Prodotti plastic free: perché è importante trovare una soluzione alla plastica monouso

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  Redazione
  28 maggio 2021
  6 minuti, 1 secondo

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Uno dei materiali che oggi riteniamo indispensabile nella nostra quotidianità ha in realtà una storia molto recente e, in poco tempo, è riuscito a diventare centrale nel dibattito sul cambiamento climatico e la sostenibilità ambientale. Di cosa stiamo parlando? Ovviamente della plastica. Al termine della seconda guerra mondiale è stata proprio la plastica infatti, ad aver giocato un ruolo fondamentale nell’economia degli Stati Uniti e di diversi paesi europei, rendendo accessibili prodotti non destinati ai mercati di massa e facilitando il boom economico e lo stile di vita moderno. Dalla seconda metà del 1900 la produzione dei polimeri è aumentata esponenzialmente, basti pensare che metà di tutta la plastica prodotta dall’uomo fino ad oggi è stata realizzata solo negli ultimi 15 anni.

L’invenzione della plastica come materiale flessibile, malleabile e resistente è stato dunque importante per lo sviluppo della nostra società, non solo da un punto di vista meramente consumistico, ma anche medico, offrendo la possibilità alle strutture sanitarie di tutto il mondo di evitare infezioni e la trasmissione di germi e batteri attraverso guanti, siringhe, dispositivi… Immaginate come avremmo potuto affrontare l’attuale pandemia senza mascherine, guanti ed involucri usa e getta.

Perché allora oggi parliamo di plastica come minaccia per l’ambiente? Il materiale in sé ha portato diversi benefici, ma il problema nasce dalla combinazione di due elementi: la plastica monouso inserita all’interno di un sistema produttivo lineare, cosiddetto “take - make - waste”, non ponendosi il problema dello smaltimento degli scarti, e la tecnicità della plastica, che la rende un materiale resistente e durevole nel tempo. La plastica monouso, che si aggira intorno al 40% di tutta la produzione di plastica, ci ha abituati alla cultura dell’usa e getta. Molti di questi prodotti, soprattutto il packaging, hanno un ciclo di vita di appena dodici minuti, poi diventano rifiuti. Cattive abitudini e sistemi di gestione della spazzatura non efficienti, e addirittura assenti in alcuni Paesi, fanno sì che 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano negli oceani ogni anno, provocando danni enormi all’ecosistema marino e alle zone costiere.

Nel 2016, il regista e giornalista Craig Leeson ha raccontato le ripercussioni ambientali della plastica negli oceani nel famoso documentario “A Plastic Ocean”, intervistando scienziati e ricercatori attivi nello studio di questo fenomeno, con l’obiettivo di portare sul grande schermo le conseguenze di uno stile di vita “usa e getta”. Molte delle azioni che compiamo nella nostra routine quotidiana, come utilizzare prodotti in flacone per la pulizia della casa, bere da una bottiglietta in plastica, oppure prendere un caffè alle macchinette sono parte del problema, ma le conseguenze si manifestano nel lungo periodo, lontano dalle nostre case, rendendoci meno empatici verso il problema stesso. Ed ecco che i rifiuti che abbiamo gettato posso diventare uno dei 276 pezzi di plastica ritrovati all’interno dello stomaco di un cucciolo di uccello marino, l’equivalente di 12 pizze per un umano medio, oppure a causa di esposizione ad agenti climatici possono trasformarsi in microplastiche (pezzi inferiori ai 5 mm) e disperdersi nell’ambiente, intaccando diversi ecosistemi.

Cosa possiamo fare noi per migliorare la situazione?

