Le discriminazioni nei confronti delle persone transgender nello sport

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  Redazione
  05 aprile 2021
  5 minuti, 55 secondi

La c.d. “Carta Olimpica”, ovvero la codificazione dei principi fondamentali dello sport adottata dal Comitato Olimpico Internazionale nel luglio 2020[1], sancisce, al punto 4, che “the practice of sport is a human right”, tutelato e garantito contro ogni forma di discriminazione, che sia essa basata sulla razza, colore di pelle, sesso, orientamento sessuale, lingua, religione, opinioni politiche, ecc.

Eppure, recentemente si sono registrati alcuni episodi, relativi allo svolgimento di attività sportivo – agonistiche da parte di persone transgender, che si inseriscono in una zona quasi al limite della discriminazione.

Il disappunto più rilevante si registra in ordine a un aspetto particolare, riferito, nello specifico, alle competizioni femminili: la superiorità fisica, scaturente dalla natura biologica del sesso maschile, comporterebbe che la persona si troverebbe, quindi, a gareggiare con altre atlete in una posizione di vantaggio fisico.

Sul punto, il Comitato Olimpico Internazionale, nel 2016, ha ammesso la possibilità per le persone transgender di gareggiare a seconda del genere in cui meglio si identifichino, imponendo, però, dei rigidi controlli dei livelli di testosterone: in particolare, si potrà gareggiare nelle competizioni femminili se, per un periodo di un anno, i livelli di testosterone non eccedano i 10 nanomoli per litro[2]; fermo restando il divieto di ulteriori modificazioni di sesso per un periodo di 4 anni.

Giova precisare che tali limiti, a volte anche più stringenti, sono imposti anche nei casi di donne intersessuali, vale a dire coloro che, per connaturata predisposizione genetica, producono una maggiore quantità di testosterone; in questi casi, infatti, il livello di testosterone consentito è di 5 nanomoli per litro[3].

Il caso più celebre è quello di Caster Semenya, la campionessa olimpica sudafricana, spesso criticata per il suo aspetto eccessivamente mascolino, dovuto ad una sovra-produzione di testosterone; l’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera (IAAF) le aveva imposto delle cure farmacologiche per ridurre il livello di testosterone, ma la Semenya reputò tale imposizione come fortemente discriminatoria e fece ricorso al Tribunale Arbitrale Sportivo di Losanna, il quale, però, rigettò il ricorso[4]. La questione arrivò al vaglio del Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite che, nel marzo 2019, espresse le proprie preoccupazioni in merito alle regolamentazioni di natura discriminatoria che impongano terapie farmacologiche alle atlete che presentino differenze nella produzione dei livelli di testosterone[5].

Tali previsioni non si applicano, però, nei casi inversi, ossia nelle ipotesi di transizione da uomo a donna: in tutti questi casi, secondo il CIO, non sarebbe necessario imporre standard biologici in quanto l’uomo conserverebbe le caratteristiche fisiche proprie del suo genere di appartenenza[6].

Se, da un lato, le perplessità registrate in ordine alla partecipazione di atlete transgender nelle competizioni femminili appaiono comprensibili, è da rilevare, però, che in non tutte le discipline sportive la superiorità fisica risulta essere un vantaggio: si pensi, ad esempio, il ciclismo in cui, nei tratti in salita, è più conveniente avere una corporatura più esile e più leggera.

Inoltre, si consideri che, in materia olimpica, i record registrati nelle competizioni di atletica leggera presentano delle differenze a seconda che l’atleta sia uomo o donna: nella disciplina del salto in alto, in via esemplificativa, il record femminile è di 2.09m (registrato da Stefka Kostadinova nel 1987), mentre quello maschile è di 2,45m (registrato da Javier Sotomayor nel 1993)[7]; trattasi, evidentemente, di risultati ottenuti al massimo della prestazione fisica, in cui si registra, comunque, una certa disparità dovuta, probabilmente, alla differenza fisica.

Vi è, però, da precisare che, secondo i più recenti studi scientifici, le terapie ormonali, cui le persone transgender si sottopongono al fine di operare la transizione dal genere attribuito alla nascita verso quello di effettiva appartenenza, incidono anche sulla densità ossea e sulla massa muscolare, modificandole[8].

Da un punto di vista legislativo, l’approccio degli Stati in materia è duplice.

Negli Stati Uniti, ad esempio, le regole variano di Stato in Stato: se in Massachussets è consentito, a prescindere dall’identità di genere, allenarsi in tutti i campi sportivi, così non è in Idaho, laddove vige una legge statale che vieta alle squadre femminili di assumere ragazze transgender; in tutte queste ipotesi, l’atleta potrà gareggiare in base al sesso risultante dal certificato di nascita[9].

