Il puzzle mediorientale: alleanze instabili ed equilibri precari

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  Michele Magistretti
  27 luglio 2022
  3 minuti, 49 secondi

A metà luglio la politica mediorientale ha vissuto una fervida sessione di round diplomatici. Da una parte, il presidente americano, Joe Biden, ha viaggiato in Israele e in Arabia Saudita con l’intento di recuperare le relazioni con gli storici partner, dall’altra i leader di Turchia, Russia e Iran si sono incontrati nella capitale iraniana per provare a trovare un minimo comune denominatore tra le rispettive strategie regionali.

Vediamo quindi quale è lo stato dell’arte del panorama geostrategico della regione e le criticità a cui vanno incontro i diversi attori locali ed extraregionali.

Il viaggio di Biden: tra aspettative e criticità

Il presidente degli USA ha compiuto il suo primo viaggio in Medio Oriente. Prima ha visitato Israele dove ha incontrato gli alti rappresentanti delle istituzioni e successivamente si è recato in Arabia Saudita per dialogare con i leader del Consiglio di Cooperazione del Golfo e quelli di Egitto, Giordania e Iraq. L’amministrazione americana, data la difficile contingenza internazionale, ha optato per ricalibrare la propria politica nei confronti di Riad. I tempi in cui l’Arabia Saudita veniva definita uno stato paria sono finiti, prevalgono ora gli interessi nazionali. Gli Stati Uniti infatti hanno necessità di riallacciare i rapporti con il gigante saudita per trovare una sponda nella stabilizzazione del mercato petrolifero e per scoraggiare un’eccessiva convergenza della strategia saudita con quella russa e cinese. Gli storici partner americani del Golfo, sauditi e emiratini in particolare, percependo un parziale disinteresse statunitense riguardo le proprie priorità strategiche, hanno iniziato ad approfondire i rapporti con i due principali competitor degli USA. Entrambi i paesi hanno intensificato i rapporti economici con Mosca e Pechino, si sono aperti ai finanziamenti cinesi in programmi infrastrutturali ed anche a programmi nell’ambito della difesa. Nonostante questi primi tentativi di riavvicinamento, il percorso di riallineamento degli interessi è ancora lungo. Pechino resta tra i principali importatori del greggio saudita e Riad continua a collaborare con Mosca nella gestione dell’agenda petrolifera. Abu Dhabi desidera diventare uno degli hub commerciali della regione e ponte di collegamento tra Europa e Asia.

Parallelamente Washington spinge per una maggiore integrazione e collaborazione tra i suoi partner arabi e Israele. Il cammino di cooperazione tra lo stato ebraico, gli Emirati Arabi e il Bahrein sembra ormai consolidato, sia in ambito economico che in quello militare. Pur avendo aperto il proprio spazio aereo ai voli civili da Tel Aviv, passi concreti verso una piena normalizzazione dei rapporti con Riad potrebbero necessitare più tempo del previsto. La monarchia protettrice dei luoghi santi dell'Islam deve comunque mantenere un impegno parziale nei confronti della questione palestinese, che comunque non è più in cima alla lista delle priorità di molte cancellerie arabe, salvo grandi sconvolgimenti. Anche il progetto di NATO araba sembra difficile da attuare, data la gelosia della propria sovranità riguardo i temi di sicurezza di molti partner del Golfo.

Il summit di Teheran: partnership complesse

Le tre potenze regionali che si sono incontrate a Teheran sono unite nella tattica ma divise dalla strategia. Ankara, Mosca e Teheran vogliono modificare lo status quo regionale a loro favore, ma il come modificarlo non sempre prevede un’armonia di vedute e interessi. Pur aspirando ad avere maggior peso nelle dinamiche regionali a scapito in particolare degli USA, spesso le aspirazioni egemoniche si sovrappongono rendendo più complessa la coesione di intenti. Fino ad oggi, il desiderio turco di implementare una nuova azione militare nella Siria settentrionale contro i curdi del YPG entra in contrasto con i desiderata russo e iraniani, gelosi delle proprie posizioni di potere in terra siriana. Mentre la Turchia gioca da free rider con i propri alleati occidentali, provando ad aumentare il proprio potere negoziale con i partner e con Mosca, la Russia ha interesse a mantenere buoni rapporti con i paesi arabi e Israele, principale avversario di Teheran, che ha l’interesse a far deragliare la cooperazione tra lo stato ebraico e i paesi del Golfo. Inoltre, Mosca e Ankara rimangono in latente competizione per l’influenza nelle dinamiche politiche ed economiche della regione caucasica. Ergo, in questa scacchiera di equilibri precari, anche questi attori devono prestare attenzione a come condurre le proprie mosse, per evitare spiacevoli escalation conflittuali tra di loro e con gli altri soggetti del panorama strategico mediorientale.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.mei.edu/publicatio...

https://gulfif.org/partner-not...

https://www.washingtoninstitut...

https://formiche.net/2022/07/r...

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