La presenza della schiavitù moderna in Brasile

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  Redazione
  13 aprile 2021
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Il 28 gennaio in Brasile si celebra la lotta contro la schiavitù moderna, un crimine che colpisce tragicamente il Paese. Dal 1995, anno in cui il Brasile ha riconosciuto ufficialmente l’esistenza di questo problema, fino ad oggi, sono stati salvati da una condizione di schiavitù circa 60mila lavoratori. In particolare, le condizioni di lavoro in tale Stato sono ancora oggi troppo spesso indecorose a livello umanitario, infatti solo nel 2019 il Segretariato per l’ispezione del lavoro (Sit) del Governo Federale ha stimato che 1054 lavoratori brasiliani si trovassero in uno stato di schiavitù lavorativa. Sebbene il numero si sia dimezzato rispetto agli anni precedenti, questa rimane una cifra sconcertante e problematica.

Ancora oggi quindi sono molte le persone vittime di questa situazione di “lavoro schiavo”. Questo concetto viene spiegato dal codice penale brasiliano come una tipologia di situazione lavorativa che, a causa delle proprie condizioni, rientra in quella definizione di schiavitù intesa come pratica che limita e annulla i fondamentali diritti dell’uomo. Tra i presupposti per rientrare in una situazione di "lavoro schiavo" si trovano delle condizioni di lavoro degradanti, un orario di lavoro eccessivo, un contesto di lavoro forzato. Rientrano anche quelle condizioni in cui la libertà dei lavoratori è limitata a causa di un debito che possono avere nei confronti dei loro datori di lavoro, o dall’isolamento, o ancora dall’impossibilità di scappare a causa del furto dei loro documenti personali e dal mantenimento di una sorveglianza minacciosa.

Questo fenomeno si sta inoltre espandendo sempre di più su scala geografica: solitamente la schiavitù moderna è sempre stata legata al settore agricolo (per esempio piantagioni di cotone o di caffè) e quindi alle parti più periferiche del Paese, nelle campagne in particolar modo. Negli ultimi anni sta invece penetrando all’interno delle città, in settori dove prima non esisteva, come quello dell’edilizia e dell’abbigliamento. In entrambe le situazioni, persone provenienti da contesti di estrema povertà vengono attirate con promesse di lavori ben retribuiti per aiutare o mantenere la famiglia e con la speranza di un futuro migliore: promesse poi che si rivelano sempre delle trappole.

Tra i luoghi principali da citare per questa problematica, rientra sicuramente la città di Açailandia, uno dei centri più grandi di smistamento di lavoratori ridotti a schiavi, che si trova vicino alle frontiere del Maranhão, ovvero il più grande mercato illegale di manodopera schiavizzata. Anche il Pará, uno Stato situato nel Nord del Brasile che ospita il Parco Nazionale dell'Amazzonia e comprende una grande parte della Foresta Amazzonica, è conosciuto per essere tragicamente teatro di questa schiavitù moderna, che agisce qui come una realtà abituale.

La storia di Madalena Gordiano, donna brasiliana di 46 anni, rappresenta a pieno le atrocità di questa schiavitù moderna. La donna in questione è stata infatti tenuta in schiavitù per 38 lunghissimi anni da una ricca famiglia di Minas Gerais (stato nel sud-est del Brasile), i Milagres Rigueira.

Proveniente da una numerosa famiglia che viveva in condizioni di povertà, Madalena all'età di 8 anni, affamata, vagava per le strade del suo quartiere alla ricerca di cibo. Fu in uno di questi vagabondaggi che bussò alla porta della famiglia Rigueira per chiedere, appunto, del cibo. La matriarca di casa le offrì del pane e successivamente assicurò alla famiglia Gordiano che, se fossero stati d’accordo, avrebbero potuto prendersi cura e adottare la bambina. I Gordiano acconsentirono e così incominciò l’incubo di Madalena, costretta a lavorare in condizioni degradanti fin da subito. A 17 anni la obbligarono a sposare un parente ottantenne con una pensione cospicua, la quale però alla morte dell’anziano andò nelle mani della famiglia e non di Madalena. La giovane donna venne successivamente trasferita nella casa del figlio della matriarca, un professore universitario. In tutti questi anni Madalena fu rinchiusa in una piccola stanza senza finestre e riceveva una quantità di cibo sufficiente a tenerla in vita e a farla lavorare, ma per quanto riguarda tutti gli altri diritti fondamentali, le erano completamente negati. Madalena incominciò a lasciare dei bigliettini in giro nei negozi e sotto gli zerbini dei vicini in cui chiedeva delle piccole somme di denaro e dei prodotti igienici in prestito; fu proprio grazie ad una segnalazione di quest’ultimi alla polizia che la donna fu finalmente liberata e i suoi aguzzini incriminati. La famiglia rischia fino ad otto anni di carcere e al pagamento di una sanzione alla donna, regolata in base al trattamento e ai soldi a lei dovuti per tutto il periodo di prigionia.

La storia di Madalena non va dimenticata: senza documenti in regola o orari e paga adeguati, la donna aveva paura e non sapeva come denunciare la propria condizione di schiavitù lavorativa.

La chiave per attuare finalmente una svolta significativa e sradicare questo fenomeno è da ricercarsi nella prevenzione piuttosto che nella sola repressione; le autorità e gli attivisti brasiliani, che lottano quotidianamente contro la schiavitù, spiegano come sia fondamentale eliminare le situazioni di vulnerabilità in cui si trovano i lavoratori sfruttati, i quali denotano una mancanza di alternative e spingono le persone più in difficoltà anche ad accettare posizioni di "lavoro schiavo" e ad entrare in una sorta di circolo vizioso che le rende prigioniere.

A cura di Elisa Capitani

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Foto: raphael-nogueira-CErddu-JwKw-unsplash

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