Resilienza climatica: le aree interne

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  Redazione
  10 marzo 2021
  2 minuti, 48 secondi

Le azioni di adattamento sono attività che combattono l’attualità dei cambiamenti climatici attraverso il mutamento di comunità, stili di vita, economia ed infrastrutture per renderli capaci di resistere alla “nuova normalità” degli eventi climatici estremi.

Si parla così di resilienza climatica: la capacità di adattarsi a cambiamenti esterni, in questo caso legati al climate change.

Se nel precedente articolo sulla resilienza climatica ci si è concentrati sulle città, è fondamentale anche parlare di aree interne: siano esse aree rurali, montane, centri minori, sono caratterizzate dall'ubicazione distante dai centri di servizi (legati ad istruzione, salute, mobilità) e dalla presenza massiccia di risorse ambientali.

Parlare prima di tutto di aree agricole è essenziale. L’agricoltura italiana, come in tutti i Paesi dell’area mediterranea, è particolarmente esposta agli effetti del climate change. Periodi di siccità ed eventi atmosferici violenti, allagamenti, e il cambiamento della temperatura media sono le principali sfide da affrontare per un settore indispensabile alla sopravvivenza di tutti.

La Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti climatici individua nell’eccesso di specializzazione produttiva (e nella tendenza di alcune aree ad essere diventate una monocoltura) uno dei comportamenti più a rischio: la diversificazione delle colture, sia essa di una singola impresa o di un distretto produttivo, è sempre più considerata una delle ipotesi più affascinanti da seguire. Questo perché rende un territorio più resiliente agli eventi atmosferici, più capace di gestire le risorse idriche in modo efficace e, al contempo, garantisce a chi lavora nel comparto agricolo più certezze a livello economico (per quanto si perda il vantaggio dell’economia di scala dato dalle monoculture). Certamente questo “cambio di mentalità” deve andare di pari passo con modifiche infrastrutturali: modernizzazione dei sistemi di irrigazione, scelte consapevoli in termini di lavorazione del suolo, selezione delle colture con un'occhio di riguardo alle nuove condizioni climatiche.

Nelle aree alpine ed appenniniche si concentra uno dei fenomeni più visibili e fotografati legati al riscaldamento globale: il ritiro ormai inesorabile dei ghiacciai. Non è però l'unico evento degno di nota. Nelle aree montane è stata registrata negli ultimi decenni una diminuzione dei giorni di pioggia con un conseguente aumento degli eventi piovosi intensi (soprattutto invernali). Questo porterà, nel lungo periodo, ad un cambiamento notevole del rischio idrogeologico montano. Ciò costringe a ripensare il modo in cui le comunità vivono la montagna: chi ci vive, chi la frequenta da turista e chi è solo di passaggio. D'estate andrà aumentando il rischio di incendi boschivi, legato ad un aumento graduale delle temperature e ad un suolo sempre più secco nella stagione calda.

Prendersi cura dei corsi d'acqua, insistere sulla mobilità sostenibile anche dove il trasporto pubblico non arriva e sulla riduzione della dipendenza economica delle aree montane dagli sport invernali (e specialmente sciistici) sono solo alcune delle misure proposte dalle linee guida per le azioni di adattamento nell'arco alpino proposte nel 2016 dal Ministero dell'Ambiente.

Nonostante sia complesso prevedere in che direzione ci porterà il nuovo assetto climatico, dobbiamo essere pronti non solo a mitigarne gli effetti ma coglierne tutte le eventuali opportunità, adattando le comunità e l'economia per permetterne la sostenibilità a lungo termine.

Fonti utilizzate per il presente articolo:

- https://www.minambiente.it/sit...

- https://www.minambiente.it/sit...

https://unsplash.com/it/foto/I...
a cura di Lidia Tamellini

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Clima