Il Nicaragua scivola verso l’autoritarismo a qualche mese dalle elezioni

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  Redazione
  25 giugno 2021
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La storia dell’America Latina è politicamente molto complessa. Le dittature militari che si sono succedute, in particolar modo lungo la seconda parte del Novecento, hanno portato il continente ad avere una presenza contraddittoria all’interno della scacchiera internazionale. Questo è vero soprattutto se pensiamo alla guerra fredda, che ha visto l’America del Sud come un continuo campo di sperimentazione tra regimi comunisti filosovietici e totalitarismi nazionalisti appoggiati (in modo più o meno evidente) dagli Stati Uniti. Il Nicaragua non è stata un’eccezione in questa storia. Anzi, l’alternanza tra dittatura di destra della famiglia Somoza e il subentro del governo Sandinista – con il relativo appoggio statunitense per le milizie controrivoluzionarie dei Contras –, sono la massima espressione di quanto riassunto poco sopra. Il movimento Sandinista aveva di fatti guadagnato un enorme supporto internazionale in seguito alla battaglia contro la famiglia Somoza. L’opinione pubblica la considerava una lotta impari tra i rivoluzionari popolari sfruttati e un’élite familiare dispotica e sanguinaria.

Fu Daniel Ortega a raccogliere il testimone di questo contesto altalenante. A capo dapprima della giunta per la ricostruzione del Paese, e da metà degli anni Ottanta presidente a tutti gli effetti, Ortega vinse le elezioni nel 2006 dopo circa un ventennio dalla fine della nuova rivoluzione sandinista. Da allora il Paese si è nuovamente e progressivamente allontanato dalla ritrovata prassi democratica. Il prossimo novembre il Paese dovrà affrontare nuove elezioni politiche, ed è notizia di questi giorni che il governo Ortega abbia cominciato a osteggiare dissidenti (non solo manifestanti scesi in piazza), compiere arresti arbitrari e sospendere lo stato di diritto in molteplici occasioni.

Una tale caccia alle streghe evoca ricordi spiacevoli in America Latina. Quattordici oppositori del governo sono stati arrestati negli scorsi giorni, senza che essi avessero compiuto atti pericolosi per la comunità. Gli arresti non vengono quindi perpetrati solo ai danni di studenti rivoltosi e persone comuni. Ultimamente, anche molti esponenti dell’opposizione politica parlamentare nicaraguense sono stati presi di mira dalla polizia. Da un lato questo evidenzia la chiara volontà del presidente Ortega di rendere le elezioni di novembre un mero specchio per le allodole, sicuro di non correre alcun rischio politico, dall’altro si tratta di un evidente segnale di come i rimasugli del vecchio regime sandinista non siano minimamente disposti a cedere il passo alla democrazia. La comunità internazionale si sta lentamente accorgendo della gravità della situazione, ma a Ortega questo sembra non interessare. Che valore può avere la reputazione internazionale, per una persona che mira a governare una sbilenca forma elettorale di assolutismo?

Non a caso, una delle leggi più controverse porta il nome di un altro despota autoritario. La cosiddetta “Legge Putin”, emanata dal governo di Managua lo scorso ottobre, obbliga i cittadini e le istituzioni a registrarsi come “agenti stranieri” in caso di ricevimento di sostegni finanziari provenienti dall’estero. Ciò ha costretto numerose associazioni per i diritti umani e varie ONG a chiudere o a operare sul confine dell’illegalità, mentre i loro spazi e le loro risorse venivano sequestrati. Come se non bastasse, un altro provvedimento varato da Ortega mira a contrastare il terrorismo nel Paese, ma le caratteristiche che pongono i confini di cosa voglia dire perpetrare attività di terrore sono molto vaghe e generiche, così da permettere alle autorità di imprigionare chiunque esprima dissenso. Il risultato diretto è ciò che sta accadendo in questi giorni, con uno dei due schieramenti principali dell’opposizione costretto a rinunciare alla candidatura in autunno, in quanto la maggioranza dei suoi rappresentanti sono stati incarcerati. Il tutto diviene fonte di preoccupazione, se si considera che lo scorso novembre l’Assemblea Nazionale ha approvato una riforma costituzionale che permette l’ergastolo come mezzo punitivo giudiziario. A questo vanno aggiunte le continue aggressioni a danni di giornalisti e membri di media indipendenti (l’anno scorso sono state più di mille).

