Resilienza climatica: le città

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  Redazione
  05 marzo 2021
  3 minuti, 17 secondi

Il cambiamento climatico è ormai una realtà: non è solo un rischio relativo ad un futuro imprecisato e incerto, ma ne vediamo l’evidenza in ogni evento atmosferico inaspettato e violento, nel cambiamento dei microclimi, nella perdita di biodiversità.

Le azioni intraprese da governi e istituzioni a partire dalla Conferenza di Rio del 1992 sono state principalmente tese a diminuire le emissioni di gas serra nell’atmosfera: sono azioni cosiddette di "mitigazione", che mirano a limitare l’impatto delle attività umane sull’ambiente e i conseguenti sul clima.

Ma vi è un’altra categoria di azioni, che si muove parallelamente alla mitigazione: le azioni di adattamento. Questo tipo di attività prende atto del fatto che i cambiamenti climatici sono già in corso e sono destinati ad aumentare in futuro, e intendono rendere le comunità capaci di resistere agli eventi estremi che colpiscono e colpiranno il pianeta.

Sempre più enti pubblici, e in particolare governi locali, stanno elaborando piani per rendere i propri territori resilienti agli eventi climatici estremi e adatti alla “nuova normalità”.

Molto diverse le misure previste per le varie zone: da una parte le città e i conglomerati urbani, dall’altra le aree interne, rurali e montane.

Parlare di resilienza climatica nelle aree urbane, densamente popolate ed estremamente antropizzate, è una sfida. Significa cambiare radicalmente l’economia e l’urbanistica della città, oltre che le quotidiane abitudini delle persone che la abitano.

I cambiamenti climatici possono avere diversi impatti sugli insediamenti urbani. Con intensità e frequenza variabili a seconda delle situazioni locali, essi possono riguardare l'incremento del rischio di inondazioni, instabilità del suolo, aumento di incendi, presenza del fenomeno delle cosiddette isole di calore (Urban Heat Island – UHI, che inducono temperature più elevate nelle parti centrali delle città), carenza di risorse idriche. Questi fenomeni hanno conseguenze sulla salute dei cittadini, sul funzionamento delle infrastrutture (in particolar modo elettriche), sulla presenza di aree verdi, sulla qualità della vita specialmente delle fasce più svantaggiate della popolazione.

Nella aree urbane si aggiunge l’ulteriore peculiarità della fitta rete di stakeholder, associazioni, realtà economiche che si occupano di determinare l’assetto urbanistico e sociale della città, e che vanno ad aggiungersi agli enti istituzionali nel determinare quella che viene definita multilevel governance, ovvero la stratificazione di competenze e responsabilità che va a comporre alcuni settori. È su questo modello che si basano sia la Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici del 2013 (che è stata recentemente revisionata: la Commissione ne ha adottato la nuova versione il 24 febbraio 2021) sia la conseguente Strategia italiana pubblicata nel 2014.

La Strategia proposta dal Ministero dell’ambiente propone per le città sia azioni non strutturali (incentivare la ricerca scientifica, incrementare la consapevolezza dei cittadini, promuovere l’adozione di Piani di adattamento urbani) che strutturali. Queste ultime prevedono azioni cosiddette “verdi” (anche definite nature-based solutions) e azioni “grigie” di tipo infrastrutturale e tecnologico.

Le nature-based solutions proposte dalla Strategia riguardano in particolare l’aumento del verde pubblico e l’incentivazione dei tetti verdi, la diffusione degli orti urbani sia come contributo alla riqualificazione di aree verdi che come strategia di autonomia alimentare, e la creazione di spazi pubblici sperimentali in quartieri vulnerabili per mostrare possibili soluzioni di adattamento innovative.

Non sono però meno importanti le azioni cosiddette “grigie”: esse si concentrano soprattutto sulla manutenzione e messa in sicurezza delle zone a rischio idrogeologico, degli impianti idraulici, sull’aumento di piste ciclabili e pedonali per diminuire il numero di veicoli sulle strade. Viene altresì specificato che è da preferire la manutenzione e rinnovamento di opere pubbliche già esistenti, laddove la costruzione di nuove infrastrutture è da considerare con estrema attenzione.

Torino, Milano, Bologna sono solo alcune delle città italiane che hanno adottato dei Piani di adattamento climatico, strumento che specialmente per le aree metropolitane si sta rivelando fondamentale per progettare le città del futuro.

a cura di Lidia Tamellini

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