Rifiuti italiani in Tunisia: le disuguaglianze sono anche ambientali

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  Redazione
  10 febbraio 2021
  6 minuti, 25 secondi

Il 21 dicembre scorso, l’ex ministro dell’ambiente tunisino Mustapha Aroui è stato arrestato, insieme ad altri funzionari pubblici, per uno scandalo legato all’importazione di rifiuti illegali provenienti dall’Italia da parte di una società tunisina, la Soreplast. Quest’ultima aveva stipulato un contratto con l’azienda italiana Sviluppo Risorse Ambientali Srl, con sede nella provincia di Salerno, per l’acquisto di circa 120 mila tonnellate di rifiuti all’anno, al prezzo di 48 euro a tonnellata. L’azienda tunisina aveva dichiarato di importare rifiuti in plastica destinati al riciclo.

Tuttavia, un reportage trasmesso dall’emittente televisiva El-Hiwar Ettounsi il 2 novembre ha reso noto che i 282 container, sequestrati nel porto di Sousse, contengono rifiuti tossici non riciclabili [1]. Secondo un’inchiesta di France2, il carico comprende dispositivi sanitari provenienti dai reparti Covid degli ospedali italiani, come mascherine e tute protettive utilizzate dal personale sanitario [2]. La questione è tutt’altro che chiusa, e continua ad essere oggetto di dibattito nell’opinione pubblica tunisina, mentre in Italia è passata quasi completamente inosservata.

Gli obblighi internazionali in materia di commercio dei rifiuti

Come molti paesi industrializzati, l’Italia esporta un’ingente quantità di rifiuti ogni anno, sia all’interno dell’Unione europea che fuori. Ma il commercio di rifiuti ha spesso un impatto disastroso, in termini ambientali e sanitari, per i paesi importatori non dotati di strutture adeguate: pertanto viene regolamentato da norme nazionali e internazionali, istituite per tutelare le popolazioni locali dagli effetti nocivi dovuti alla presenza e allo smaltimento di determinati materiali.

Dal 2017 la Cina, che costituiva una delle principali destinazioni dei rifiuti italiani, ha bandito le importazioni di rifiuti solidi di vario genere, con conseguenze notevoli sulla gestione dei materiali in questione derivati dagli scarti prodotti nel nostro paese. Il provvedimento cinese ha comportato un aumento dell’export di rifiuti verso altri paesi – asiatici, africani e dell’Europa orientale [3].

Tuttavia, in molti casi le esportazioni di rifiuti extra-Ue sollevano dubbi sulla loro conformità alle leggi internazionali. Il regolamento europeo 1013/2006 impone infatti ai paesi membri di esportare rifiuti soltanto verso Stati in cui il loro trattamento prevede tutele per l’ambiente e la salute dei cittadini analoghe a quelle richieste nell’Unione. Ma ciò non sempre avviene: dichiarazioni false sulla natura dei rifiuti e carenza di controlli sono alla base di veri e propri traffici illeciti di rifiuti.

La normativa europea mira a rafforzare i vincoli internazionali già stabiliti nel 1989 dalla Convenzione di Basilea (ratificata sia dall’Italia che dalla Tunisia), che impone ai paesi firmatari le cui aziende intendono esportare rifiuti di comunicare le informazioni relative alla loro natura e al loro percorso, e di consentirne il trasferimento soltanto se lo spostamento e lo smaltimento non comportano un pericolo per la salute e l’ambiente. Nel caso in cui i rifiuti esportati non rispecchino i requisiti legali, il paese di provenienza è obbligato a reimportarli.

Oltre ad aderire alla Convenzione di Basilea, diversi Stati africani hanno deciso di tutelarsi ulteriormente dalla pratica dei paesi occidentali di esportare materiale non riciclabile e tossico verso i paesi in via di sviluppo, istituendo la Convenzione di Bamako. In questo secondo documento, firmato nel 1991, viene stabilito il divieto di importazione di rifiuti pericolosi. La Convenzione è stata aggiornata con la prima Conference of Parties (COP-1) nel 2013, e con COP-2 nel 2018 [4].

Il caso tunisino

Nonostante gli obblighi internazionali esistenti, la gestione del commercio di rifiuti non è sempre trasparente. Come anticipato, le norme in materia vengono aggirate da diverse aziende italiane (ed europee in generale) per esportare rifiuti non conformi alle disposizioni internazionali, approfittando delle leggi meno rigorose in alcuni paesi, oltre che dei costi minori per lo smaltimento.

