Next Generation EU: la Polonia minaccia ritorsioni nello stallo con la Commissione

  Articoli (Articles)
  Irene Boggio
  14 settembre 2022
  5 minuti, 47 secondi

“Se la Commissione Europea cercherà di metterci all’angolo, non ci resterà altra scelta che schierare tutti i cannoni del nostro arsenale e aprire il fuoco”. Così si è espresso l’8 agosto scorso, ai microfoni della radio pubblica polacca, Krzysztof Sobolewski, presidente del comitato esecutivo del partito di governo polacco, Diritto e Giustizia (PiS). “Nulla è escluso”, ha poi aggiunto. Il governo polacco sarebbe pronto, se necessario, a ricorrere all’ostruzionismo, all’interno delle istituzioni e degli organi decisionali europei, o addirittura a dare vita a una coalizione che possa costringere alle dimissioni la Presidente von der Leyen e l’attuale collegio dei commissari.

L’art. 17 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), par. 8, stabilisce in effetti che il Parlamento Europeo, dinanzi al quale la Commissione Europea è collettivamente responsabile, possa adottare nei suoi confronti una mozione di censura: se approvata da una maggioranza dei 2/3 dei voti espressi, corrispondente ad almeno la metà dei membri che compongono il Parlamento, la mozione costringerebbe il collegio dei commissari e la sua Presidente alle dimissioni. Si tratta, evidentemente, di una prospettiva del tutto remota, ma l’aggressività dei toni impone di non ignorare le minacce pronunciate da Sobolewski – nonché, il giorno precedente, dallo stesso Jarosław Kaczyński, presidente di Diritto e Giustizia e vicepresidente del Consiglio dei ministri sino al 21 giugno scorso.

L’oggetto del contendere? I fondi spettanti alla Polonia nell’ambito del programma Next Generation EU (NGEU), pari a circa 35,4 miliardi di euro, di cui 23,9 mld in forma di sovvenzione e 11,5 mld a titolo di prestito. La Polonia non ne ha incassata nemmeno una parte, per il momento, e l’attuale condizione di stallo non pare prossima a un superamento. È proprio a questo, in effetti, che si devono le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi da Sobolewski e Kaczyński. Ma quali sono le ragioni dell’impasse?

Il Piano per la ripresa e la resilienza polacco, presentato ufficialmente alla Commissione il 3 maggio 2021, ne ha ottenuto una valutazione positiva solo il 1 giugno 2022, quando la Commissione ha approvato la propria proposta di decisione di esecuzione del Consiglio, poi adottata dal Consiglio stesso il 17 giugno. Il processo di valutazione della pertinenza, dell’efficacia, dell’efficienza e della coerenza del Piano presentato dal governo polacco, dunque, ha richiesto più di un anno, nonostante il regolamento 241/2021, istitutivo del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (il principale strumento di finanziamento del programma NGEU) stabilisca all’art. 19 che la valutazione della Commissione debba concludersi – salvo proroghe concordate e di durata ragionevole – entro due mesi dalla ricezione del Piano. A scopo di comparazione, si consideri che il PNRR italiano, presentato ufficialmente il 5 maggio 2021, ha ottenuto il via libera della Commissione il 22 giugno ed è stato approvato con decisione di esecuzione del Consiglio il successivo 13 luglio.

A complicare il lavoro della Commissione, nel caso della Polonia, sono state le storture del suo sistema giudiziario, che in più occasioni la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha giudicato non conforme ai principi dello stato di diritto, i quali rappresentano, insieme al rispetto della dignità e dei diritti umani, della libertà, della democrazia e dell’uguaglianza, il fondamento su cui poggia l’Unione Europea, come enunciato dall’art. 2 del TUE.

Poiché il regolamento 241/2021, già menzionato, prevede che nel proprio esame dei piani per la ripresa e la resilienza la Commissione valuti se esistano, in ciascuno Stato membro, i presupposti per un’efficace prevenzione, individuazione e correzione di eventuali episodi di corruzione o frode e dei conflitti d’interesse nell'utilizzo dei fondi derivanti dal dispositivo, ovvero che gli interessi finanziari dell’Unione siano adeguatamente tutelati, l’esistenza di storture nel sistema giudiziario e di evidenti violazioni dello stato di diritto rappresenta un problema che non può essere ignorato. Per questo l’approvazione da parte della Commissione, e quindi del Consiglio, si è fatta tanto attendere. E per questo attraverso il negoziato con la Commissione il Piano per la ripresa e la resilienza polacco si è arricchito di tre milestones – traguardi qualitativi che il governo polacco si è impegnato a conseguire – relativi a misure di riforma del sistema giudiziario (nel senso della restaurazione della sua indipendenza dall’esecutivo) assenti nelle sue prime versioni.

Di due di essi, in particolare, è richiesto il conseguimento ai fini della presentazione alla Commissione della domanda di pagamento della prima rata del contributo spettante al Paese, pari a circa 2,8 miliardi di euro. In altre parole, la Polonia non potrà incassare neanche un centesimo dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza prima di aver raggiunto i suddetti obiettivi (ed è per questo che sta ancora aspettando). Next Generation EU, infatti, è un programma “performance-based”, nell’ambito del quale l’erogazione dei contributi – mediante rate liquidate semestralmente – è condizionata al conseguimento di milestones e targets specificati all’interno di ciascun Piano. La decisione di esecuzione del Consiglio che approva il Piano presentato dalla Polonia, per esempio, stabilisce che l’erogazione della prima rata sia condizionata al conseguimento di 28 obiettivi, di cui 2 relativi alla riforma del sistema giudiziario.

Il primo riguarda l’adozione di una riforma che restituisca indipendenza e imparzialità ai tribunali e ai giudici polacchi, in particolare mediante la destituzione della Sezione Disciplinare della Corte Suprema attualmente esistente – già oggetto di giudizio della Corte di Giustizia dell’UE – e la sua sostituzione da parte di un organo giurisdizionale indipendente e imparziale istituito per legge, che garantisca un giudizio equo e non contaminato da influenze politiche ai giudici polacchi oggetto di procedimenti disciplinari. La riforma dovrà investire anche lo stesso regime disciplinare attualmente vigente, chiarendo, per esempio, che la presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione non rappresenta un illecito e non può giustificare l’avvio di un procedimento disciplinare, così come che il contenuto delle decisioni giudiziarie non può mai configurare un illecito disciplinare.

Il secondo milestone riguarda l’adozione di una riforma che garantisca ai giudici interessati dalle decisioni della Sezione Disciplinare della Corte Suprema di vedere il proprio caso riesaminato dal nuovo organo giurisdizionale istituito per effetto della riforma già descritta e sulla base del regime disciplinare riformato. Tale riesame dovrà giungere al termine entro la fine del 2023, dando luogo – laddove opportuno – alla reintegrazione dei giudici indebitamente allontanati dalla professione.

Entrambi i milestones avrebbero dovuto essere conseguiti entro il secondo trimestre del 2022. Alla fine di maggio la Camera bassa del Parlamento polacco, il Sejm, ha approvato un disegno di legge proposto dal presidente, Andrzej Duda, che introdurrebbe – secondo i suoi promotori – le riforme previste dal Piano per la ripresa e la resilienza. Ma alcuni avvertono che le modifiche potrebbero non essere che cosmetiche.

Immagine: https://pixabay.com/it/photos/...

Condividi il post

L'Autore

Irene Boggio

Tag

NGEU Next Generation EU stato di diritto corte suprema polacca sezione disciplinare imparzialità