Per ogni problema esistono sempre molteplici soluzioni. Dando per scontato che un’azione politica e l’assunzione di responsabilità da parte delle aziende è essenziale per sviluppare un sistema economico più rispettoso dell’ambiente, anche noi, come consumatori possiamo svolgere un ruolo fondamentale: sono infatti le nostre scelte di consumo che orientano i mercati e gli sviluppi dei prodotti, che premiano con vantaggi competitivi aziende attente all’ambiente e che conferiscono valore a prese di posizione orientate ad affrontare questa situazione. Inoltre il nostro impatto sul pianeta non è nullo, quindi una maggiore attenzione collettiva può diminuire la plastica in circolazione. Da dove possiamo incominciare? Innanzitutto nel cercare di applicare una regola molto conosciuta nel mondo della sostenibilità, ovvero la regola delle 3-R: riduci, riutilizza e ricicla. Possiamo fare scelte più consapevoli, evitare acquisti superflui e utilizzare la creatività per ridare vita ai beni. Per dimostrarvi che tutto questo è possibile, ne abbiamo parlato con Fabiana Cakilli, founder dello shop online Serendipity, che ha l’obiettivo di portare in Italia la cultura del plastic free. Nel suo negozio online si possono trovare prodotti per la casa, come spugne biodegradabili e detersivi solidi, oppure prodotti per la cura della persona, come shampoo solidi, dentifrici in capsule, spazzolini in bambù e molto altro. Fabiana ci racconta come ci siano ancora delle diffidenze verso questi prodotti, dovuti probabilmente alle prime esperienze di quando sono entrati nel mercato, ma ci spiega anche che la tecnologia e l’innovazione degli ultimi anni ha permesso di superare le prime difficoltà, creando prodotti con gli stessi vantaggi dei beni a cui siamo abituati, ma con l’aggiunta di essere biologici e sostenibili. Un altro punto ritenuto critico riguarda il prezzo, ma anche in questo caso l’elenco dei vantaggi rende il prodotto più competitivo se consideriamo il costo di medio periodo: i prodotti plastic free come lo shampoo solido infatti, hanno una durata maggiore rispetto a quelli liquidi, perchè per loro natura tendono a ridurre lo spreco nell’utilizzo; in più, dopo il primo acquisto molti articoli prevedono solamente l’acquisto delle ricariche, come le lame intercambiabili dei rasoi. Altro aspetto da non sottovalutare, i prodotti plastic free sono utilizzabili in ogni situazione, come ad esempio i viaggi (dite pure addio all’ansia dei controlli in aeroporto).

Quando si trattano beni definiti come sostenibili, Fabiana ci spiega che trasparenza e garanzia sono fondamentali, per questo motivo ha deciso di rifornirsi e sostenere piccole realtà con cui può assicurarsi della veridicità delle affermazioni. Il consiglio che dà è di domandare sempre ai brand e per questo ha ideato sui propri canali social dei momenti in cui è possibile rivolgere domande alle aziende con cui collabora. Ci colpisce molto anche il suo punto di vista sul “made in Europe”, in contrapposizione con chi vuole vedere solo nei confini nazionali l’eccellenza: ci spiega che la sostenibilità richiede cooperazione e sostegno non in base alla nazionalità, ma all’impegno e ai risultati positivi che una realtà può portare.

Il consiglio finale, che vuole rivolgere ai lettori, è di non cercare di modificare il proprio stile di vita radicalmente fin da subito, ma di iniziare a piccoli passi, scegliendo solo alcuni prodotti. Una volta iniziato è impossibile tornare indietro, perchè ci si accorge di quanto semplice ed appagante in realtà possa essere una vita senza plastica.

Fonti consultate

National Geographic, “Tutto quello che c’è da sapere sull’inquinamento da plastica”, 31/01/2020

https://www.nationalgeographic.it/ambiente/2020/01/tutto-quello-che-ce-da-sapere-sullinquinamento-da-plastica

National Geographic, “È possibile ridurre la plastica nella cosmetica?”, 05/11/2020

https://www.nationalgeographic.it/ambiente/2020/06/e-possibile-ridurre-la-plastica-nella-cosmetica/amp

A Plastic Ocean, “Education and Discussion Guide”

https://plasticoceans.org/wp-content/uploads/2018/11/PO_Educational_Sup_v16_NOV2018.pdf

Fabiana Cakilli, “Si comincia da qua”, 17/10/2019

https://unsplash.com/it/foto/I...

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