Il
clima sta cambiando, è ormai innegabile, e stiamo assistendo ad
ondate di caldo e di freddo, eventi estremi, piogge che in un attimo
si scatenano e provocano inondazioni e alluvioni, piante che
fioriscono fuori stagione e molto altro.
Ma
cosa succede quando il clima rende la vita insopportabile, tanto
insopportabile da non riuscire più a vivere? L’unica soluzione è
cercare fortuna altrove, sperare in un clima accettabile e di trovare
un buon lavoro che permetta una vita dignitosa. Tante sono le persone
costrette a lasciare casa, ricordi e affetti per sfuggire alle
intemperanze del clima e se non facciamo niente per fermare le
emissioni di gas a effetto serra in futuro potrebbero essere
moltissime.
Nel 2020, dicono gli esperti, il numero degli sfollati provocati dai cambiamenti climatici ha fatto segnare un nuovo record, in linea con il costante aumento che è stato registrato nell’ultimo decennio. Le dinamiche che costringono le persone ad abbandonare le proprie case sono principalmente legate all’estremizzazione dei fenomeni provocata dai cambiamenti climatici, come tempeste, alluvioni e ondate di caldo sempre più intense e frequenti.
I
dati sono stati pubblicati
dall’Internal
Displacement Monitoring Centre norvegese,
secondo cui nel 2020, anno
più caldo mai registrato per il pianeta,
sono state sfollate 5 milioni di persone in più rispetto al 2019. La
desertificazione che avanza e rende impossibile coltivare o allevare
gli animali e l’erosione del territorio porta gli abitanti a
scappare, a cercare migliori condizioni di vita.
E questo avrà ripercussioni anche sulla possibilità di trovare cibo. Secondo gli ultimi studi le due cose sono infatti strettamente correlate. “La distruzione degli ambienti naturali annulla la distanza tra la fauna selvatica e l’uomo con gravi rischi di aumento delle malattie zoonotiche. La perdita di terreni sani porta inoltre all’intensificarsi dei cambiamenti climatici poiché la terra sana è il più grande mezzo di assorbimento del carbonio al mondo. Senza un cambio di rotta la situazione non farà che peggiorare. Entro il 2050, le rese delle colture globali dovrebbero diminuire del 10 per cento e in alcuni casi la riduzione potrebbe raggiungere il 50 per cento. Ciò porterà, si stima, a un forte aumento di circa il 30 per cento dei prezzi mondiali dei prodotti alimentari.
E poiché più della metà del PIL mondiale dipende dalle risorse della terra, milioni di agricoltori rischiano di cadere nella povertà se si perdono i terreni arabili con gravi conseguenze in materia di migrazione.
E
a queste persone bisognerà dare una risposta: bisognerà dare un
riparo, i mezzi per avere una vita dignitosa. Gli sfollati
climatici spesso non hanno colpe per la loro condizione, stanno solo
subendo quello che non possono controllare perché è molto più
grande di loro.
Quando
il clima è insopportabile non resta altro da fare se non scappare,
ma cercare fortuna altrove non è facile. Spesso queste persone non
vengono accettate e non riusciamo a capire che, la causa del cambiamento
climatico che ha costretto loro ad abbandonare tutto, siamo noi stessi. A
forza di non curarci delle conseguenze delle nostre azioni sul clima,
a forza di non pensare che ogni singolo rifiuto lasciato in strada,
ogni singola volta che sprechiamo cibo, ogni volta che sprechiamo
acqua preziosa per noi facciamo male al mondo in cui viviamo,
danneggiamo noi stessi e le generazioni future.
È
il deterioramento
ambientale a causare le migrazioni. Se
non ci fosse la deforestazione, se non ci fossero eventi estremi, se
non ci fossero ondate devastanti di caldo e di freddo, se non ci
fossero incendi ed inondazioni non
ci sarebbero persone che hanno il bisogno e la necessità di lasciare
la loro casa per
un futuro incerto e pieno di insidie. Un futuro in cui pace e
stabilità sembrano chimere impossibili da raggiungere.
In
Mongolia
ondate
di freddo mai così devastanti
e rigide hanno costretto migliaia di persone ad affollare la capitale
Ulan Bator, a stabilirsi in squallide baraccopoli alla
periferia della città. E
lì per i giovani che si occupavano di agricoltura e allevamento non
c’è futuro.
In
Bangladesh sono state le tremende alluvioni che si sono susseguite
negli ultimi anni a creare migliaia di sfollati che cercano rifugio
nella capitale. Sono costretti a vivere in alloggi di fortuna, senza
dignità e senza accesso ai beni di prima necessità, sono quella
forza lavoro che per pochi soldi confeziona abiti e accessori che
sono venduti nei negozi di tutto il mondo a prezzi altissimi.
In
Kenya la siccità degli ultimi anni ha lasciato molte persone nella
miseria e l’unico modo per cercare di salvarsi è stato emigrare,
cercare più fortuna e condizioni di vita migliori altrove,
imbarcarsi in uno di quei viaggi della speranza che molto spesso
finiscono in tragedia.
Senza
contare che in tutti i casi è molto difficile ottenere il
riconoscimento internazionale come rifugiati, non ci sono norme per
gli sfollati climatici in senso stretto perché quando sono stati
scritti i codici per normare la vita di sfollati e rifugiati il clima non era ancora un pericolo così grande.
In
conclusione sarebbe opportuno rivedere le norme e creare delle zone
sicure per ospitare gli sfollati climatici, se non cambiamo il nostro
modo di di vivere e di vedere il pianeta saranno sempre di più in
futuro.
Valeria Fraquelli
Sono una ragazza di trenta anni con Laurea triennale in Studi Internazionali e Laurea magistrale in Scienze del governo e dell'amministrazione.
Ho fatto anche vari corsi post Laurea perchè non si finisce mai di imparare e io personalmente credo che rimanere sempre informati sia un dovere e un diritto per capire meglio come funziona il mondo che ci circonda.
Adoro l'arte e la cultura e mi piace molto girare per mostre e musei. Mi piace anche viaggiare, il mondo è grande e tutto da scoprire con altre culture e altre tradizioni interessanti ed affascinanti.