Medicina Narrativa: possibilità o utopia?

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  Redazione
  13 novembre 2020
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La medicina narrativa (N.B.M.) è considerata uno dei temi più dibattuti all’interno del campo medico degli ultimi anni.

Cosa vuol dire essere un "medico narratore"?

Prima di passare ai dati e agli assunti forniti dai medici, è bene dare una visione temporale della medicina narrativa.

La N.B.M nasce alla fine degli anni '90 del secolo scorso da R.N. Remen e R. Charon, modello poi sviluppato presso la Harvard Medical School da B.J. Good. Quest'ultimo sottolinea l’importanza di una ricerca qualitativa attraverso il racconto del vissuto del paziente, che in molti casi si è rivelato proficuo per il decorso e l’efficacia della terapia, creando un vero e proprio effetto placebo. Negli ultimi anni, si è cercato di sensibilizzare il personale di molte strutture sanitarie auspicando un più forte rapporto empatico con i pazienti e i loro familiari. Con riferimento a particolari patologie irreversibili o sindromi rare, tale approccio - se perseguito correttamente - rende il paziente e i familiari parte integrante della terapia.

Per rispondere alla domanda su cosa sia un medico narratore ci si è affidati a coloro che, anche in questo periodo di gravi pressioni ed emergenza, continuano a dare sé stessi per il bene comune. In particolare, per la stesura di questo articolo è stato fondamentale il confronto con il Dr. Giorgio Bianchi, medico di medicina generale, e il Dr. Mario Rossi (entrambi nomi di fantasia utilizzati al fine di non essere riconosciuti a seguito delle dichiarazioni rilasciate).

Per avere un ulteriore riscontro, da parte dei pazienti, è stato chiesto a 120 persone quanto un maggior rapporto con il medico le aiuterebbe a superare un periodo di malattia, su una scala di apprezzamento da 1 a 5 (scala Likert), in tutta Italia, tramite Google docs.

Dai risultati si evince che non ci sono sostanziali differenze tra nord e centro-sud: entrambe indicano il valore massimo (5) con, rispettivamente, il 47,7% e il 62,5% delle preferenze. Con questi dati troviamo conferma di come gli intervistati reputino necessario un rapporto più profondo con il medico.

Per un confronto con queste pretese è stato chiesto al Dr. Mario Rossi "qual è il prezzo della medicina narrativa", in altre parole, "quanto sforzo è necessario ai medici per costruire un rapporto empatico”.

Il dottore ha esplicitamente chiesto di non fornire informazioni riguardo le generalità e la struttura nosocomiale dove presta servizio, poiché potrebbero comportare gravi sanzioni a livello disciplinare. Ad ogni modo, egli ha sottolineato come il tema della medicina narrativa e del rapporto empatico medico-paziente è un argomento molto difficile e delicato, poiché spesso i pazienti, pretendono cure (nel senso più ampio della parola) ben superiori a ciò che è possibile offrire. Lavorando in una struttura ospedaliera organizzata come un'azienda, quindi con obblighi di obbiettivi, tabelle di marcia e scalette, i medici operatori possono solo attenersi a quello che in qualche modo è imposto dall'organizzazione. Anche perché, ascoltare un paziente, ossia dargli possibilità di parlare e raccontare il suo vissuto, comporta tempo e considerando la struttura ospedaliera come un’azienda "il tempo è denaro". Per tale ragione, se anche ogni medico volesse intraprendere un regime di medicina narrativa, dovrebbe farlo nel proprio tempo libero, di certo non nelle ore di servizio in reparto.

Il Dr. Giorgio Bianchi, medico di famiglia, sulla stessa questione risulta avere un'opinione differente. A suo dire, soprattutto nel suo ambito il medico narratore è tanto fondamentale quanto la terapia farmacologica, poiché conoscere fino in fondo lo stato d’animo della persona in una situazione particolare può dare la chiave di lettura di una specifica patologia. Presso la struttura in cui lavora egli riceve in questo periodo di incertezza molti pazienti con problemi gastrointestinali che, ad un primo sguardo da non narratore, potrebbero far pensare a cure farmacologiche mirate alla riduzione del disturbo a livello gastrico. Ciò è però sbagliato, poiché nella maggior parte dei casi l’eziologia dei disturbi è data dallo stress e dall’ansia, fattori che non sarebbero emersi tramite uno approccio metodistico e non narrativo. Inoltre, a suo avviso l’approccio narrativo, se applicato da tutti, potrebbe evitare enormi sprechi di denaro pubblico per esami non necessari a carico delle strutture sanitarie.

Tirando le somme, sulla base delle diverse opinioni e dando una visione dedotta dagli assunti e dai dati si evince come il tema della medicina narrativa e soprattutto del medico narratore non siano stati accettati all’unanimità dalla comunità medica, bensì apprezzati ed auspicati dai pazienti.

Il problema che grava sull’approccio narrativo deriva dalla strumentalizzazione di esso, ossia vedere la NBM non come una base di partenza ma come un mezzo aggiuntivo alla terapia. La soluzione potrebbe risiedere nel formare le nuove generazioni di medici partendo dalla narrazione ed utilizzare la terapia farmacologica e gli esami obiettivi come extrema ratio.


Fonti consultate per il presente articolo:

N.B.M.: narrative based medicine

N.B.D.: narrative based doctor

Dalla medicina narrativa alla giustizia riparativa in ambito sanitario: un progetto integrato di prevenzione delle pratiche difensive e di risposta alla colpa medica, Claudia Mazzucato, Arianna Visconti, 2014, PubliCatt

Sullo studio si rimanda a Medicina Narrativa n.1 2001, A. Virzì, O.Bianchini, S. Dipasquale, M. Genovese, G.Previti, M.S. Signorelli, dipartimento universitario policlinico U.O.P.I. Psichiatria Università di Catania


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