Israele: l'inizio di un nuovo percorso?

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  Michele Magistretti
  23 giugno 2021
  3 minuti, 57 secondi

Dopo dodici anni al governo Benjamin Netanyahu perde lo scettro del potere. Con il voto favorevole di 59 membri della Knesset e un’astensione, il nuovo governo di Israele ottiene la fiducia ponendo una parentesi all’era del Likud di “Re Bibi”. Il nuovo governo è formato da una compagine di partiti politici estremamente eterogenea, spaziando dalla sinistra laica alla destra nazional-conservatrice, passando per un partito arabo. Dopo due anni di stallo politico istituzionale e quattro cicli elettorali, Israele incomincia un nuovo cammino. Le novità e le incognite che avvolgono il nuovo esecutivo sono numerose, questo potrà essere uno dei governi più brevi o più insoliti della storia del Paese.

Vediamo quindi come è nato e quali sfide si trova di fronte la nuova alleanza di governo.

Una nuova e variegata alleanza

Dopo negoziati serrati e a poche ore dalla scadenza del proprio mandato, Yair Lapid - capo del maggior partito di opposizione - riesce a stringere un accordo con il nazional-conservatore Naftali Bennett, leader di Yamina. Emulando la precedente strategia attuata da Netanyahu con Benny Gantz di Blue e Bianco, il capo del partito centrista ha offerto una turnazione a capo dell’esecutivo, proponendo il primo biennio al capo di Yamina.

Con l’accettazione di Bennett, nasce così un nuovo governo che accoglie al proprio interno due partiti di sinistra, i laburisti e Meretz, due partiti centristi, Yesht Atid ed il partito Blu e Bianco dell’ex capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane e tre ex alleati di Netanyahu. Tra questi vi è il leader di Israel Beitenu, Avigdor Lieberman, famoso per il suo marcato nazionalismo e il suo acceso anticlericalismo. Nato in Moldavia e rappresentante principalmente della comunità russofona, Lieberman è contrario ad una serie di privilegi concessi alla popolazione ultra-ortodossa, come l’esenzione dalla leva militare. Sempre a destra, ma leggermente più moderato del Likud di Bibi, vi è Nuova Speranza di Gideon Sa’ar, fuoriuscito dal partito di Netanyahu dopo aver definitivamente perso la lotta per la leadership contro di esso. Ma la figura più a destra della coalizione risulta essere proprio il nuovo primo ministro. Bennett, infatti, ideologicamente si pone alla destra dello stesso Netanyahu e sarà il primo capo dell’esecutivo della storia di Israele ad indossare la kippah. Il leader di Yamina è un religioso osservante e anche per questo è stato accusato di tradimento dai partiti ultra-ortodossi che, a causa della sua alleanza con le sinistre e un partito arabo islamista, lo hanno accusato di minare la sicurezza e le fondamenta stesse dello Stato di Israele.

Ulteriore elemento di novità è la partecipazione all’alleanza governativa del partito arabo conservatore Ra’am, guidato da Mansour Abbas, il quale ha lasciato la coalizione di partiti arabo-israeliani. Similmente a Bennett, anche Abbas ha ricevuto numerose critiche venendo contestato per l’alleanza con le destre nazionaliste. Ha pagato il proprio pragmatismo politico con l’accusa di essere un traditore della causa palestinese. Pare però che in cambio del proprio sostegno sia riuscito ad assicurare decine di miliardi di investimenti per le comunità arabo-israeliane del Paese, le quali soffrono di numerosi problemi di carattere economico e sociale.

Un governo destinato a durare?

Il nuovo governo ha incassato fin da subito il caloroso sostegno dell’inquilino democratico alla Casa Bianca. Biden ha chiamato in poche ore Bennett per congratularsi, mentre i rapporti con l’ex primo ministro Netanyahu sono rimasti freddi lungo tutti i primi mesi del mandato del nuovo presidente americano.

Due sono però le grandi incognite che pesano sulla stabilità e longevità dell’esecutivo: l’altissima eterogeneità ideologica e la nuova leadership conservatrice iraniana appena eletta.

La grande differenza di idee e programmi potrebbe portare i vari attori della coalizione a defezionare qualora scontenti, altrimenti potrebbe incentivare accordi al ribasso da parte di tutti per salvare l’integrità dell’alleanza. In ogni caso, i risultati potrebbero deludere le aspettative di molti, salvaguardando solamente il nuovo status quo, ovvero l’estromissione di Netanyahu dal governo. In caso contrario, qualora uno dei membri dovesse concedere troppo rispetto al proprio programma saprebbe di pagare il conto alle successive elezioni. I tre ex alleati di Netanyahu sono i principali componenti dell’alleanza a trovarsi in questa scomoda posizione.

Inoltre, la nuova presidenza iraniana, più ostile ad Israele della precedente, potrebbe condurre ad un ulteriore irrigidimento delle posizioni tra i due contendenti regionali e ad escalation che obbligherebbero un governo fragile e diviso ad affrontare compatto una priorità strategica di estrema rilevanza, il contenimento della potenza persiana.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.jpost.com/breaking...

https://www.al-monitor.com/ori...

https://www.ilpost.it/2021/06/...

https://unsplash.com/it/foto/I...



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