Ad oggi, è difficile riuscire a distinguere le pratiche mandate avanti dal governo di Ortega e le vecchie misure autoritarie intraprese dalla famiglia Somoza. La polizia opera indisturbata senza alcun tipo di briglia. Molti nel Paese hanno la sensazione che Ortega stia tradendo i valori rivoluzionari a cui molti nicaraguensi si sono ispirati negli anni. Per di più, numerosi esponenti delle nuove generazioni (di cui molti sono stati esiliati o costretti a fuggire) sognano un Paese democratico, pluralistico, che non sia più governato in maniera autoritaria e patriarcale o gestito come un’azienda di famiglia. Anche molti membri della sua stessa fazione cominciano a esprimere incertezze e a defilarsi. Di fronte a queste circostanze, l'iniziativa del leader nicaraguense sembra essere quella di usare la propaganda e le forze armate per far sparire ogni tipo di resistenza, in modo tale che le future generazioni non abbiano alcun riferimento al di fuori del partito unico. Questo però potrebbe rivelarsi un’enorme perdita di tempo.

La pandemia da COVID-19 ha, anche qui, giocato un ruolo importante. Come qualsiasi altro regime autoritario, il governo di Managua ha avuto l’opportunità di imporre norme restrittive nei confronti di larga parte della popolazione. Caso emblematico è quello dei lavoratori migranti, che non solo hanno visto peggiorare le proprie condizioni, ma si sono trovati davanti a nuovi ostacoli per quanto riguarda la possibilità di tornare al loro Paese d’origine. Il clima di continui arresti e giustizialismo statale, invece, ignora totalmente il problema del sovraffollamento nelle carceri, che già non godevano di una buona reputazione, senza alcun tipo di assistenza medica per i detenuti. Molti di loro, una volta rilasciati, hanno testimoniato di continue violenze operate dal personale carcerario e da membri di organizzazioni a favore del governo. Paradossalmente, nonostante le raccomandazioni delle organizzazioni internazionali, le autorità nicaraguensi hanno permesso raduni di massa senza tener conto del distanziamento sociale. La PAHO – Organizzazione Panamericana della Sanità – ha definito inadeguati i processi di prevenzione e controllo attuati dalle autorità, e ha espresso preoccupazione per la situazione sanitaria nel Paese, anche in relazione alla mancanza di informazioni rilasciate dal governo alla popolazione.

Infine, occorre considerare la difficile situazione in cui versano le popolazioni indigene nel Paese. Varie organizzazioni per i diritti umani e ONG hanno denunciato la presenza irregolare di coloni nelle terre delle popolazioni autoctone, con annesse aggressioni e minacce. Nonostante il fatto che alcuni degli attacchi abbiano provocato la morte di alcuni membri di comunità indigene, pare che il governo non abbia messo in atto misure di protezione speciali per stabilire la responsabilità degli omicidi o per prevenire attacchi futuri. Dal 2015, sono quaranta gli indigeni che hanno perso la vita a causa delle violenze subite dai colonos, ma ciò non è una novità. A partire dall'inizio degli anni Ottanta, il governo Sandinista ha tentato un rapporto pacifico con le popolazioni autoctone, frantumatosi però col tentativo delle autorità di implementare programmi di alfabetizzazione in spagnolo e altre iniziative che minavano il particolarismo culturale di queste popolazioni. La situazione in Nicaragua è particolare. A differenza di molti altri contesti, qui gli indigeni hanno ottenuto l'assegnazione legale delle terre che occupano. A tutti gli effetti, non ci dovrebbe essere disputa legale al riguardo. Tuttavia, Ortega ha continuamente favorito l'inserimento di lavoratori migranti e compagnie nei territori indigeni. Da una parte, vari lavoratori si sono creati una vita in queste terre, dall'altra gli indigeni pretendono il possesso dei territori che sono a tutti gli effetti di loro proprietà. Una crisi difficile da sanare.

Fonti consultate per il presente articolo:

Amensty International, 2020 Report on Nicaragua, https://www.amnesty.org/en/cou... Ortega | Biography & Facts", Britannica.com, https://www.britannica.com/bio... Rights Watch, Critics Under Attack - Harassment and Detention of Opponents, Rights Defenders and Journalists Ahead of Elections in Nicaragua, 22 giugno 2021.

Human Rights Watch, Nicaragua: Crackdown on Critics Ahead of Election, 22 giugno 2021.

Mukpo Ashoka, "Nicaragua failing to protect indigenous groups from land grabs: Report", Mongabay, 4 maggio 2020.

Weiss Sandra, "Opinion: Nicaragua's dangerous slide towards authoritarianism", DeutscheWelle.com, 10 giugno 2021.

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a cura di Edoardo Cappelli 

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