Ultimo aggiornamento: 27 gennaio
Nelle ultime settimane la tensione tra Russia e Ucraina è andata progressivamente crescendo. Al graduale dispiegamento, da parte della Russia, di sempre più numerosi mezzi e soldati lungo il confine orientale dell’Ucraina – in corso dalla primavera del 2021, ma acceleratosi negli ultimi mesi dell’anno – ha fatto seguito, nel mese di dicembre, l’avanzamento di una richiesta di “garanzie di sicurezza” da parte del Cremlino, indirizzata all’alleanza atlantica. Intorno al 17 dicembre, infatti, il Ministero degli Esteri russo ha fatto pervenire agli Stati Uniti e alla NATO due bozze di trattato elencanti le condizioni richieste all’alleanza atlantica per l’allentamento della pressione sull’Ucraina e la de-escalation della crisi (generatasi – si badi – per effetto della minaccia di aggressione militare ai danni dell’Ucraina avanzata dalla stessa Russia).
Tra le condizioni imposte dalla Russia ci sarebbero: il divieto permanente di nuovi allargamenti della NATO, e più specificamente il divieto di adesione all’alleanza dell’Ucraina; il ritiro di contingenti e armi NATO dai Paesi divenuti membri dopo il 1997 (tra cui Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovacchia, Slovenia e i paesi baltici, che sono anche membri dell’UE); l’impegno a non svolgere esercitazioni militari in Europa orientale, Caucaso e Asia centrale senza previo avvertimento e accordo con la Russia.
È evidente che si tratta di condizioni pressoché inaccettabili per la NATO, perché presuppongono il ritorno alla logica delle sfere d’influenza superata con la fine della Guerra Fredda e la violazione dei principi giuridici su cui poggia, da allora, la sicurezza europea, codificati nell’Atto finale di Helsinki del 1975, nella Carta di Parigi per una Nuova Europa del 1990 e nel NATO-Russia Founding Act del 1997 – sottoscritti anche dalla Russia. Questo ha evidenziato l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, secondo il quale l’ambizione russa sarebbe proprio quella di sfidare l’ordine politico e di sicurezza emerso in Europa dopo la Guerra Fredda – oltre che di forzare un disaccoppiamento strategico tra Stati Uniti e Unione Europea, che la Russia ha ogni interesse a dipingere come irrilevante[1].
Le condizioni imposte dalla Russia e l’atteggiamento aggressivo dimostrato dal Paese nei confronti dell’Ucraina (e non solo, si pensi alla Georgia) violerebbero almeno tre fondamentali principi del diritto internazionale: innanzitutto, l’inviolabilità dei confini internazionalmente riconosciuti di ciascuno Stato e il rispetto della sua sovranità e integrità territoriale, ma anche l’astensione dall’uso della forza nella risoluzione delle controversie tra Stati e il diritto di ogni Paese, sancito proprio dalla Carta di Parigi, di decidere liberamente se aderire o meno ad alleanze e organizzazioni internazionali. “Le proposte della Russia riflettono l’intento delle autorità russe di cancellare le evoluzioni che hanno avuto luogo a partire dal 1990, a scapito dell’unità europea e in violazione dell’indipendenza e della sovranità degli ex Stati sovietici. Questo tipo di delimitazione delle sfere d’influenza non si addice al 2022”: è proprio questo, nelle parole dell’Alto Rappresentante Borrell, a rendere inaccettabili le “garanzie di sicurezza” richieste dalla Russia di Putin. L’inammissibilità del ritorno a una suddivisione dell’Europa in sfere d’influenza è stata ribadita anche dai Ministri degli Esteri dei Paesi membri, riunitisi nel Consiglio Affari Esteri il 24 gennaio, come riportato nelle conclusioni del Consiglio.
Nonostante la scarsa digeribilità, per i Paesi NATO, delle condizioni offerte dalla Russia (che sin dall’inizio ha lasciato presagire una certa indisponibilità al dialogo da parte russa), grandi sforzi di mediazione e di conciliazione diplomatica sono stati sinora profusi per scongiurare una degenerazione violenta della crisi. Le parti hanno dialogato a diversi livelli e in diverse sedi in numerose occasioni, tra dicembre e gennaio[2], ma non esiste ancora alcuna garanzia che la diplomazia riesca a evitare il peggio.
