L'Unione Europea diventa una "zona di libertà" per la comunità LGBTIQ

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  Alice Stillone
  27 marzo 2021
  4 minuti, 35 secondi

L’11 marzo 2021 il Parlamento Europeo ha adottato la risoluzione 2021/2557 tramite la quale ha proclamato l’Unione Europea come una "zona di libertà" per le persone LGBTIQ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali, queer). Nell’adottare tale atto, l’Istituzione ha tenuto in considerazione alcuni fonti che costituiscono un punto fermo per la salvaguardia dei diritti umani nell’ordinamento europeo: la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea (che sancisce i principi fondamentali sui quali si fonda l’ordinamento europeo, tra cui quello della non discriminazione), la CEDU (Convenzione Europea dei diritti dell’uomo) con la relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ed infine la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

E’ doveroso anzitutto sottolineare che nel sistema delle fonti del diritto dell’Unione Europea non è espressamente previsto un divieto di discriminazione sulla base dell’identità di genere (con cui si intende il senso di appartenenza di ciascun individuo al genere con il quale egli si identifica). Pertanto, il divieto di discriminazione per l’identità di genere viene enucleato nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e soprattutto nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE). La CGUE, in un paio di sentenze riguardanti la discriminazione subita da individui per via della loro transessualità, ha infatti interpretato il divieto di discriminazione sulla base del sesso (espressamente previsto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nella CEDU e negli articoli 10 e 19 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) in maniera più ampia, in modo da comprendere al suo interno il divieto di discriminazione sulla base dell’identità di genere.

Pertanto, la recente risoluzione del Parlamento è in perfetta armonia con la linea adottata dalla CGUE volta a salvaguardare tutti gli individui, indipendentemente dal loro sesso, dal loro orientamento sessuale e dalla loro identità di genere.

La risoluzione del Parlamento dichiara tutto il territorio dell’Unione Europea come una “zona di libertà per le persone LGBTIQ” e “denuncia tutte le forme di violenza e discriminazione fondate sul sesso o sull’orientamento sessuale delle persone”. Nel testo si fa inoltre riferimento-per condannarlo- all’omicidio omofobo di David Polfliet, commesso in Belgio per mano di un ragazzo appena diciassettenne.

La risoluzione invita le istituzioni europee, specialmente i Governi e i Parlamenti degli Stati membri, ad attuare quanto stabilito nel presente atto, esortandoli a promuovere legislazioni che vietino le discriminazioni nei confronti della comunità LGBTIQ. Tale necessità è dovuta al fatto che diversi Paesi europei hanno provato a legiferare nel senso opposto, cioè disconoscendo l’ideologia LGBTIQ e creando barriere nell’integrazione di questi individui piuttosto che abbatterle.

L’Unione Europea, infatti, si è sempre impegnata a promuovere il rispetto di tutti i diritti fondamentali degli individui e l’adozione della risoluzione è un passo importante compiuto in questa direzione.

Proclamare una zona libera per tutta la comunità LGBTIQ significa incoraggiare la creazione di un luogo sicuro in cui tutti possano esprimersi pienamente e liberamente, senza subire discriminazioni.

Tuttavia, è necessario che tale risoluzione sia seguita da legislazioni efficaci da parte dei governi e dei parlamenti nazionali affinché si possa dare concreta attuazione ai principi stabiliti nell’atto parlamentare. Se tale atto, infatti, non fosse seguito da una precisa azione a livello statale, la risoluzione rischierebbe di assumere un valore prettamente simbolico.

Non basta solo proclamare a parole l’istituzione della “zona libera” per proteggere efficacemente gli individui, è necessario piuttosto contribuire all’emanazione di legislazioni che, da un lato, sanciscano in maniera chiara i diritti che spettano alle persone della comunità LGBTIQ e, dall’altro, prevedano delle sanzioni penali per coloro che le violano tali diritti, con le parole o con i fatti. In molti Paesi europei manca un progetto di legge (o, come nel caso italiano, il progetto è presente ma manca di essere attuato) contro l’omotransfobia che costituisca un reale strumento di lotta alle discriminazioni subite dalla comunità LGBTIQ.

La presente risoluzione, la cui iniziativa è da attribuire all’eurodeputato francese Pierre Karleskind e che è stata adottata con 492 voti favorevoli, 141 contrari e 46 astensioni, ha avuto come obiettivo quello di dare una risposta esemplare ai governi ungheresi e polacchi le cui regioni, contee e comuni sin dal marzo 2019 avevano adottato risoluzioni in cui dichiaravano i loro territori “zone esenti dall’ideologia LGBTIQ”.

Secondo gli eurodeputati infatti “le persone LGBTIQ ovunque nell'UE dovrebbero godere della libertà di vivere e mostrare pubblicamente il loro orientamento sessuale e la loro identità di genere senza temere intolleranza, discriminazione o persecuzione, e le autorità a tutti i livelli di governo in tutta l'UE dovrebbero proteggere e promuovere l'uguaglianza e i diritti fondamentali di tutti, comprese le persone LGBTIQ”.

Tramite questa presa di posizione, il Parlamento europeo ha voluto sottolineare come i diritti della comunità LGBTIQ siano diritti fondamentali al pari degli altri, incoraggiando i singoli Stati membri ad agire nella stessa direzione dell’Unione.

Ciò che noi tutti ci auguriamo è che tale atto abbia un’eco tale da innalzare realmente il livello di protezione di cui godono gli individui della comunità LGBTIQ in tutti i Paesi europei, indistintamente.

Grazie alla risoluzione, per quanto ancora sia lunga la strada da percorrere, il traguardo di una tutela effettiva dalle discriminazioni nei confronti della comunità LGBTIQ sembra ad oggi un po’ meno irraggiungibile.

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Alice Stillone

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