Supporto psicologico per i rifugiati in Europa

Aiutiamo chi fugge al proprio Paese a ricominciare a vivere

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  Chiara Giovannoni
  16 giugno 2022
  4 minuti, 12 secondi

La necessità di parlare, di capire, di confrontarsi per poter chiedere aiuto. La necessità di mettere fine agli incubi che accompagnano le notti lunghissime. Chi arriva in Europa prova, soprattutto nei primi giorni, un insieme di emozioni che vanno dalla frustrazione al sollievo, dalla paura alla felicità. Col passare del tempo avviene il passaggio ad emozioni più complesse, all’ansia, all’insonnia, alla depressione, tutte condizioni psicologiche che se non curate, possono diventare invalidanti ed andare ad aggravare una situazione già estremamente delicata. A noi occidentali, spesso, rimane difficile comprendere in pieno quali siano le condizioni in cui vivono queste persone, e soprattutto capire che, il fatto di essere al sicuro in un altro paese, non diminuisce la paura. Scappare significa lasciare indietro tutta una vita, cambiare radicalmente il proprio presente, e questo sarebbe da considerarsi traumatico per chiunque.

Uno studio condotto nel 2020, e validato da Paul Spiegel della Johns Hopkins University Bloomberg School of Public Health, sulle popolazioni di rifugiati a livello globale ha evidenziato come lo stress post traumatico e la depressione tra i rifugiati e richiedenti asilo siano più alti rispetto al resto della popolazione. Che si parli di Afghanistan, Syria, Ucraina, l’impatto psicologico che le situazioni vissute hanno avuto nelle vite delle vittime è devastante. I rifugiati e i migranti che arrivano in Europa sono spesso vittime delle conseguenze peggiori della guerra, di persecuzioni e altri tipi di sofferenze nei loro paesi di origine. Molti vivono esperienze disumane nel tentativo di scappare e, oltre a ciò, una volta in salvo, devono affrontare mancanza di informazione, ostilità e processi di detenzione. La salute mentale e il benessere psicosociale degli individui e delle comunità può essere minato da diversi fattori, tra cui la natura degli eventi che li hanno portati a lasciare la propria casa, le condizioni del viaggio che hanno affrontato, così come la discriminazione e la mancanza di accesso a servizi di base come la salute, l’educazione e il cibo. Oltre a ciò, una volta in salvo, ai rifugiati viene richiesto di adattarsi rapidamente a nuove culture, a dinamiche sociali, lingue e valori del tutto diversi, spesso senza la minima considerazione del loro vissuto. È importante fornire supporti psicologici e servizi dignitosi, che rispettino l’autonomia e la privacy dell’individuo. Quando possibile, è essenziale che il supporto permetta alle persone di mantenere un senso di personal control, e questo include un costante bisogno di confronto con i rifugiati e i migranti in modo da identificarne le necessità. Tutti, incluse persone con bisogni specifici, bambini o minoranze hanno diritto ad essere trattati senza alcun tipo di discriminazione. Un buon supporto psicologico in questi casi prevede anche un’organizzazione che preveda la presenza di interpreti e uno staff con competenze culturali rilevanti, in modo da permettere all’individuo di rifugiarsi in un ambiente in cui si possa sentire accolto.

L’aiuto psicologico fa parte dell’integrazione sociale, un processo multidimensionale attraverso cui gli individui partecipano ad attività importanti per la costruzione di un senso di appartenenza. L’inserimento dei rifugiati in paesi ospitanti richiede un atteggiamento positivo da parte della comunità accogliente e delle autorità locali. Il loro inserimento nelle nostre società è parte di un percorso di riabilitazione molto ampio.Il mancato accesso a percorsi di supporto psicologico può portare inoltre alla compromissione del riconoscimento di protezione internazionale. Questo avviene in quanto, molto spesso, alle vittime di torture viene negata la domanda di protezione a causa di possibile infondatezza nelle dichiarazioni. Non viene quindi contemplata l’opzione di una possibile “memoria traumatica”, una condizione che porta l’individuo, vittima di abusi e violenze, a rimuovere ricordi, creare contraddizioni nei racconti e a perdere quindi di credibilità. Senza supporto specialistico generale, i servizi di salute mentale finiscono per trattare esclusivamente le persone con manifestazioni patologiche, tralasciandone tante altre e permettendo la cronicizzazione di situazioni traumatiche.

Le settimane iniziali di un percorso di accoglienza e ricollocamento dei rifugiati sono cruciali in quanto rappresentano il momento in cui le aspettative e i piani incontrano la realtà. Nonostante il desiderio sia sempre quello di riuscire ad integrarsi il più velocemente possibile, il processo di adattamento e integrazione può richiedere più tempo di quello sperato ma se l’aiuto concesso è di un certo tipo, questo può aiutare ad accrescere e trasformare le aspirazioni di vita grazie alle nuove opportunità concesse dal paese ospitante. Capire le fasi che ogni migrante vive e le possibili risposte a livello emotivo è importante affinché il supporto sia costruito su approcci e attività adatte a bisogni specifici. L’aiuto psicologico in casi come questo, quindi, non significa solo adempiere ad obblighi morali ma anche creare condizioni a lungo termine di integrazione ed inclusione.

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Fonti consultate per il presente articolo

https://www.hrw.org/news/2022/04/20/refugees-europe-need-mental-health-support

https://www.hrw.org/news/2022/03/24/france-afghan-evacuees-need-mental-health-support

https://ec.europa.eu/migrant-integration/library-document/mental-health-and-psychological-support-resettled-refugees_en

https://pscentre.org/?resource=mental-health-and-psychosocial-support-for-refugees-asylum-seekers-and-migrants-on-the-move-in-europe&selected=single-resource

https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1003337#sec015

https://www.meltingpot.org/2022/01/salute-mentale-e-migrazioni-lurgente-necessita-di-servizi-di-supporto/

Immagine: https://www.shutterstock.com/it/image-photo/hand-female-volunteer-uniform-covering-that-2154115469?showDrawerOnLoad=true

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L'Autore

Chiara Giovannoni

Chiara Giovannoni, classe 2000, è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Strategie Culturali per la Cooperazione e lo sviluppo presso l’Università Roma3.

Interessata alle relazioni internazionali, in particolare alla dimensione dei diritti umani e alla cooperazione.

E’ volontaria presso un’organizzazione no profit che si occupa dei diritti dei minori in varie aree del mondo.

In Mondo Internazionale ricopre la carica di autrice per l’area tematica Diritti Umani.

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