Lo scioglimento dei ghiacciai e il riscaldamento globale in Africa

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  Giulio Ciofini
  17 novembre 2021
  4 minuti, 50 secondi

Il cambiamento climatico è indubbiamente la più importante sfida che l’umanità deve necessariamente affrontare in questo secolo. Considerato lo stato attuale del nostro pianeta, è molto probabile che una risposta da parte nostra debba arrivare già prima della fine di questo decennio. Che il mutamento climatico stia rapidamente colpendo diverse aree del pianeta non è certo una notizia dell’ultima ora, ma il rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite in merito allo situazione ambientale in Africa ha mostrato delle crepe significative anche soltanto da un punto di vista simbolico.

Infatti, il report State of the Climate in Africa 2020, pubblicato dall’ONU in collaborazione con l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), oltre che evidenziare i trend e l’impatto del cambiamento climatico in Africa, ha anche sottolineato un aspetto simbolico da prendere assolutamente in considerazione: il rapido scioglimento degli iconici ghiacciai africani. Un fenomeno che di questo passo, stando ai trend evidenziati nel report, potrebbe verificarsi nel giro di circa due decenni. I tre ghiacciai in questione si trovano nel Monte Kenya in Kenya, nel monte Kilimangiaro in Tanzania e nelle Montagne Ruwenzori al confine tra Uganda e Repubblica Democratica del Congo. Il primo pare si stia sciogliendo ad un ritmo ancora più veloce e dovrebbe impiegare soltanto un decennio per scomparire definitivamente. Una previsione che, dunque, renderebbe il Monte Kenya una delle prime grandi catene montuose al mondo 'deglaciate' a causa del riscaldamento globale.

I tre iconici ghiacciai africani che si stanno sciogliendo ad un ritmo superiore rispetto alla media mondiale sono dotati, secondo gli esperti, di un’importanza scientifica e turistica considerevole. Stando al report, il 2020 in Africa è stato caratterizzato da temperature sempre più alte, innalzamento del livello del mare e fenomeni meteorologici e climatici estremi, come siccità o alluvioni. Per quanto riguarda quest’ultimi, il report ha citato le forti precipitazioni avvenute nel Sahel, nella Rift Valley o lungo il corso dei maggiori fiumi (il Nilo e il Congo), oltre alla siccità nelle regioni dell’Africa nord-ovest e dell’Africa sud-ovest.

Gli indicatori rilevati evidenziano, nel continente africano, un aumento delle temperature più significativo rispetto alla media globale, sottolineando come il trend del trentennio 1991-2020 sia stato significativamente più caldo rispetto a quello precedente. Il 2020 è stato inoltre il terzo anno più caldo mai registrato, con le regioni del Corno d’Africa, dell’Africa nord-ovest e dell’Africa Equatoriale occidentale che hanno riscontrato le maggiori anomalie per quanto riguarda le temperature. Allo stesso tempo, anche l’innalzamento del livello del mare costituisce un fenomeno problematico, specialmente per quanto riguarda le coste che si affacciano sull’Oceano Pacifico e sull’Oceano Indiano, dove un aumento rispettivamente di 3.6mm e 4.1 mm all’anno presenta un trend decisamente più alto rispetto ad altri mari e oceani. L’innalzamento del livello del Mar Mediterraneo è, al contrario, uno dei più bassi, con un aumento di 2.9mm.

Quando si parla di cambiamento climatico e di riscaldamento globale ci si riferisce ad un fenomeno che ha un impatto multilaterale nella società, con la possibilità di colpire gravemente una moltitudine di settori: quello ambientale, quello sociale, quello economico ed in certi casi persino quello geopolitico. Nel "migliore dei casi", i danni inferti hanno una portata a lungo termine, ma nel peggiore possono addirittura essere irreversibili. Nel caso dell’Africa, ci troviamo di fronte ad un continente dove il fenomeno dell’insicurezza alimentare è ancora oggi uno dei temi di maggior importanza e che desta grande preoccupazione sul piano internazionale anche, e soprattutto, per la problematica evoluzione climatica. Il report dell’OMM e dell’ONU ha infatti sottolineato come, in merito, la situazione sia decisamente peggiorata negli ultimi due anni a causa di una moltitudine di fattori sociali, politici ed economici. Tra questi, la crisi economica dovuta allo scoppio della pandemia di COVID-19, l’instabilità politica di molte nazioni o il perdurare di conflitti militari ai quali si va ad unire anche la complessa situazione ambientale. Una situazione che ha visto, nello scorso anno, un aumento del 40% della popolazione africana in condizioni di insicurezza alimentare.

Come sottolineato il mese scorso da David Beasley, capo del World Food Program delle Nazioni Unite, l’Africa “è un’area del mondo che ha contribuito pochissimo al cambiamento climatico e adesso ne sta pagando il prezzo più alto”. In questo senso, l’immagine offerta dal report pare particolarmente auto-esplicativa. Nel 2030, infatti, più di 118 milioni di persone che vivono con meno di 1.90$ al giorno (la soglia di povertà estrema) sarà esposta a fenomeni climatici come siccità, allagamenti e temperature estreme. Dunque, per comprendere come il fenomeno ambientale sia strettamente collegato alle vicende geopolitiche e sociali ci basta citare due esempi. Da una parte, c'è il Madagascar, una delle aree dove si sta effettivamente vivendo quella che è descritta come la prima “carestia climatica”; mentre nell’area del Tigray, il conflitto che ormai da più di un anno si sta combattendo tra le forze separatiste e quelle del governo etiope ha portato alla fame più di 500.000 persone. Si tratta, pertanto, di una situazione piuttosto complessa. I costi stimati per l’adeguamento al cambiamento climatico si aggirano tra i 30 e i 50 miliardi di dollari all’anno, cifre che inevitabilmente dovranno essere accompagnate dalla volontà politica dei singoli paesi verso una svolta strategica per quanto riguarda le policy ambientali. Pur non costituendo delle risorse d’acqua significative, gli scienziati considerano il rapido scioglimento dei ghiacciai in Kenya, Uganda e Tanzania un simbolo piuttosto netto e incontrovertibile degli effetti del mutamento climatico, che in Africa stanno già cominciando a vedersi anche sul piano socio-economico.

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L'Autore

Giulio Ciofini

Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna
Master ISPI in International Cooperation

Autore, Framing The World, Mondo Internazionale

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