento facciale. Quattro anni fa, la polizia di Guiyang, dopo aver registrato i dati di Sudworth insieme ad una foto per il database anagrafico e averlo identificato come 'sospetto', ha fermato lo stesso davanti una stazione degli autobus dopo soli sette minuti. Un incredibile esempio di tecnologia e sorveglianza, e da allora si può ragionevolmente credere che l’intelligenza artificiale sia stata implementata. Per fare un esempio più aggiornato, nel 2020 durante la pandemia da Coronavirus, Zhang San (nickname come per ‘John Doe’ che si riferisce ad una persona non specificata) riceve una telefonata sul proprio telefonino da parte di un numero sconosciuto. Dall’altra parte un funzionario pubblico lo avvisa che avrebbe dovuto sottoporsi ad un tampone di lì a breve. Il signor Zhang, perplesso perché né lui né i suoi contatti stretti avevano manifestato alcun tipo di sintomo, mentre si sottoponeva al tampone viene informato che nella mattinata dello stesso giorno aveva viaggiato su un autobus con un passeggero infetto. Questo è stato reso possibile dal preciso tracciamento, a ritroso, degli spostamenti del caso positivo tramite telecamere, algoritmi per il riconoscimento facciale e dati anagrafici.

In ultima analisi, Li Wenliang (il primo medico a dare l’allarme sulla diffusione di un virus letale e contagioso simile alla Sars), dopo aver scritto un post su WeChat, viene immediatamente intercettato dalla sorveglianza web composta da veri e propri poliziotti del cyber-spazio. Il dottore fu convocato e gli venne chiesto di firmare una lettera di scuse ‘per aver disturbato la stabilità sociale’, dato che le notizie sull’epidemia da Coronavirus non erano ancora state confermate dal partito. Il suo post venne screditato come fake news e Li si impegnò a non parlare più di Coronavirus.

Tutti questi usi della tecnologia per il controllo della popolazione vengono giustificati con lo scopo di mantenere la stabilità politica e sociale in Cina: se non si è fatto niente di sbagliato non c’è nulla da temere. Non stupisce quindi che la Cina, con un sistema di vigilanza di questa entità, sia stata la prima superpotenza ad uscire dalla crisi causata dalla pandemia. Inoltre, la Cina risulta l’unica nazione ad essere ritornata a livelli di quotidianità simili a quelli pre-pendemia.

Nell'Unione Europea l’utilizzo di dati dei cittadini viene regolato dal GDPR, regolamento decisamente giovane dato che la sua entrata in vigore risale soltanto al 2018. Questa azione è stata resa necessaria dopo che l’iniziale sentimento di ottimismo verso "un internet libero e aperto" ha portato alla diffusione sistematica di fake news, ad una maggiore polarizzazione politica (compresa la riemersione di correnti politiche populiste), ad una maggiore ingerenza nelle campagne elettorali, a numerose violazioni della privacy e al generale peggioramento della situazione sociale. In tal senso, la Cina ha saputo prevedere queste conseguenze ed ha regolamentato usi e applicazioni delle nuove tecnologie attraverso i big data e l’intelligenza artificiale. Per quanto intimidatorio possa sembrare, non è possibile negare che la loro efficacia è assoluta. Per arrivare ad una conclusione, si potrebbe dire che la tecnologia può e deve essere regolamentata. È necessario trovare un punto di contatto tra la completa libertà di utilizzare applicazioni tecnologiche all'avanguardia, che può portare ad effetti negativi sulla società, e il completo assoggettamento della tecnologia ad un unico ente, che può sfociare nella repressione delle libertà individuali. Diventa sempre più vero il mantra secondo cui la tecnologia è solo uno strumento, sta all’utilizzatore decidere se farne del bene o del male.

a cura di Andrea Radaelli 

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