In Spagna, è di questi giorni la notizia di una proposta, avanzata dalla Ministra per le Pari Opportunità Irene Montero, di aprire le pratiche e le competizioni sportive alle donne transgender, senza imporre alcun vincolo di verifica di genere[10]; la proposta ha visto la dura opposizione dei movimenti femministi, che temono che tale apertura possa incentivare le discriminazioni a danno delle donne nello sport, già di per sé sottorappresentate.

In Italia, nel 2019 Valentina Petrillo è stata la prima atleta transgender italiana a partecipare ai campionati italiani paralimpici di atletica leggera di Jesolo, vincendo 3 medaglie d’oro[11]; la sua posizione era stata ritenuta regolare e in linea con le previsioni del CIO, in quanto i suoi livelli di testosterone si attestavano al di sotto della soglia dei 10 nanomoli[12].

In realtà, a prescindere dai dubbi leciti o meno sollevati in materia, ciò che è di assoluta importanza è la necessità di garantire alle persone transgender pari diritti e pari opportunità di accesso alle competizioni sportive, da limitarsi, eventualmente, sulla base di regole previste e adottate dalle Autorità competenti e al sol fine di rendere la competizione equa, ed evitare, quindi, l’adozione di comportamenti o previsioni ostruzionistiche e puramente discriminatorie a danno degli atleti transgender.

A cura di Simona Maria Destro Castaniti

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Fonti:

[1]Olympic Charter, luglio 2020 (https://stillmedab.olympic.org/media/Document%20Library/OlympicOrg/General/EN-Olympic-Charter.pdf#_ga=2.222360798.477239318.1616428018-1081999978.1616259987);

[2] Montrella S., “La battaglia dei transgender per competere nello sport”, settembre 2020 (https://www.agi.it/estero/news/2020-09-19/usa-ginsburg-diritti-lgtb-transgender-sport-9703174/);

[3] Torbidoni G., “In Spagna le trans potrebbero presto competere nello sport nella categoria del genere registrato”, febbraio 2021(https://europa.today.it/attualita/spagna-sport-genere-registrato.html);

[4] Caruso A., “E’ giusto che le atlete trans gareggino nelle competizioni femminili?”, luglio 2019 (https://thevision.com/attualita/atleti-trans-competizioni/); Il Post, “L’atleta sudafricana Caster Semenya dovrà ridurre il proprio tasso di testosterone per gareggiare”, settembre 2020 (https://www.ilpost.it/2020/09/08/caster-semenya-perso-ricorso-testosterone/);

[5] UN General Assembly, Human Rights Council, A/HRC/40/L.10/Rev.1, 20 marzo 2019 (https://undocs.org/A/HRC/40/L.10/Rev.1);

[6] Torbidoni G., “In Spagna le trans potrebbero presto competere nello sport nella categoria del genere registrato”, febbraio 2021(https://europa.today.it/attualita/spagna-sport-genere-registrato.html);

[7] https://www.worldathletics.org/records/by-discipline/jumps/high-jump/outdoor/men; https://www.worldathletics.org/records/by-discipline/jumps/high-jump/outdoor/women

[8] Caruso A., “E’ giusto che le atlete trans gareggino nelle competizioni femminili?”, luglio 2019 (https://thevision.com/attualita/atleti-trans-competizioni/);

[9] Montrella S., “La battaglia dei transgender per competere nello sport”, settembre 2020 (https://www.agi.it/estero/news/2020-09-19/usa-ginsburg-diritti-lgtb-transgender-sport-9703174/);

[10] Torbidoni G., “In Spagna le trans potrebbero presto competere nello sport nella categoria del genere registrato”, febbraio 2021(https://europa.today.it/attualita/spagna-sport-genere-registrato.html);

[11] Montrella S., “La battaglia dei transgender per competere nello sport”, settembre 2020 (https://www.agi.it/estero/news/2020-09-19/usa-ginsburg-diritti-lgtb-transgender-sport-9703174/);

[12] La Gazzetta dello Sport, “Paralimpici: Valentina Petrillo. È lei la prima transgender ammessa a gara ufficiale tra le donne”, settembre 2020, (https://www.gazzetta.it/Paralimpici/09-09-2020/paralimpici-valentina-petrillo-prima-transgender-ammessa-gara-ufficiale-le-donne-3801817096851.shtml);

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