Ad oggi, sono oltre duecento milioni le donne e le ragazze nel mondo che sono state sottoposte a mutilazione genitale femminile e si stima che ogni anno ulteriori tre milioni rischino di esserne vittime. Le pratiche di FGM/C, che si inseriscono nel più ampio contesto delle violenze di genere, rappresentano un fenomeno da combattere con decisione.
Cosa si intende per Mutilazione Genitale Femminile (FGM/C)?
La Female Genital Mutilation or Cutting, comprende una gamma di procedure -effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche - tra cui il taglio, la cucitura, la cauterizzazione e la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni. Tali procedure vengono frequentemente portate a termine con l’utilizzo di rasoi e raschietti, in luoghi informali, non sicuri e senza anestesia, su ragazze spesso sotto i 15 anni. La procedura è spesso portata a termine da donne della comunità, o da membri della famiglia delle vittime.
Queste pratiche vengono realizzate soprattutto su giovani ragazze, con l’obiettivo di controllarne i comportamenti sessuali e, in questo modo, garantirne la desiderabilità e l’idoneità al matrimonio. In alcune culture, inoltre, i genitali femminili sono considerati impuri e, pertanto, tali pratiche assumono il valore di riti di purificazione.
Questa pratica socioculturale causa dolore, danni permanenti alla salute, gravi conseguenze sulla salute psichica e sessuale, e talvolta ha portato anche alla morte delle ragazze sottopostevi.
La situazione attuale
Nel 2020 erano ancora 4.1 milioni le bambine che rischiavano di subire mutilazioni e infibulazioni, e si può presumere che, nonostante la pandemia di Covid-19, i numeri si aggirino ancora intorno ai 3-4 milioni nel 2022, visto che le procedure vengono effettuate in contesti informali, quali le abitazioni delle ragazze stesse. Inoltre, la maggioranza delle vittime delle FGM/C si concentra nei paesi dell’Africa subsahariana, ma numerosi casi si rilevano anche nei paesi della penisola arabica e del sud-est asiatico. Per effetto dell’immigrazione, vittime delle FGM/C sono state rilevate anche in Europa, Italia compresa.
Per riportare qualche esempio, in Somalia, la percentuale di ragazze e donne tra i 15 e i 49 anni sottoposte a FGM/C è superiore al 90%. Nel Paese, le vacanze scolastiche estive sono definite “la stagione del taglio”. In Gambia, dove la percentuale si aggira intorno al 75%, il 55% delle vittime è stata sottoposta a tali procedure prima dei 5 anni di età. In Yemen, l’85% delle donne sono state sottoposte a mutilazioni genitali femminili nella prima settimana di vita.
In numerosi Paesi manca ancora una legislazione nazionale che vieti tali pratiche, e in quasi tutti i Paesi interessati mancano strutture e servizi che rispondano alle esigenze delle vittime e che si occupino della loro salute psico-fisica.
Misure per proibire la mutilazione genitale femminile
A partire da metà del ventesimo secolo, numerosi Paesi hanno proibito la pratica attraverso leggi nazionali, come nel caso della Guinea nel 1965, del Senegal nel 1999, dell’Uganda nel 2010 e della Liberia nel 2018, solo per citarne alcuni. In alcune nazioni, la pratica è stata vietata solo in alcune regioni, come nel caso della Nigeria e del Kurdistan iracheno. Nonostante le leggi emanate a tale proposito, i casi sono ancora troppi, diffusi sia in Paesi senza disposizioni in merito, sia in quelli in cui sono stati fatti passi avanti dal punto di vista della legislazione nazionale.
Un caso particolare è rappresentato dall’Indonesia, dove il 68% delle ragazze sotto i 12 anni di età nella provincia di Giacarta è stata sottoposta alla pratica. Sebbene il governo avesse vietato la pratica nel 2006, la pressione per la depenalizzazione della pratica stessa da parte dei leader religiosi ha avuto la meglio. L’attuale legislazione indonesiana è quindi quantomeno ambigua.
In Italia le disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile, sono state inserite nella Legge n° 7 del 9 Gennaio 2006. Quest’ultima non solo pone in essere diverse misure di prevenzione, quali la sensibilizzazione sul tema e la promozione, presso le strutture sanitarie e i servizi sociali, del monitoraggio dei casi pregressi, ma dispone anche la reclusione dai 4 ai 12 anni per chiunque pratichi l'infibulazione (con aggravanti, quali lo scopo di lucro e la pratica su minori).
Nel diritto internazionale, le Nazioni Unite si battono da tempo per la prevenzione del fenomeno e poiché entro il 2030 questa pratica possa dirsi definitivamente eradicata, come peraltro previsto dall’obiettivo n° 5 degli SDGs. Trattati regionali e internazionali indicano le mutilazioni genitali femminili come forma di violenza di genere, che viola i diritti delle bambine e delle donne, tra cui la libertà da atti di tortura e altri maltrattamenti, il diritto alla salute e il diritto alla non discriminazione. Gli Stati hanno quindi l’obbligo di garantire tali diritti e di combattere tali pratiche, come previsto dall’articolo 5(a) della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW) e dall’articolo 5(b) del protocollo addizionale alla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa, tra gli altri.
Cambiamenti in atto
Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento nella percezione delle FGM/C e nella consapevolezza del fenomeno e delle sue conseguenze. La condanna della pratica da parte delle convenzioni regionali ed internazionali, i passi avanti delle legislazioni nazionali, e l’organizzazione di gruppi, spesso guidati da giovani donne, per una maggiore sensibilizzazione e una lotta condivisa per la messa al bando di tali pratiche, fanno sperare in un futuro più roseo.
Tuttavia, numerosi ostacoli persistono. Tali pratiche fanno parte di rituali socioculturali, che spesso vogliono essere preservati dalle comunità e da queste difesi proprio in nome dei diritti culturali. L’approvazione sociale legata a tali procedure è un altro elemento da tenere in considerazione – e combattere – perché si possa sradicare tale pratica. Infine, è necessario considerare il fondamentale legame che continua ad esistere tra le FGM/C e la povertà.
Greta Thierry
Greta Thierry vive in provincia di Pavia. Ha conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università degli Studi di Pavia e attualmente è al termine della Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali, curriculum International Cooperation and Human Rights, presso l'Università degli Studi di Milano.
L'ampio interesse per le relazioni internazionali e i diritti umani, le ha permesso - tra le altre cose - di entrare in contatto con Mondo Internazionale Post, dove ricopre il ruolo di autrice per l'area tematica Diritti Umani, nonché i ruoli di revisore e traduttrice.