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Pride Month: quando la moda diventa inclusione

Una rivoluzione per abbattere le barriere

Accettarsi e celebrare la diversità. Questo è ciò che sta alla base del Pride, che simboleggia un periodo di gioia, divertimento e lotta per la comunità LGBTQ+. Tutto ciò specialmente nel mese di giugno, per ricordare i moti di Stonewall, uno dei primi e più famosi bar gay di New York, che vide la genesi, tra la notte del 27 e il 28 giugno del 1969, di un movimento di resistenza nato in seguito all’irruzione della polizia. Da allora, ogni anno, gli eventi organizzati in questo periodo sono migliaia e, negli ultimi anni, molte iniziative vengono messe in atto dai più grandi brand di moda.

L’orgoglio arcobaleno trova da sempre espressione attraverso lo stile e per questo motivo, l’industria della moda ha scelto, da anni, di rendere omaggio alla comunità LGBTQ+ di cui hanno fatto parte tanti dei più grandi stilisti della storia della moda, a partire da Christian Dior, passando per Yves Saint Laurent e Gianni Versace. La storia della moda queer ha fatto i suoi primi passi negli anni Venti del ‘900, quando le donne iniziarono a inserire nel loro abbigliamento elementi tipici dell’abbigliamento maschile, sviluppando e portando avanti una nuova visione dell’estetica, anticipando quello che noi oggi chiamiamo genderless. Da quel momento in poi, grandi della moda come Jean Paul Gaultier che ha più volte infranto stereotipi etnici, culturali e sessuali mettendo in scena collezioni che volevano ribaltare l’approccio classico alle mascolinità con capi indistinti per uomini e donne, dando il via a una riflessione collettiva che ha fatto la storia.

Nell’ultimo decennio sono state molte le occasioni in cui l’industria della moda si è unita alla campagna per i diritti LGBTQ e questo è stato fatto tramite show, sfilate, cambiamenti radicali all’interno del settore. Questo per ricordarci che la moda è per tutti, senza limiti e discriminazioni. Per la prima volta nel 2013, Valerie Steele, direttrice del Fashion Institute of Technology, è riuscita a portare la moda queer in un museo, oltre che in un libro, con l’intento di svelare l’impatto che le persone LGBTQ+ hanno avuto nel corso della storia sulla moda, a partire dai primi decenni del 18esimo secolo, fino ad arrivare ai giorni nostri. Tanti sono stati negli ultimi anni gli eventi e le collezioni ispirati alla moda queer. Uno tra gli eventi più ricordati è la passerella rainbow di Louis Vuitton, disegnata da Virgil Abloh, che ha reso omaggio alla comunità LGBTQ+ con una spettacolarità e allo stesso tempo, una semplicità disarmante.

Con la consapevolezza che abbattere i pregiudizi sia il primo passo per rendere la moda e il mondo più inclusivi, la rivoluzione è continuata con i cambiamenti all’interno delle grandi riviste. E’ così che la modella transgender Valentina Sampaio, diventa la prima modella transgender ad apparire sulla copertina dell’editoriale Vogue France o che Harry Styles, incarnando la fluidità di genere con i suoi abiti di collezioni femminili, diventa protagonista della prima cover con star maschile di Vogue.

Quest’anno gli appuntamenti sparsi per il mondo hanno visto il coinvolgimento di centinaia di migliaia di persone e, allo stesso tempo, delle grandi aziende della moda che tentano di far risuonare l’orgoglio LGBTQ+. Nonostante il rischio del rainbow washing - ossia la possibilità che i marchi sfruttino la bandiera arcobaleno per meri profitti e visibilità, senza sostenere davvero i valori - sono tantissimi i brand che si battono per la comunità. Molti di loro cercano alleati in personaggi queer di spicco come l’artista Carra Sykes, Cara Delavigne, Elodie e molti altri. Parte dei ricavati provenienti da queste tipologie di collaborazioni andrà ad organizzazioni che monitorano un’equa rappresentazione della comunità o che danno rifugio ai giovano buttati fuori da casa a causa del loro orientamento o identità sessuale.

Giugno diventa così un mese di festa, di lotta per la libertà di espressione e creatività. E’ questo l’obiettivo delle parate del Pride che si svolgono in tutto il mondo: sfilate, spettacoli che cercano di rivendicare, tramite la felicità di essere se stessi, i propri diritti. La lotta è per la giusta rappresentazione di persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali nell’immaginario collettivo. Finché questo non avverrà la loro marginalizzazione non farà altro che diminuirne i diritti. L’industria della moda ha potuto contare, nella sua storia, su un contributo incredibile da parte della comunità LGBTQ e per questo motivo rappresenta un’ottima cassa di risonanza per i loro diritti. Nonostante la strada per i diritti della comunità LGBT sia ancora lunga, la moda ha tentato con il suo linguaggio unico, di proporre un nuovo approccio alla sessualità e alla questione di genere cercando di creare una moda inclusiva.

Fonti consultate per il presente articolo

https://www.stonewall.org.uk/resources/take-pride-report-2022

https://www.vogue.it/news/article/pride-month-2022-iniziative-cortei-brand-tv

https://www.vanityfair.it/gallery/pride-month-10-momenti-orgoglio-lgbtq-moda-sfilate-cover


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  • L'Autore

    Chiara Giovannoni

Categorie

Temi Diritti Umani


Tag

lgbtq+ PRIDE Moda DirittiUmani

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