Il nuovo panorama politico-strategico mediorientale: tra precaria riconciliazione e nuove incognite

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  Michele Magistretti
  31 dicembre 2021
  4 minuti, 1 secondo

Al termine dell'anno lo scenario politico-strategico dell’area MENA sembra affrontare una fase di precaria e graduale transizione. Dal vertice di Al-Ula di gennaio, i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) hanno fatto alcuni passi avanti verso la riconciliazione e gli altri attori regionali hanno ricalibrato la propria politica regionale. Permangono però alcune incognite e le principali potenze della regione continuano a perseguire politiche non propriamente convergenti e che nel medio periodo potrebbero riportare ad un aumento delle frizioni.

Vediamo quindi quali sono i percorsi intrapresi e i fattori di rischio a cui vanno incontro alcuni dei principali attori regionali ed esterni.

La riconciliazione arabo-turca: tra convenienza ed incognite

Dopo anni di forte contrapposizione, i paesi del CCG, anche a causa delle pressioni proveniente da Washington, hanno deciso di provare la via del dialogo con il Qatar e Doha. In particolare, Riad ha provato a migliorare i propri rapporti con Doha, dato che la contrapposizione aveva sortito l’effetto di avvicinare il piccolo emirato alla repubblica islamica iraniana, considerata il principale competitor ed avversario regionale dalla dirigenza saudita. Abu Dhabi a sua volta sta tendando la via della riconciliazione con Ankara, con la quale ha stretto numerosi accordi in ambito economico e finanziario, forse anche per ottenere una maggiore leva negoziale in futuro. La Turchia, in buona parte a causa delle condizioni in cui versa la propria economia, ha optato a sua volta per una politica regionale meno aggressiva. Oltre a muovere i primi passi verso Abu Dhabi pare stia continuando un timido percorso di riconciliazione con l’Armenia, dopo aver sostenuto il rivale azero nel recente conflitto per il Nagorno Karabakh. Inoltre, Ankara ha interrotto, per ora, la gunboat diplomacy nelle acque del mediterraneo orientale e non ha dato seguito ad una nuova operazione militare contro i curdi siriani.

Anche i rapporti con il Cairo sono sicuramente migliorati rispetto al 2020, ma entrambi i paesi sembrano ancora su posizioni divergenti riguardo le rispettive strategie in Africa. L’Egitto è preoccupato dall’influenza turca in espansione nel continente. I due paesi hanno perseguito senza sosta un percorso che li ha portati a stringere accordi di cooperazione militare o di vendita di armamenti con diversi altri attori regionali. Mentre la Turchia siglava accordi per la vendita di droni Bayraktar TB2 a Marocco ed Etiopia, l’Egitto stringeva patti di cooperazione militare e di intelligence con Uganda, Burundi e Sudan. In particolare, il Cairo sta portando avanti un’opera di corteggiamento diplomatico per approfondire le relazioni con il Keyna, anche in un’ottica di accerchiamento del rivale etiope, sostenuto nella disputa riguardo la diga sul Nilo e nella guerra civile dalla Turchia.

Potenze regionali e potenze esterne: un rapporto complesso tra agende contrastanti

Nonostante una precaria tregua nella maggior parte dei contesti di tensione, le priorità e la gerarchia delle stesse differiscono molto tra gli attori regionali e i loro alleati extra regionali.

Mentre permangono le difficoltà nel dialogo tra Iran e i partner occidentali riguardo l’accordo sul nucleare, Israele continua a muoversi per contrastare la politica espansionista di Teheran. Allo stesso tempo anche l’Arabia Saudita, preoccupata dal disimpegno americano sta approntando delle proprie contromisure per far fronte alla minaccia posta dalla potenza persiana e dai suoi proxies arabi. Secondo i report delle agenzie di intelligence americane, Riad starebbe portando avanti la costruzione di un proprio sistema missilistico con l’aiuto della Cina. Anche la politica mercantilista degli Emirati Arabi Uniti non sembra in totale armonia con le preoccupazioni e gli imperativi strategici americani nella regione. Tra novembre e dicembre Washington è riuscita a fermare un progetto cantieristico del gigante della logistica cinese COSCO in un porto emiratino attraverso una forte pressione diplomatica. Successivamente il paese arabo ha minacciato di ritirarsi dall’accordo per la vendita di F-35 in polemica con le stringenti richieste americane riguardo la protezione delle tecnologie degli armamenti in questione. Questa decisione emiratina potrebbe essere una tattica negoziale o anche un segnale distensivo nei confronti di Teheran, preoccupato per l’eventuale rafforzamento militare dei vicini arabi. Inoltre, pare probabile la reintegrazione della Siria in seno alla Lega Araba, opzione sgradita a Washington ma caldeggiata da molti paesi arabi della regione.

Anche la Grecia e la Francia, che hanno investito molto energie nella costruzione di un asse transregionale euro-arabo per contrastare l’assertività turca, si trovano a dover fare i conti con un contesto regionale in apparente mutamento. Il disgelo delle relazioni tra Ankara e i suoi alleati arabi obbliga questi due paesi ad un ripensamento della propria strategia di contenimento della minaccia turca nelle acque del Mediterraneo orientale.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://gulfif.org/42nd-gcc-su...

https://www.al-monitor.com/ori...

https://www.cesi-italia.org/ar...

https://edition.cnn.com/2021/1...

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