I difensori dei diritti umani (DDU), conosciuti a livello internazionale come human rights defenders, identificano tutti gli individui che, individualmente o mediante istituzioni e organizzazioni non governative, lavorano per la difesa e la promozione dei diritti umani attraverso un approccio nonviolento. Essi operano incessantemente a livello locale, nazionale, regionale e internazionale, sia in aree stabili che in quelle più vulnerabili. Incredibilmente numerose e diversificate sono anche le azioni portate avanti ogni giorno dai DDU. In primo luogo, essi operano in modo diretto attraverso il sostegno alle vittime di violazione dei diritti fondamentali, la diffusione di campagne volte a garantire una giusta governance e l’implementazione dei trattati e le convenzioni internazionali. In secondo luogo, in modo più indiretto ma mantenendo un significativo impatto, i difensori dei diritti umani provvedono al raccoglimento e la diffusione di informazioni, testimonianze e dati al fine di monitorare l’andamento dei diritti umani in specifiche aree e contesti del mondo. Inoltre, essi si preoccupano di rafforzare l’educazione, la formazione e la sensibilizzazione ai diritti umani, valorizzandone i principi fondanti.
A reiterare l’importanza del ruolo dei difensori dei diritti umani nel mondo vi è la “Dichiarazione sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti”, conosciuta anche come la Carta dei DDU, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1998 con risoluzione 53/144. Nonostante la suddetta dichiarazione sia stata approvata sulla base del consenso e non presenti carattere vincolante, i suoi principi corrispondono a quelli di molti altri strumenti vincolanti ed essa rappresenta dunque un forte e rilevante impegno morale da parte degli Stati di garantirne l’implementazione. A tal proposito, la Carta dei DDU intende garantire la sicurezza e legittimare le attività di coloro che operano a favore dei diritti umani, in particolare quelli impegnati in prima linea.
Anche l’Unione Europea ha sancito, a partire dal 2008, delle Linee Guida in materia di sicurezza e protezione dei DDU, nonché il meccanismo di ProtectDefenders.eu, il cui obiettivo è quello di raggiungere tutti gli operatori al lavoro per i diritti umani, anche quelli localizzati nelle aree più distanti e remote del mondo, attraverso un supporto stabile, costante e omnicomprensivo.
Negli ultimi decenni, la crescita del numero e l’influenza dei difensori dei diritti umani nel mondo, in particolare l’aumento dei giovani nel settore, ha portato con sé anche un significativo incremento nei rischi a cui essi vanno incontro. Secondo l’analisi rilasciata dal Front Line Defenders, l’organizzazione no-profit specializzata nella difesa dei DDU, sono almeno 331 i difensori uccisi nel 2020. L’analisi ha evidenziato anche i settori più colpiti tra quelli di competenza dei DDU, il 69% dei quali al lavoro per i diritti ambientali, la terra e le popolazioni indigene, il 26% focalizzato specificatamente sui diritti delle persone indigene, mentre il 28% sui diritti delle donne. I dati risultano ancor più allarmanti se si considera che durante gli anni colpiti dalla pandemia il lavoro dei DDU e delle ONG ha subito forti rallentamenti, nonché limitazioni sia fisiche che connesse al calo finanziario e le crisi economiche scaturite dal Covid-19.
I pericoli affrontati dai difensori dei diritti umani spaziano da minacce, sorveglianza, limitazioni della libertà di espressione, movimento e associazione, fino ad arrivare ad arresti, episodi di tortura, rapimenti ed uccisioni extragiudiziali, spesso perpetrati e supportati dagli stessi governi locali. Nell’ultimo decennio, questi episodi hanno sollevato la preoccupazione relativa ad un forte arretramento delle libertà civili in molti paesi. Si pensi ai numerosi attivisti sottoposti alla “sorveglianza residenziale in un luogo designato" (RSDL) in Cina, una forma di detenzione segreta e illegittima che comporta l’isolamento degli individui per oltre cinque mesi. Di natura diversa ma ugualmente allarmante è il caso dello spyware Pegasus prodotto dall’azienda israeliana Nso, una tecnologia di sorveglianza utilizzata più volte contro giornalisti, attivisti e DDU, tra cui Lama Fakih, capo dell’ufficio di Beirut di Human Rights Watch. Si pensi infine all’Afghanistan, dove si registrano limitazioni e rappresaglie, nonché aggressioni ed uccisioni perpetrate dai talebani ai danni di media e DDU. Secondo numerose organizzazioni, tra cui Amnesty International, la Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH) e l’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT), i talebani stanno sgretolando tutti i progressi realizzati, in tema di diritti umani, negli ultimi vent’anni.
L’indebolimento e l’uccisione dei difensori dei diritti umani rappresenta l’attacco diretto alle libertà fondamentali, nonché al raggiungimento dell’Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile (SDG) n. 16 dell’Agenda 2030, per la promozione di società pacifiche e inclusive, di cui si evidenzia il target 16.10 per garantire l’accesso al pubblico alle informazioni. All’interno di questo contesto, il trattamento dei DDU nel mondo rappresenta un significativo indicatore dell’andamento di tali obiettivi e principi.
Tuttavia, la revisione dei dati sull’indicatore 16.10.1 presente all’interno del Database Globale degli Indicatori SDG, nonché l’analisi delle 195 revisioni nazionali volontarie (VNR) sottoposte al Forum politico di alto livello sullo sviluppo sostenibile (HLPF) hanno evidenziato che soltanto 14 paesi hanno fornito il report dei dati a partire dal 2015, e soltanto il 2% di essi hanno riportato gli attacchi e le uccisioni ai danni dei DDU. L’assenza di dati riportati dai governi diverge significativamente da altri resoconti forniti da organizzazioni e membri della società civile che ogni giorno si occupano del raccoglimento dei dati relativi alle uccisioni. Risulta fondamentale, dunque, che gli Stati provvedano colmare questa lacuna, raccogliendo e riportando tutti i dati ufficiali relativi alle uccisioni e il trattamento dei DDU nel mondo.
Michela Rivellino