L'Africa Tour di Blinken: una nuova fase della politica estera USA nel continente?

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  Giulio Ciofini
  05 febbraio 2023
  5 minuti, 12 secondi

Il mese scorso il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken ha annunciato e intrapreso un tour nel continente africano visitando per la prima volta Kenya, Nigeria e Senegal. L’agenda statunitense in Africa, non solo per il particolare e complesso periodo dovuto allo scoppio della pandemia di COVID-19 ma anche per le molteplici evoluzioni geopolitiche avvenute negli ultimi anni nel continente, necessitava secondo i vertici di un rinnovamento e soprattutto di ribadire la presenza attiva e in certi versi salvifica degli USA; una posizione storicamente che abbiamo già visto nell’epoca moderna. Prima però di fornire un’analisi sui risultati, e in qualche modo sul significato del tour africano del Segretario di Stato, è necessario prendere in esame da una parte i punti salienti dell’agenda statunitense e dall’altra quali crisi e criticità sta attraversando il continente.

Partiamo innanzitutto proprio dal messaggio rilasciato al termine della settimana spesa in Africa da Antony Blinken per la NPR: “Ritengo che l’Africa sarà fondamentale per il futuro, non solo per quello del popolo africano ma del mondo stesso. Questo è il motivo per cui sono stato qui questa settimana a visitare tre Paesi democratici, traini per lo sviluppo economico, il cambiamento climatico e motori dell’innovazione”. Concluse le visite in Africa, possiamo concentrare i punti salienti di quella che possiamo definire Agenda Blinken in quattro tematiche cruciali: i rapporti commerciali, ovviamente la lotta alla pandemia, i cambiamenti climatici con le relative conseguenze sul continente e infine soprattutto la promozione della democrazia che, stando alle parole del Segretario di Stato statunitense, rimane ancora oggi il più importante strumento necessario alla stabilità e al progresso dello Stato.

Per quanto riguarda il primo punto, i rapporti commerciali, è stata posta l’attenzione non solo sullo sviluppo economico ma anche su tematiche come la crescita infrastrutturale e il rinvigorimento di settori chiave ancora non propriamente sfruttati nell’ambito dei rapporti bilaterali. Il valore dell’Africa nel bilancio del commercio estero statunitense ammonta al momento a meno del 2% del totale, una cifra che certamente indebolisce la portata solenne delle parole del Segretario di Stato statunitense che abbiamo riportato poco sopra. Si tratta di aspetti che in questo senso offrono un facile richiamo alla concorrenza politica ed economica nel continente, in primis quella cinese, ma alla quale possiamo affiancare Paesi estremamente attivi, come Russia e in particolare Turchia. Pur infatti ribadendo che la politica estera statunitense in Africa non riguarda la competizione con la Cina, lo stesso Blinken non ha esitato a offrire una leggera stoccata ai modelli di cooperazione degli altri Paesi, sostenendo che troppo spesso in questi anni gli accordi infrastrutturali internazionali non hanno tenuto conto delle esigenze economiche, sociali, politiche e anche ambientali dei singoli Paesi; ovviamente l’assicurazione è quella che gli Stati Uniti stiano operando e opererebbero in futuro in maniera completamente opposta.

Sulla situazione della pandemia da Covid-19, invece, Blinken ha voluto sottolineare come la lotta alla diffusione del virus sia una priorità per gli Stati Uniti. Dopotutto Washington è tra i tre più importanti contributori della COVAX, l’iniziativa messa in piedi dall’OMS, assieme all’Unione Europea e alla Cina. Per promuovere la cooperazione in tal senso è stata anche annunciata la Global Covid Corps, un’iniziativa creata per far fronte alle necessità logistiche per quanto riguarda la consegna dei vaccini.

Ad ogni modo, è sulle questioni sociopolitiche che abbiamo registrato un vero e proprio cambio di marcia, specie se rapportato al dialogo con la precedente amministrazione Trump. Blinken ha voluto ancora una volta, durante le sue tre visite, porre l’attenzione sulla necessità della presenza di istituzioni democratiche e di come gli Stati Uniti si aspettano risultati da nazioni come la Nigeria sui fronti della corruzione, del rispetto dei diritti umani e sulla lotta contro i gruppi estremisti. Discorsi che sicuramente risuonano in modo significativo se osserviamo lo stato del continente. Negli ultimi anni si sono verificati un alto numero di colpi di Stato come non succedeva da decenni ormai, basti pensare alla situazione in cui versano Stati come la Guinea, il Mali, il Sudan e ovviamente l’Etiopia. Ci sono stati esempi contrari, come le transizioni democratiche in Zambia e in Niger, ma il trend africano è decisamente rivolto al lato opposto della medaglia, quello di una sempre maggiore emergenza di gruppi estremisti militari e autoritari.

Non è certamente un caso che gli Stati Uniti abbiano deciso di spendersi in maniera così attiva per rilanciare il proprio ruolo in Africa. Nel continente infatti la competizione è ormai diventata forte e possiamo dire con una certa sicurezza che ormai da tempo il ruolo di Pechino è diventato di primo piano, basti pensare che è già dal 2009 che la Cina ha sostituito Washington come primo Paese per scambi commerciali in Africa. Il tour di Blinken in Africa pare dunque confermare la volontà dell’amministrazione Biden di voler investire maggiormente da un punto di vista del coinvolgimento sia politico che economico, ma ancora non è del tutto chiaro quali potranno essere gli strumenti con cui si intende farlo. In questa direzione il richiamo all’importanza della democrazia è sembrato quasi un monito sia nei confronti dei Paesi visitati, Nigeria, Kenya e Senegal, prossimi alle elezioni negli anni a venire, ma anche e forse soprattutto nei confronti dei Paesi vicini, come il Sudan e l’Etiopia, che stanno affrontando le crisi più profonde del continente. Dall’altro lato però dobbiamo anche sottolineare come Blinken non abbia mai citato direttamente i competitor sul continente, come Russia, Cina o Turchia, ma si sia limitato a sottolineare l’urgenza di una cooperazione tra Stati Uniti e Paesi africani, basata su interessi comuni. Non è pertanto una sorpresa la reazione non particolarmente calda dei vertici e dell’opinione pubblica africana verso questo Africa Tour di novembre; nonostante da una parte vi sia soddisfazione per il cambio di registro avvenuto rispetto alla precedente amministrazione, dall’altra non è ancora chiaro come e se questo cambio di rotta avverrà nel prossimo futuro.

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L'Autore

Giulio Ciofini

Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna
Master ISPI in International Cooperation

Autore, Framing The World, Mondo Internazionale

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Africa-USA