Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto internazionale

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  Federico Quagliarini
  03 febbraio 2022
  3 minuti, 24 secondi

Il tema della sostenibilità è senza dubbio uno degli argomenti più attuali del nostro secolo, nonché una tematica molto in voga nel dibattito sul ricambio generazionale. Da tempo anche la comunità internazionale è solita occuparsi delle questioni legate all’ambiente e allo sviluppo nei forum internazionali (come ad esempio il G20) o, talvolta, anche mediante l’organizzazione di conferenze dedicate esclusivamente a questo tema.
L’azione che spinge maggiormente i governi e le istituzioni internazionali ad occuparsi di tale problematica muove essenzialmente dal principio dello sviluppo sostenibile, considerato da molti come quel fondamento che dovrebbe favorire un miglioramento dei diritti sociali. Tuttavia, se dovessimo definire il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto internazionale, riscontreremmo qualche difficoltà per quanto riguarda la sua natura giuridica.

Origine e configurazione normativa

Bisogna partire dal presupposto che non esiste un momento preciso all’interno del quale si è cominciato a dibattere della sostenibilità. Tale termine è sempre stato presente nella storia dell’umanità, ma solo a partire dalla metà del XX secolo ha cominciato ad affermarsi in maniera sempre più preponderante nella società. Nel linguaggio del diritto internazionale, il principio dello sviluppo sostenibile ha fatto il suo ingresso a seguito della Conferenza ONU sull’ambiente di Stoccolma del 1972 (da molti considerata come data convenzionale per la nascita del diritto dell’ambiente).
Inizialmente, tuttavia, il principio dello sviluppo sostenibile era solamente riferito all’ambiente. In seguito, nel 1987, dopo la pubblicazione del rapporto Brundtland, redatto dalla Commissione ONU sull’ambiente e sullo sviluppo, il principio in questione venne definito come «quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».
Dopo cinque anni, con la Conferenza sui cambiamenti climatici di Rio de Janeiro, si ebbe definitivamente un allargamento del principio dello sviluppo sostenibile, riferito non solo alle questioni climatiche, ma anche a quelle economiche e sociali.

La dibattuta natura giuridica

Sebbene il principio dello sviluppo sostenibile sia stato molto presente nell’agenda di governi e di organizzazioni internazionali, la sua natura giuridica è alquanto in dubbio. Gli esperti di diritto internazionale sono divisi sul fatto che tale principio sia o meno un obbligo giuridico internazionale e, nella fattispecie, una consuetudine [1].
Questo perché il principio dello sviluppo sostenibile è stato più volte affrontato nelle corti internazionali, in particolar modo dalla Corte Internazionale di Giustizia, ma in nessuna di queste sentenze tale principio è stato definito in modo chiaro. Inoltre, non è stata data conferma se lo sviluppo sostenibile fosse o meno un vincolo giuridico e potesse costituire una fonte di responsabilità internazionale per gli Stati.

L’agenda 2030 delle Nazioni Unite

Nonostante la sua dubbia natura giuridica, il principio della sostenibilità è stato al centro della risoluzione num. 70/1 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 25 settembre 2015 dal titolo Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
L’agenda 2030 dell’ONU rispecchia appunto i tre pilastri sui quali si fonda il principio dello Sviluppo Sostenibile: ambientale, sociale ed economico. L’agenda infatti conta 17 obbiettivi, inquadrati in un programma di 169 traguardi per lo sviluppo sostenibile da raggiungersi entro il 2030. Gli ambiti spaziano dai diritti umani, alle diseguaglianze economiche e alla protezione dell’ambiente.
La speranza è che l’Agenda dell’ONU abbia posto una volta per tutte le basi per l’affermazione di una consuetudine internazionalmente vincolante, in grado di poter guidare l’azione di governi (e delle istituzioni intergovernative) con fatti concreti e non solo a parole.

[1] Una consuetudine internazionale è formata da due elementi: l’usus, cioè un comportamento ripetuto e costante, e l’opinio iuris ac necessitatis, cioè la consapevolezza che quel comportamento è da tenere in quanto giuridicamente imposto. Quest’ultimo è l’elemento dubbio nel caso dello sviluppo sostenibile.

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L'Autore

Federico Quagliarini

Classe 1994, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Milano, Federico Quagliarini è al contempo vice-direttore di Mondo Internazionale POST nonché caporedattore per l'area Società.

Da sempre appassionato di politica e relazioni internazionali, in Mondo Internazionale si occupa principalmente di questioni legali soprattutto inerenti al diritto internazionale.

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agenda2030 Sustainability international law