"L’Intelligenza Artificiale potrebbe essere il peggior evento della storia della nostra civiltà"

È lecito porsi domande sul futuro dell'IA?

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  Redazione
  07 giugno 2019
  4 minuti, 45 secondi

L’Intelligenza Artificiale, tanto quanto la Realtà Aumentata o Virtuale, porta anche molte domande sugli aspetti etici e sociali. Uno di questi dubbi riguarda ad esempio il lavoro e l’occupazione, in quanto la comunità globale ha cominciato ormai da diversi anni a chiedersi quali saranno gli effetti di un maggiore impiego delle Intelligenze Artificiali nell’ambito professionale.

Sono timori assolutamente giustificati se si pensa che la metà delle attività lavorative di oggi potrebbe essere quasi totalmente, se non appunto completamente, automatizzata entro il 2055. Ad oggi, infatti, qualsiasi tipo di lavoro è soggetto a quella che definiamo come un’automazione parziale, ed è partendo da questa considerazione che si stima che circa la metà dell’attuale forza lavoro possa essere impattata dall’automazione grazie alle tecnologie già note e in uso oggi.

In realtà, secondo diversi esperti del settore, la situazione non appare proprio così catastrofica. A mettere un freno ai timori sulla responsabilità dell’Intelligenza Artificiale nel “distruggere” posti di lavoro arrivano infatti diversi studi, ad esempio:

  • Secondo lo studio di Capgemini intitolato “Turning AI into concrete value: the successful implementers’ toolkit”, l’83% delle imprese intervistate conferma la creazione di nuove posizioni all’interno dell’azienda. Inoltre, i tre quarti delle società intervistate hanno registrato un aumento delle vendite del 10% proprio in seguito all’implementazione dell’Intelligenza Artificiale;
  • Un recente report di The Boston Consulting Group e MIT Sloan Management Review dimostra che la riduzione della forza lavoro è temuta solo da meno della metà dei manager, convinti invece delle potenzialità, in quanto l’85% degli interpellati pensa che permetterà alle aziende di guadagnare e mantenere un vantaggio competitivo;
  • Una nuova ricerca di Accenture, intitolata “Reworking the Revolution: Are you ready to compete as intelligent technology meets human ingenuity to create the future workforce”, stima che i ricavi delle imprese potrebbero crescere del 38% entro il 2020, a patto che investano sull’Intelligenza Artificiale e su un’efficace cooperazione uomo-macchina.

Nonostante tutto, gli economisti si interrogano da tempo su quali strumenti attivare per impedire che l’evoluzione della società verso un’economia a sempre minore intensità di lavoro non si traduca in un impoverimento della popolazione; situazione che richiederebbe una probabile “redistribuzione” della ricchezza considerando che la maggior parte di questa verrà prodotta dalle macchine.

Alle tematiche sociali, si affiancano questioni etiche sullo sviluppo e sull’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale e delle nuove tecnologie. Ci si interroga da tempo sul “potere degli algoritmi” e dei big data, domandandosi se questi segneranno la superiorità del cervello delle macchine su quello dell’uomo. I timori, alimentati da noti personaggi di spicco come Stephen Hawking ed Elon Musk, possono apparire eccessivi ma sottovalutare gli impatti dell’Intelligenza Artificiale potrebbe rappresentare il rischio numero uno. << Forse, con strumenti nuovi, riusciremo anche a rimediare a tutti i danni che stiamo provocando alla natura, e magari saremo anche in grado di trovare soluzioni definitive a povertà e malattie. Ma… è anche possibile che con la distruzione di milioni di posti di lavoro venga distrutta la nostra economia e la nostra società >>, queste le parole di Stephen Hawking, che continua poi dicendo: << L’intelligenza artificiale potrebbe essere il peggior evento della storia della nostra civiltà. Porta con sé pericoli, come potenti armi automatiche, nucleari o biologiche, addirittura abilita nuovi modi per permettere a pochi individui ed organizzazioni di opprimere e controllare moltitudini di uomini e cose. Dobbiamo prepararci a gestirla per evitare che questi potenziali rischi prendano forma e diventino realtà >>.

Sono sicuramente parole che possono spaventare, oltretutto se dette da un grande come Stephen Hawking, ma allo stesso tempo, se lette e ascoltate attentamente, ci appaiono come parole di speranza. Sicuramente l’IA potrebbe essere pericolosa e addirittura dannosa per l’uomo stesso, tuttavia, se imparassimo a gestirla e sfruttarla in modo cosciente e intelligente, probabilmente potremmo assistere alla più grande svolta tecnologica della storia dell’umanità.

La comunità scientifica internazionale sta infatti lavorando da tempo alla cosiddetta superintelligenza (concetto non poi così fantascientifico, e di cui parleremo nei prossimi appuntamenti), ovvero la creazione di una IA capace di replicare completamente l’intelligenza umana; tuttavia, i rischi sono elevatissimi, soprattutto se a portare avanti la ricerca sono poche aziende in grado di dedicare ingenti risorse (economiche e di competenze) ai progetti più innovativi.

Decentralizzare l’intelligenza artificiale, rendendola progettabile, programmabile e controllabile da una rete internazionale estesa (attraverso la programmazione open source), è l’approccio sicuramente più sicuro per creare non solo la superintelligenza, ma anche democratizzare le intelligenze artificiali - riducendo i rischi di incorrere in situazioni di monopolio e quindi risolvendo problemi etici e di sicurezza.

Oggi, una delle preoccupazioni maggiori in tema di intelligenza artificiale riguarda proprio l’utilizzo dei dati e come questi, insieme alle informazioni, vengono sfruttati dall’AI per giungere a determinate decisioni e/o compiere azioni specifiche. La mente umana, specie quando si tratta di Deep Learning, non è in grado di interpretare i passaggi compiuti da una intelligenza artificiale attraverso una rete neurale profonda e deve pertanto “fidarsi” del risultato raggiunto da una AI senza capire (e sapere) come è giunta a tale conclusione.

In questo scenario, la blockchain sembra essere la risposta più rassicurante: l’uso della tecnologia blockchain consente registrazioni immutabili di tutti i dati, di tutte le variabili e di tutti i processi utilizzati dalle intelligenze artificiali per arrivare alle loro conclusioni/decisioni. Ed è esattamente ciò che serve per controllare in modo semplice l’intero processo decisionale dell’AI, evitando quindi di rimanerne all’oscuro. In più, tutto questo consente di modificare e programmare l’IA così da farle prendere certe decisioni in determinate situazioni.

A cura di Stefano Cavallari

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