La strategia internazionale di Ankara: tra diplomazia e hard power

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  Michele Magistretti
  11 novembre 2021
  3 minuti, 24 secondi

La Turchia prosegue il proprio cammino di proiezione internazionale, cementando vecchie alleanze e affrontando momenti di tensione con i vecchi alleati. Fiaccata dalla crisi economica, Ankara prova a perseguire i propri disegni di egemonia regionale spaziando da impegni militari e diplomatici nel continente africano fino ad arrivare alle steppe centro-asiatiche, passando per Balcani ed il Medio Oriente.

Vediamo quindi come si è sviluppata l’azione interazionale di Ankara e le incognite a cui va incontro la potenza anatolica.

La “diplomazia della difesa” tra successi e tensioni

Dopo aver mostrato le potenzialità dei droni Bayraktar TB2, Ankara ha ottenuto un notevole riconoscimento per le capacità mostrate da questi suoi asset nei vari conflitti regionali in cui sono stati dispiegati, principalmente in Libia e nel Caucaso. È iniziato così una copiosa opera di promozione internazionale dei famigerati droni militari turchi. Numerosi paesi hanno fatto richiesta di questi strumenti militari, l’ultimo della lista è il Khirghistan. Ma Ankara continua sulla strada di un maggior impegno anche in terra africana. Recentemente il parlamento ha approvato l’estensione dello stanziamento di militari in Mali e nella Repubblica Centrafricana, nell’ambito di due missioni delle Nazioni Unite. La Turchia ha boots on the ground anche in Somalia e ha stretto numerosi accordi nel settore della difesa con diversi stati, tra i quali vi sono la Tanzania, l’Uganda e la Costa d’Avorio.

Sempre riguardo il settore della difesa, Ankara affronta un periodo burrascoso con l’alleato americano. A fine settembre Washington ha reso definitiva l’espulsione della Turchia dal programma degli F-35. Attualmente i governi stanno portando avanti consultazioni a vari livelli riguardo l’eventuale vendita di F-15 come compensazione da parte americana. Rimane ancora irrisolto il nodo della discordia relativo al sistema anti-missilistico russo comprato da Ankara, la quale non ha ancora ritrattato ufficialmente l’intenzione di comprarne un secondo lotto.

Nuove opportunità e nuove avventure militari ?

Dopo aver sostenuto Azerbaigian nel conflitto contro l’Armenia, Ankara e Yerevan sembrano muovere i primi passi verso il miglioramento delle relazioni. L’apertura del confine e alcuni progetti ferroviari potrebbero beneficiare entrambe le parti. Rimane comunque una strada irta di ostacoli dati gli interessi in gioco per Baku e Mosca, che potrebbero preferire lo status quo.

Nei Balcani, Ankara si sta muovendo per promuovere l’allentamento delle tensioni, in Bosnia ed Erzegovina tra le varie componenti etniche del Paese. Nell’arco di pochi giorni il presidente turco ha incontrato il leader del principale partito bosgnacco, Bakir Izetbegović, e il membro serbo della presidenza, Milorad Dodik. Da molti anni ormai Erdogan promuove la Turchia come il difensore dei musulmani balcanici ed europei.

Da alcuni mesi la provincia siriana di Idlib, l’ultima sacca di resistenza al regime di Assad nel nord-ovest del Paese, vive momenti di tensione al suo interno. Il territorio è controllato da una miscela magmatica e fluida di signori della guerra e vari gruppi jihadisti. Ankara controlla indirettamente la provincia tramite sia una presenza militare diretta sia un esercito mercenario di stampo neofeudale che raggruppa varie milizie ostili al regime siriano. Negli ultimi tempi, la pressione russo-siriana su questa zona cuscinetto è aumentata e parallelamente sono continuati gli attacchi delle forze curde nei confronti delle unità turche. La dirigenza turca sembra si stia apprestando a condurre una nuova offensiva per debellare la presenza curda a Kobane, volendo così completare la fascia di sicurezza lungo il confine meridionale. Il parlamento turco ha ormai approvato la proroga per le operazioni transfrontaliere per un periodo di due anni. Questa volta però senza l’appoggio delle opposizioni che si sono scagliate contro il presidente accusandolo di voler deviare l’attenzione dei cittadini dalle pessime performance economiche degli ultimi mesi, giocando la carta securitaria contro il nemico esterno, i curdi siriani.

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Michele Magistretti

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