Nella giornata del 26 gennaio gli Stati Uniti e la NATO hanno trasmesso alle istituzioni russe le proprie risposte scritte alle proposte avanzate dal Cremlino attraverso le bozze di trattato diffuse il 17 dicembre, come richiesto dalla Russia. Seppur il loro contenuto non sia stato reso pubblico, dalle dichiarazioni rilasciate dal Segretario di Stato americano Blinken e dal Segretario generale NATO Stoltenberg è emersa un’apertura al dialogo sul piano della dislocazione di armi (specialmente nucleari) in Europa orientale e della definizione di limiti all’organizzazione di esercitazioni militari. Al contrario, la clausola relativa al divieto di ulteriori espansioni dell’alleanza atlantica e della sua estensione all’Ucraina sarebbe stata rigettata con fermezza, come immaginabile. In proposito il Segretario Generale Stoltenberg ha dichiarato: “siamo pronti ad ascoltare le preoccupazioni della Russia e a prendere parte a una conversazione seria su come sostenere e rafforzare i principi fondamentali su cui si regge la sicurezza europea, che tutti abbiamo sottoscritto […]. Tra di essi rientra anche il diritto di ogni nazione di decidere in autonomia per la propria sicurezza. La Russia dovrebbe astenersi dall’adottare posture coercitive, retoriche aggressive e dalla conduzione di attività ostili nei confronti degli Alleati e delle altre nazioni”.
Ora toccherà alla Russia esaminare le risposte pervenute dalla NATO e dagli Stati Uniti e decidere come muovere i prossimi passi. Nel frattempo, all’interno dell’alleanza si discute di come rispondere a un’eventuale aggressione militare: nel discorso pronunciato il 25 gennaio in apertura della conferenza organizzata a Bruxelles dall’Istituto dell’Unione per gli Studi sulla Sicurezza (EUISS) e dal Servizio Europeo per l’Azione Esterna (EEAS), l’Alto Rappresentante Borrell ha confermato come gli Stati Uniti e gli altri membri della NATO siano coinvolti in un dialogo teso a concordare la natura e la portata delle sanzioni da imporre alla Russia in caso di invasione militare dell’Ucraina. Per i Paesi membri dell’Unione Europea, toccherebbe allo stesso Borrell proporre al Consiglio il pacchetto di sanzioni da adottare contro la Russia, e poi alla Commissione adoperarsi perché divengano effettive e sia data loro corretta implementazione.
Anche l’Unione Europea, poi, si sta attivando per lo stanziamento di risorse in favore dell’Ucraina – come già gli Stati Uniti – e per il consolidamento delle difese del Paese contro le minacce informatiche e ibride e la disinformazione provenienti dalla Russia.
[1] A questo proposito, in un saggio pubblicato lo scorso 9 gennaio l’Alto Rappresentante ha scritto che “dalla deliberata esclusione di ogni riferimento all’UE dalle bozze di trattato presentate a dicembre, la leadership russa sembra essere intenzionata a riportare le lancette ai tempi della Guerra Fredda e a riapplicarne le logiche”, per poi aggiungere che i tempi di Yalta sono ormai trascorsi e che “non si può discutere della sicurezza europea senza gli europei”.
[2] Si consigliano le pubblicazioni componenti lo “Speciale Ucraina” prodotto dall’ISPI per una ricostruzione puntuale degli sviluppi diplomatici registratisi nelle ultime settimane.
Irene Boggio
IT_ Irene Boggio si è laureata in Scienze Politiche e Sociali presso l'Università degli Studi di Torino con una tesi in Analisi delle Politiche Pubbliche sul ruolo dell'expertise nel policy-making ed è prossima a conseguire la laurea magistrale in Scienze Internazionali presso la medesima università, con specializzazione in Studi Europei. E' inoltre studentessa della Scuola di Studi Superiori "Ferdinando Rossi" di Torino, sin dall'inizio del suo percorso universitario.
EN_ Irene Boggio graduated in Political and Social Sciences at the University of Turin, with a dissertation in Public Policy Analysis on the role of expertise in policy-making. She is about to earn a masters' degree in International Studies at the same university, specializing in European Studies. She's also been a student at the "Scuola di Studi Superiori Ferdinando Rossi" of Turin right from the beginning of her academic journey.