Movimenti popolari o campagne artificiali? Cos’è l’Astroturfing

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  Nadia Dalla Gasperina
  26 dicembre 2021
  4 minuti, 35 secondi

Per soddisfare la domanda di prodotti ecologici, le compagnie più diverse stanno cercando di migliorare la loro sostenibilità e di offrire ai propri clienti metodi per scegliere in base ai propri valori e occhio all’ambiente. Dall’indicatore di carbon footprint (cioè la quantità di anidride carbonica è stata emessa per la produzione, trasporto, e vendita di un prodotto) e alla pubblicizzazione degli investimenti verdi fatti da diverse industrie, sembra facile consultare il registro ecologico delle aziende a cui facciamo affidamento.

Tuttavia, non sempre dobbiamo credere alle informazioni che ci vengono date; alcuni marchi stimolano la partecipazione pubblica tramite la creazione di movimenti grassroot, ossia azioni dal basso in cui i cittadini si impegnano per proporre cambiamenti a diversi livelli di amministrazione. Grazie all’astroturfing, che si appella a ciò che sentiamo come “giusto ed etico”, tali compagnie ricevono pubblicità gratis, più acquisti, e guadagnano credibilità insabbiando le loro pratiche poco tollerabili. L’astroturfing può quindi essere definito come una grande campagna di comunicazione dove le persone, i piccoli business, e in generale tutte le parti interessate a un argomento o a una legge vengono fatti strumento da grandi aziende che possono permettersi di spendere grandi quantità di soldi per raggiungere i loro fini. Tuttavia, se questo metodo di lobbying viene scoperto, i danni d’immagine verso l’iniziatore della campagna sono spesso consistenti.

Il caso EU del gas da argille

L’industria energetica è un grande attore nell’astroturfing in quanto il crescente bisogno energetico da una parte e la necessità di fonti rinnovabili dall’altra lasciano grande spazio di azione. Alla ricerca di nuove fonti energetiche, l’Europa nel 2012 si stava occupando di una Direttiva per regolare l’industria del gas da argille (o di scisto), un gas metano che necessita di particolari tecniche di estrazione. Questo tipo di gas rappresenta un’alternativa a fonti meno ecologiche come petrolio e carbone, ma l’inquinamento dovuto al processo di estrazione è notevole. Prima della discussione della direttiva al Parlamento Europeo, due gruppi di interesse emersero: uno, costituito primariamente da ONG, sosteneva una maggiore regolamentazione del settore; l’altro, che coinvolgeva industrie energetiche, preferiva maggiore libertà. Tra questi ultimi si poteva però notare un’eccezione: Responsible Energy Citizen Coalition (RECC) apparentemente un movimento grassroot, di azione popolare, che concordava con le industrie. La loro affermazione di rappresentare persone, autorità locali, e organizzazioni sociali contrastava con le loro tecniche di lobbying tra cui l’organizzazione di un evento direttamente nell’edificio del Parlamento; dopo un’indagine, si scoprì che la RECC era in realtà sostenuta da compagnie attive nella ricerca e nell’estrazione di gas da argille. Una delle industrie finanziatrici attivò una campagna chiamata “Flame of Hope” per cercare il supporto dei cittadini polacchi per l’estrazione di gas da argille.

Il caso Bees Biodiversity Network

Sempre nel 2012, in occasione della conferenza dell’ONU sullo sviluppo sostenibile, il Parlamento Europeo organizzò una settimana dedicata alle api e all’impollinazione per alzare il livello di attenzione sull’argomento. Tale evento fu sostenuto da un’associazione chiamata Bees Biodiversity Network, presentata come ONG. Tuttavia, allo stesso evento era presente anche una compagnia produttrice di pesticidi, BASF, che sosteneva come i pesticidi possano effettivamente convivere con pratiche agricole sostenibile senza danneggiare le api. In realtà, Bees Biodiversity Network era stata creata artificialmente da BASF; alcuni Membri del Parlamento ne erano al corrente, e il gruppo Greens/EFA pubblicò più ricerche sul ruolo effettivo dell’associazione: quello di offrire una copertura all’attività di lobbying di BASF il cui scopo principale era fare in modo di evitare ulteriori restrizioni sull’uso dei pesticidi che avrebbero danneggiato il loro business. Si tratta quasi di un caso di greenwashing, in cui il BASF cerca di apparire attento all’ambiente e recettivo delle preoccupazioni dell’Unione Europea grazie all’uso di uno schermo, ossia il Bees Biodiversity Network, che avrebbe fatto sembrare la sua azione più legittima.

Il caso Tesla

Anche Elon Musk ha le sue gatte da pelare nel campo del lobbying: quando nel 2016 l’Arizona stava dibattendo nuove leggi sui pannelli solari domestici, Tesla cercò l’appoggio del pubblico con campagne condotte a nome dell’Energy Freedom Coalition of America (EFCA) che doveva essere un gruppo di advocacy sostenuto direttamente dai cittadini. I maggiori partecipanti nell’EFCA erano in realtà Tesla e altre compagnie possedute dalla stessa, e i suoi rappresentanti erano in qualche modo legati a Tesla. EFCA si prodigò per far firmare petizioni ai cittadini dell’Arizona in modo da cambiare la proposta di legge, senza però chiarificare che sotto il progetto c’era Tesla. La mancanza di trasparenza è una delle caratteristiche principali dell’astroturfing.

Quando la democrazia si fa partecipativa coinvolgendo più interessi, è dunque necessario capire da dove vengono e di che tipo sono certe proposte. Il mondo del lobbying non sempre è chiaro come sembra essere. Più un tema è caldo e discusso, come è la conservazione dell’ambiente oggi, più possibilità di sono di promulgare pratiche poco etiche passandole per iniziative pubbliche. Il compito dei cittadini è quello di informarsi per prendere decisioni consapevoli, anche se ciò richiede tempo ed energie.

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Nadia Dalla Gasperina

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