Nigeria - Italia : Il viaggio degli orrori

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  Redazione
  14 febbraio 2019
  3 minuti, 43 secondi

Il viaggio delle donne inizia da Benin City, più precisamente da Upper Sakpoba road, cioè uno dei quartieri più poveri; qui le ragazze vengono fatte salire a bordo di un pulmino e iniziano a dirigersi verso nord. Le condizioni sono pessime: tutte le soste che si fanno sono in case fatiscenti e in quartieri molto pericolosi, ma la parte peggiore inizia quando si arriva nel deserto. Dopo circa 1.500 chilometri, si arriva ad Agadez, antica città carovaniera all'estremità meridionale del Sahara, famosa per qualsiasi tipo di contrabbando e traffico, in particolare quello degli esseri umani. Ad Agadez il pulmino si ferma e le ragazze vengono fatte entrare in un edificio, che si trova in un ghetto per migranti in cui ci sono decine e decine di persone sorvegliate da uomini armati.

Le ragazze non possono uscire da questo posto e non possono fare altro che aspettare; l'unica attività che si svolge ad Agadez è proprio questa: il trasporto dei migranti dai ghetti alla Libia, perlopiù a pagamento. Le ragazze che dalla Nigeria partono accompagnate da qualcuno hanno già il viaggio pagato e dovranno sdebitarsi una volta giunte in Europa; invece, quelle che decidono di partire da sole, dovendosi pagare di tasca loro il viaggio, sono costrette a prostituirsi. In Niger le prostitute guadagnano circa tre dollari a cliente, quindi per loro ci vuole anche più di un anno di lavoro per poter andarsene da lì. Ogni settimana nel ghetto arrivano dei gruppi di autisti che caricano migliaia di migranti su dei pick-up e partono verso la Libia. Su queste macchine ci sono anche più di trenta persone, senza cibo e senza acqua, in mezzo al deserto; è una lotta contro la morte e infatti non tutti i passeggeri riescono ad arrivare a destinazione.

Il tragitto non prosegue nel migliore dei modi perché sulla strada ci sono numerosi posti di blocco in cui vengono chiesti soldi a tutte le persone presenti a bordo: chi ha soldi prosegue il viaggio, chi non li ha subisce violenze. Così si assiste a scene brutali: uomini che vengono picchiati a sangue e donne che vengono stuprate senza pietà. La lotta contro la morte dunque continua, e continua anche una volta arrivati in Libia.

In Libia si fa una tappa molto lunga e le donne restano lì anche mesi e mesi, se sopravvivono. A Tripoli ci sono molte case chiuse illegali in cui vengono sistemate tutte le ragazze nell'attesa di proseguire il viaggio e sono costrette a iniziare a prostituirsi, con delle condizioni durissime. Quando le donne vengono messe in questi luoghi sono obbligate a lavorare sempre, senza pause, non possono rifiutare nessun cliente, e usare dei contraccettivi è severamente vietato. Se qualcuna rimane incinta viene fatta abortire attraverso la violenza fisica, oppure con alcuni intrugli di farmaci molto potenti.

Le ribelli che tentano la fuga o si rifiutano di lavorare vengono picchiate violentemente e stuprate; molte donne muoiono così.

Le testimonianze ci dicono che spesso uno dei migranti, quasi sempre cliente di queste ragazze, si offre di organizzare una fuga dalla casa chiusa e di accompagnarle fino a Lampedusa, guadagnandosi la loro fiducia; le donne in quel momento lo vedono come un qualcuno a cui essere grate, che in qualche modo le ha salvate, ma invece è solo l'ennesimo inganno. Questa figura è tutt'altro che un salvatore perché aspetta che le ragazze escano dal CIE (Centro di identificazione ed espulsione) e poi le avvia alla prostituzione.

Dopo mesi che le donne vengono costrette a lavorare duramente nei bordelli libici, vengono fatte partire insieme agli altri migranti verso l'Europa.

I barconi che solitamente vengono utilizzati per questi spostamenti non sono di grosse dimensioni e vengono riempiti molto più di quanto la capienza permetta; si ritrovano così decine e decine di persone, ammassate, in condizioni igieniche pietose iniziando un'altra partenza in cui rischiano di nuovo la vita. Anche in questo tragitto, non tutti riescono ad arrivare a destinazione; c'è chi muore per asfissia, chi per ipotermia, chi travolto dalle onde del mare. Chi sopravvive, quando vede la terra all'orizzonte, è talmente incredulo, sfinito e addolorato da tutto il viaggio che vuole solo scendere dal quel barcone e non pensare a quello che verrà.

A cura di Giorgia Mazza

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