Mancanza di diritti dei lavoratori nel panorama italiano

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  Redazione
  11 aprile 2021
  2 minuti, 55 secondi

La trattazione sulla mancanza di diritti per alcune categorie di lavoratori di “nuova generazione” a livello internazionale può anche essere riportata a livello italiano, relativamente alla condizione dei lavoratori nostrani.

Le condizioni di queste categorie di lavoratori sono a rischio data la precarietà nella quale lavorano giornalmente; a questo, durante la pandemia, si è unito un elevato pericolo di contagio, trattandosi di tipologie di impego fortemente a contatto con un elevato numero di persone sempre diverse.

I sindacati autonomi Deliverance Milano e Rider Union Roma hanno denunciato, in occasione delle numerose manifestazioni indette dalla categoria, l’assenza di DPI (dispositivi di protezione individuale) messi a disposizione dalle aziende, a differenza di ciò che prevede la legge soprannominata “Legge riders”. La legge in oggetto, ossia la numero 128 del 2019, riporta a pagina 39 le disposizioni utili a predisporre i livelli minimi di tutele e protezioni per i lavoratori che si occupano di “consegne di beni per conto altrui”, ordinabili quindi da piattaforme digitali. Nel testo della legge, entrato in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il 3 novembre 2019, riporta: “Art. 47- ter (Forma contrattuale e informazioni). — 1. I contratti individuali di lavoro di cui all’articolo 47-bis sono provati per iscritto e i lavoratori devono ricevere ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi, dei loro diritti e della loro sicurezza”.

La legge prevede quindi la sicurezza dei lavoratori e, sebbene tale pubblicazione sia avvenuta precedentemente l’emergenza sanitaria da Covid-19, la tutela contro la diffusione del virus pandemico è uno degli aspetti attualmente più rilevanti per tale categoria di lavoratori.

La consegna di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, gel igienizzanti e soluzioni a base alcolica per la disinfezione degli zaini, permetterebbe loro di svolgere la propria attività in condizioni di sicurezza, ed eventualmente di non trasmettere il virus a persone terze con le quali ogni giorno entrano in contatto.

In merito alla questione si sono espressi anche diversi giudici del lavoro, primo tra tutti il Tribunale di Firenze Sez. Lavoro, n. 886/2020, con il decreto pubblicato in data 1° aprile 2020. Il giudice ha ordinato la consegna dei dispositivi oggetto del ricorso alla società resistente, a favore del rider ricorrente. Dopo il Tribunale di Firenze si sono pronunciati anche quello di Bologna e Roma, confermando ovviamente la pronuncia del primo giudice.

Il Tribunale di Firenze, facendo riferimento alla precedente sentenza della Suprema Corte, n. 1663/2020, ha stabilito che “in un'ottica sia di prevenzione sia "rimediale", si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato quando la prestazione del collaboratore sia esclusivamente personale, venga svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi ed al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente”. Il Tribunale di Firenze ha anche ritenuto applicabile il comma 1 dell’art. 47-bis, in base al quale sono stati stabiliti “livelli minimi di tutela per i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore”.

La speranza relativa al periodo che succederà la pandemia da Covid-19 è che le migliorie apportate con le lotte per le condizioni lavorative possano persistere nel tempo.

A cura di Sofia Perinetti

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