La strategia egiziana: tra Medio Oriente e Africa

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  Michele Magistretti
  31 maggio 2021
  4 minuti, 21 secondi

Due eventi hanno portato l’Egitto a ricalibrare la propria politica estera: il vertice di Al-Ula di gennaio ed il recente conflitto tra Israele e Hamas che ha portato alla ribalta la questione israelo-palestinese. In particolare, il secondo evento è stato il primo stress test per la tenuta degli Accordi di Abramo e un incentivo per Il Cairo verso un nuovo protagonismo regionale. Ma gli eredi dei faraoni hanno uno sguardo rivolto anche a sud della propria frontiera, con un’attenzione particolare alle sorti del grande bacino fluviale del Nilo.

Vediamo dunque quali sono state le recenti azioni politiche dell’Egitto, una media potenza regionale che si trova impegnata in numerosi fronti caldi, sia in Africa sia in Medio Oriente.

Un nuovo ruolo da stabilizzatore regionale?

Con la svolta di Al-Ula anche l’Egitto ha dovuto riformulare in parte la propria politica estera, per convenienza più che per convinzione. Sicuramente la vittoria del democratico Biden ha destato qualche preoccupazione nei circoli di potere vicino al presidente Al-Sisi. Durante la campagna elettorale, il candidato dell’asinello aveva espresso diversi moniti al regime riguardo lo scarso rispetto dei diritti umani. Questi timori uniti alla montante crisi economica e sociale hanno suggerito alle élite egiziane un nuovo approccio con il Qatar e l’apertura del dialogo con Ankara, mettendo da parte la contrapposizione ideologica e facendo spazio ad un cauto pragmatismo.

Nel corso degli ultimi mesi le relazioni sono migliorate in particolare con il piccolo emirato, mentre faticano a vedersi sostanziali miglioramenti con l’antico avversario turco.

Ma la grande occasione di rivalsa egiziana è stato il conflitto scoppiato tra Israele e Hamas. Il Cairo si è offerto come figura mediatrice tra le parti, a fronte delle buone relazioni con lo stato ebraico e dei propri contatti con Hamas. A differenza di altre potenze sunnite, come la Turchia, il Cairo non ha voluto infiammare gli animi e alimentare la polemica politica. Al contrario, anche per guadagnare consensi a Washington, si è speso direttamente per la mediazione della tregua. Inoltre, per bilanciare la posizione filo-israeliana governativa e il sentimento pro-palestinese della popolazione, ha offerto aiuti per mezzo miliardo nella ricostruzione di Gaza e ha permesso l’accesso ai propri ospedali ai feriti palestinesi.

Gli sforzi profusi nella soluzione diplomatica del conflitto hanno fruttato le congratulazioni del presidente americano. Inoltre, il presidente egiziano, durante il recente l’incontro con il Segretario di Stato Blinken, ha ribadito il sostegno del proprio paese al ritiro di tutti i mercenari presenti sul suolo libico, nel tentativo di promuovere l’immagine di attore stabilizzatore votato alla soluzione pacifica della controversie e le tensioni che attraversano la regione.

Il Grande Gioco del Nilo

Nel corso dei millenni il grande fiume è stato il fulcro della vita economica e politica del Paese, dalla civiltà egizia al moderno Egitto. Per il paese arabo il Nilo è un fattore di rilevanza strategica, della cui tutela ne fa una questione di sicurezza nazionale. Attualmente, le acque del fiume contribuiscono a soddisfare la quasi totalità del fabbisogno idrico del Paese. Inoltre, il settore agricolo sviluppato nel suo delta, che vale quasi il 15% del PIL, dipende totalmente dal fiume.

Nel corso della storia, qualsiasi plausibile mutazione del corso del fiume ha impensierito ed incontrato la ferma opposizione dei governanti egiziani. Sadat arrivò a minacciare il bombardamento di qualsiasi infrastruttura idrica che avrebbe tentato di deviare o manipolare il corso del fiume, mentre Mubarak reagì ferocemente quando il Sudan propose dei cambiamenti riguardo un vecchio accordo tra i due paesi.

Le tensioni sono tornate a salire quando nel 2009 l’Etiopia ha deciso di costruire una grande diga, che avrebbe pesantemente modificato le disponibilità idriche a valle. Negli ultimi mesi, una volta completata la costruzione, è iniziato il processo di riempimento. Fino a questo momento, a nulla sono valsi i tentativi di mediazione tra i paesi della regione, l’Etiopia desidera continuare senza trovare un accordo. Alla luce dell’indisponibilità etiope e del rischio vitale a cui va incontro, l’Egitto ha iniziato un cammino di costruzione di un’alleanza regionale per contrastare ed isolare il rivale.

Nel 2021, il Cairo ha intensificato i rapporti con la maggior parte dei paesi del bacino fluviale del Nilo. In poco tempo ha stretto accordi militari e di difesa con Sudan, Uganda, Burundi e Kenya. In questo modo l’Egitto tenta di aumentare la pressione su Adis Abeba creando una cintura di alleanze volte a circondare l’avversario. Inoltre, in tale ottica di confronto, a fine maggio Egitto e Sudan terranno una nuova esercitazione militare congiunta dal nome Protettori del Nilo, una dimostrazione di forza indirizzata all’Etiopia.

Recentemente, il presidente Al-Sisi si è recato in Gibuti, con l’intento di intensificare la cooperazione con il piccolo ma strategico paese che si affaccia sullo stretto di Bab el-Mandeb. Anche questo viaggio è da comprendere all’interno della corsa diplomatica che il paese arabo sta intraprendendo nel tentativo di isolare il rivale etiopico e contrastare l’influenza turca nel Corno d’Africa.

Fonti consultate per questo articolo:

https://www.axios.com/gaza-con...

https://www.bloomberg.com/news...

https://www.middleeastmonitor....

https://unsplash.com/it/foto/a...



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Michele Magistretti

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Egitto