L'inizio del secolo asiatico?

Il RCEP sconvolgerà le relazioni commerciali del mondo

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  Redazione
  09 dicembre 2020
  4 minuti, 8 secondi

A cura di Lorenzo Bonaguro

Il 15 novembre i Paesi dell’Association of the South East Asian Nations (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam) insieme a Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda hanno firmato il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), l’accordo di libero scambio più grande della storia. All’interno del RCEP è compreso un terzo della popolazione, quasi il 30% del PIL e il 24% del commercio mondiale. In questi Paesi si produce metà delle manifatture globali, nonché il 70% dell’industria elettronica. Il potenziale di questa nuova area di libero scambio è enorme: le previsioni più accreditate parlano di un aumento del PIL di 209 miliardi e del commercio di 500 mld entro il 2030. Un altro aspetto fondamentale sono gli investimenti: i Paesi firmatari ricevono circa un quarto degli investimenti esteri diretti del pianeta. Tutto ciò fa dell’Asia-Pacifico una delle regioni più economicamente dinamiche in termini relativi e assoluti.

Se le ratifiche procederanno senza ostacoli, il RCEP entrerà in vigore nel giro di due anni. L’obiettivo è la progressiva riduzione del 85-90% delle tariffe interne all’area. Mancano però alcuni importanti aspetti: il settore agricolo è completamente assente, mentre i servizi coinvolti sono ben pochi. Del tutto assenti sono anche gli standard qualitativi comuni e la tutela dei diritti dei lavoratori e dell'ambiente. L’intesa invece è stata raggiunta sulle regole in materia di origine della merce. L’assenza di misure standard condivise rispecchia il differente livello di sviluppo dei Paesi coinvolti: da potenze economiche come Cina e Giappone, a Paesi in via di sviluppo come la Cambogia e il Laos. Il RCEP va a semplificare notevolmente le relazioni commerciali della regione dove sono in vigore al momento 27 free trade agreements e 44 accordi bilaterali d’investimento.

"Under the current global circumstances, the fact that RCEP has been signed after 8 years of negotiations brings a ray of light and hope amid the clouds"


- Li Keqiang, premier cinese.

L’accordo, le cui trattative sono durate otto anni, è stato firmato ad Hanoi nel mezzo di un incontro dei Paesi dell’ASEAN cui hanno partecipato gli Stati esterni. Per questo motivo il RCEP deve essere visto come un successo dell’Associazione e non, come dicono molti osservatorin solamente un ulteriore passo della Cina verso l’egemonia regionale. Certo, un accordo del genere è negli interessi di Pechino da tempo, si veda il Master Plan on ASEAN Connectivity 2025, e l’ASEAN è diventata il primo partner, superando l’UE. L’accordo permetterà alla Cina di dettare gli standard tecnologici dei prossimi decenni, ma al tempo stesso Australia, Giappone e Corea potranno costruire le economie di scala regionali che auspicano da tempo per uscire dalla stagnazione, mentre l’Indocina sarà destinataria di ancora maggiori investimenti, che spingeranno ancora più in alto la crescita economica, già una delle migliori al mondo. Più che una vittoria di Pechino, questa è una vittoria del multilateralismo.

"Chinese leaders used that vacuum [assenza degli USA] to portray Beijing as the reliable partner of choice for economic growth, trade, and investment"


- Wendy Cutler, US Deputy for Trade

Una cosa è certa: gli Stati Uniti hanno perso un’occasione importante per influenzare l’Asia e ridefinire le regole del commercio mondiale. Il Asia Pivot obamiano è fallito. Il TTP è fallito, come anche la sua versione ridotta promossa da Shinzo Abe, il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP). Tutti gli alleati nella regione sono firmatari. L’intera politica americana in questo settore è stata fallimentare. D’ora in avanti l’Asia-Pacifico detterà le regole del commercio internazionale. Biden dovrà raccogliere i cocci lasciati dall’amministrazione Trump, ma sarà una strada in salita quella da fare per recuperare tutto il tempo perduto. Una nota positiva per Washington è l’assenza dell’India. Questa decisione è dovuta alla paura che il mercato fosse invaso da merci cinesi a basso costo - la bilancia commerciale fra i due Paesi è molto negativa per Nuova Delhi - e dal diffuso nazionalismo alimentato dal premier Modi. A peggiorare i rapporti sono state le tensioni di confine di questa estate. Non è da escludere che in un prossimo futuro il secondo colosso asiatico decida di aderire all’accordo.

L’Unione Europea è chiamata a cogliere l’occasione e ripensare radicalmente la propria politica commerciale nei confronti della regione. Il RCEP non pone condizioni di tutele ambientali o di rispetto di diritti umani, al contrario dei trattati cui partecipa Bruxelles. Nonostante il recente successo del FTA con il Vietnam, se il RCEP porterà i risultati che molti si aspettano, l’UE potrebbe essere costretta a rivedere al ribasso i propri standard per continuare a espandere le relazioni commerciali con il mercato asiatico.



Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.assolombarda.it/se...

https://www.ispionline.it/it/p...

https://www.limesonline.com/ru...

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