Il recente caso tunisino è un chiaro esempio di traffico illecito di rifiuti: il contenuto dei container sequestrati a Sousse non corrisponde a ciò che le due parti avevano dichiarato, né erano indicate chiaramente - nell’accordo tra le aziende - le modalità di smaltimento. Quando sono emersi pubblicamente i dettagli della vicenda, all’inizio di novembre, il ministero dell’ambiente aveva dichiarato di non aver concesso alcuna autorizzazione alla società importatrice [5]. Ma le indagini hanno poi svelato un giro di corruzione che coinvolge anche personaggi pubblici, tra cui il ministro stesso. Dimesso dal Primo Ministro Mechichi il 20 dicembre, Aroui è stato arrestato il giorno dopo, insieme ad altre 22 persone.

L’ondata di arresti non ha però rappresentato la fine della vicenda. Pochi giorni dopo, una grande quantità di rifiuti abbandonati di origine sconosciuta è stata rinvenuta nei pressi di Qairawan: è molto probabile il legame con il carico di rifiuti provenienti dall’Italia. Come denunciato da Majdi Karbai, deputato della Corrente Democratica (al-tayar al-dimuqrati) che ha vissuto per anni in Italia e si mobilitato molto sul caso, parte del carico risulta dispersa e potrebbe essere già stata trasferita dal porto di Sousse ad altre località del paese in modo illegale [6].

Il 20 gennaio, inoltre, sono scaduti i termini previsti dalla Convenzione di Basilea per il rimpatrio dei rifiuti illegali al paese di provenienza. In un comunicato pubblicato il giorno successivo, il Forum Tunisino per i Diritti Economici e Sociali (FTDES), nota organizzazione della società civile, ha affermato che la mancanza di volontà da parte delle istituzioni di negoziare una soluzione al problema viola la dignità dei cittadini [7]. Secondo il FTDES, la Tunisia potrebbe ricorrere all’arbitrato internazionale della Corte di Giustizia, come previsto dalla Convenzione di Basilea, ma l’attitudine poco collaborativa finora dimostrata dalle autorità italiane e gli oneri finanziari per sostenere i costi dell’arbitrato - in un momento in cui la Tunisia attraversa una forte crisi economica - non lasciano ben sperare sulla percorribilità di questa strada.

Nel frattempo alcuni eurodeputati italiani hanno presentato un’interrogazione al Parlamento europeo per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui fatti, incitando la regione Campania ad assumersi la responsabilità della mancata supervisione sul carico in questione [8]. Ma in tutti questi mesi, e ancora adesso, la nostra opinione pubblica è rimasta quasi totalmente indifferente alla vicenda.

Senza dubbio, tra l’emergenza sanitaria e la recente crisi di governo, le notizie internazionali sono passate in secondo piano. Eppure, il fatto che un evento di questa portata abbia incontrato il silenzio delle maggiori formazioni politiche e dei principali organi di informazione nazionali indica anche altro: lo sfruttamento di territori e popolazioni dei paesi meno sviluppati, con il beneplacito delle classi dirigenti locali, sembra ancora costituire - purtroppo - il normale decorso dei rapporti Nord-Sud del mondo. Una normalità che non fa notizia.

Fonti consultate per il presente articolo:

[1] Un affare sospetto: 120mila tonnellate all’anno di rifiuti italiani entrano in Tunisia + video (trad.), 02/11/20, https://www.elhiwarettounsi.com/ar/article/5899/

[2] Maher Chaabane, Covid-19 : France 2 confirme l’envoi de déchets médicaux italiens vers la Tunisie, 23/01/21, https://www.webdo.tn/2021/01/23/france-2-confirme-lenvoi-de-dechets-medicaux-italiens-vers-la-tunisie/#.YBMGeBbSJPY

[3] Elisa Murgese, Altro che riciclo, ecco dove vanno a finire i nostri rifiuti di plastica, 23/04/19, https://www.greenpeace.org/italy/storia/5241/altro-che-riciclo-ecco-dove-vanno-a-finire-i-nostri-rifiuti-di-plastica/

[4] Bamako Convention: Preventing Africa from becoming a dumping ground for toxic wastes, 30/01/18, https://www.unep.org/news-and-stories/press-release/bamako-convention-preventing-africa-becoming-dumping-ground-toxic

[5] Pour faire fortune, une société tunisienne importe les déchets d’Italie !, 04/11/20, https://www.webdo.tn/2020/11/04/pour-faire-fortune-une-societe-tunisienne-importe-les-dechets-de-litalie/#.YBgrs3nSJPa

[6] Sousse, caso dei rifiuti italiani: le verità scomode sulla negligenza delle autorità tunisine (trad.), 27/01/21, http://www.alchourouk.com/node/148982

[7] Scaduti i termini legali per il rimpatrio dei rifiuti italiani: uno Stato che offende la dignità dei propri cittadini e si prende gioco dei loro diritti (trad.), 21/01/21, https://ftdes.net/ar/

[8] Deputati italiani sottopongono il dossier dei rifiuti al Parlamento europeo, e ritengono responsabile la regione Campania (trad.), 01/02/21, https://www.babnet.net/cadredetail-219700.asp


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a cura di Laura Morreale 

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