Tassonomia europea verso la volata finale, ma le preoccupazioni non cessano

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  Tiziano Sini
  20 dicembre 2021
  3 minuti, 57 secondi

Gli ultimi mesi del 2021 si preannunciano molto complicati per le Istituzioni europee, soprattutto a causa delle numerose crisi che si stanno delineando all’orizzonte e che probabilmente caratterizzeranno anche il 2022.

In questa turbolenta situazione internazionale si aggiungono altrettante difficoltà interne, che stanno di fatto minando la solidità stessa dell’Unione, facendo mancare coerenza e unità di intenti di fronte alle circostanze avverse che si presentano.

Questa dinamica si è palesata nel tortuoso percorso che ha coinvolta la stesura e la promulgazione della cosiddetta Tassonomia europea - tassello imprescindibile nel processo dettato dalla transizione ecologica -, che trova la propria centralità nellEuropean Green Deal[1] e nel Next Generation Eu[2], in vista anche della stagione di investimenti che caratterizzerà i prossimi anni.

La rilevanza di questo strumento risiede nelle sue prerogative, in particolare adempie al ruolo di vera e propria bussola in grado di guidare gli investimenti e gli interventi sostenibili dei prossimi anni, attraverso la creazione di una classificazione univoca e riconosciuta[3]. Comprensibilmente, la strutturazione di un simile strumento presuppone una certa delicatezza, motivo per cui la sua genesi è risultata lunga e sormontata da dubbi e difficoltà nel processo di negoziazione.

Dal 12 luglio 2020, data di entrata in vigore del Regolamento della Tassonomia europea[4] (documento finalizzato a porre i pilastri per la costituzione di una proposta chiara e credibile in merito, soprattutto grazie al ruolo ricoperto dalla Commissione, incaricata di programmare ed organizzare in maniera armonica i lavori), l’iter ha subito rallentamenti repentini a causa di una crescente discrasia fra le posizioni dei vari Paesi.

In particolare, il primo stop si è verificato all’indomani della presentazione di un primo progetto di atto delegato, che conteneva le prime due serie di criteri. Questo è capitato prevalentemente a causa di una massiccia adesione alle consultazioni pubbliche che vi hanno fatto seguito, ritardando la pubblicazione di una proposta finale univoca che sarebbe dovuta arrivare i primi mesi del 2021. Non sorprende affatto il delinearsi di una tale situazione, specialmente se si considerano le differenti posizioni assunte dai vari Paesi su una decisione dall’impatto sostanziale notevole. Il tema del contendere, in particolare negli ultimi mesi, riguarda infatti la scelta o meno di inserire nella tassonomia europea il nucleare e il gas naturale. Nonostante le ultime dichiarazioni, i rappresentanti delle istituzioni europee (Dombrovskis)[5] e i rappresentanti nazionali (Cingolani)[6] sembrano far ormai propendere con una certa sicurezza verso la prima soluzione.

I negoziati hanno preso una svolta decisiva anche a causa di una serie di motivi congiunturali.

Da un lato, la Francia si era fatta promotrice di queste modifiche, vista anche la forte dipendenza dall’energia nucleare (in questo momento di crisi circa il 70% dell’energia proviene da fonti nucleari, grazie ai 56 reattori attualmente presenti nel suolo francese)[7]. Gli stessi esponenti francesi all’interno delle istituzioni europee - primo fra tutti Pascal Canfin, presidente della commissione ambiente all’Europarlamento - si sono fatti a loro volta promotori di una proposta conciliativa in merito: l'inserimento delle fonti all’interno del piano come “fonti di transizione”, quindi non vincolanti e soprattutto sottoposte ad alcune limitazioni[8].

Dall’altro lato, un ruolo altrettanto significativo è stato giocato dalla crisi energetica che sta attraversando l’Europa e che ha spinto l’Ue verso decisioni drastiche destinate a cambiare le strategie iniziali in favore dell'adozione di una politica più realista. La questione Nord Stream 2 è un esempio palese di come la stretta energetica posta dalla Russia stia mettendo a dura prova non solo il piano economico, ma anche la politica estera. Ne sono chiara rappresentazione i rapporti di Germania e Ue con l’Ucraina, grande sacrificata in questa vicenda, e con la Russia.

Ad ogni modo, dopo l’accelerazione delle ultime settimane, la questione sembra ormai indirizzata. Intorno alla vicenda si sta però sollevando progressivamente un notevole scalpore, nonché un crescente dissenso da parte di ampie fasce della società civile, che sembrano ripudiare le scelte intraprese più di recente.

Questo fa propendere per l’idea che il discorso non sia assolutamente chiuso e che difficilmente, entro i primi mesi del 2022, vedrà la luce una proposta definitiva coerente con gli obiettivi e soprattutto condivisa.

[1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52021DC0188&from=ES

[2] https://italy.representation.ec.europa.eu/notizie-ed-eventi/notizie/nextgenerationeu-la-commissione-europea-si-prepara-emettere-250-miliardi_it

[3] https://www.eticasgr.com/storie/approfondimenti/tassonomia-verde

[4] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32020R0852

[5] https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/energia/2021/12/07/dombrovskis-tassonomia-ue-includera-anche-gas-e-nucleare_92316af6-2e7f-48ca-84d9-8b676b0a07bd.html

[6] https://www.editorialedomani.it/fatti/il-nucleare-tra-le-fonti-green-favorevoli-e-contrari-jpe8qnn4

[7] https://www.ilpost.it/2021/10/13/francia-energia-nucleare-crisi-energetica/

[8] https://www.euractiv.com/section/energy-environment/interview/canfin-mep-here-is-my-proposal-to-find-the-right-compromise-on-gas-and-nuclear-in-the-taxonomy/

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