Il diritto di riunione pacifica e l’uso della forza: le rivolte in Senegal

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  Redazione
  16 marzo 2021
  3 minuti, 21 secondi

Da giorni in Senegal sono scoppiate violente proteste che hanno sconvolto il Paese causando diversi morti e centinaia di feriti. Amnesty International, attraverso la voce della direttrice per l’Africa occidentale e centrale, Samira Daoudi, ha esortato le autorità senegalesi ad aprire delle indagini per chiarire la legittimità e la proporzionalità dell’uso della forza da parte della polizia durante le manifestazioni, secondo le norme internazionali sui diritti umani.

Tutto è iniziato lo scorso 3 marzo con l’arresto di Ousmane Sonko, il principale oppositore del governo in carica, arrivato terzo alle elezioni presidenziali del 2019. L’arresto per “disturbo dell’ordine pubblico” è arrivato dopo che un corteo di protesta lo aveva accompagnato durante il suo trasferimento in tribunale a Dakar (dove era stato convocato per rispondere ad un’altra accusa, quella di stupro). Sonko, così come i suoi sostenitori, sostiene che entrambe le accuse facciano parte di un complotto del presidente Macky Sall per escluderlo dalle prossime elezioni presidenziali.

Nonostante sia stato questo il casus belli dello scoppio delle proteste, sono molte le ragioni di malcontento dei senegalesi. Dai metodi di governo autoritari, alla gravissima disoccupazione giovanile, fino allo scontento generale nei confronti della presenza francese sul territorio, la popolazione covava da tempo una forte rabbia verso il governo. Fra le altre cose, ha scatenato molta indignazione il fatto che, lo scorso 27 gennaio, la Corte costituzionale senegalese abbia approvato la terza candidatura dell’ex-Presidente (in carica fino al 2012), l’85enne Adboulaye Wade, alle elezioni presidenziali, in opposizione alla Costituzione senegalese che prevede solo due mandati.

L’arresto di Sonko è stato dunque solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A Dakar, il 5 marzo, ai contestatori è stato impedito di accedere al luogo previsto per la manifestazione da un pesante dispiegamento di polizia. Ciò ha portato a scontri tra forze di sicurezza e manifestanti in diverse aree. Dallo scoppio delle proteste sono iniziati anche i saccheggi e le violenze. Secondo la Croce Rossa senegalese, 235 persone sono rimaste ferite.

Gli agenti hanno risposto con gas lacrimogeni e, secondo alcuni, anche sparando proiettili di gomma. Sono stati individuati in diverse occasioni alcuni uomini in borghese armati di bastoni, mazze e pistole mentre colpivano i manifestanti in piena vista delle forze di sicurezza. Amnesty International ha denunciato un eccesso dell’uso della forza da parte della polizia e l’uso di armi da fuoco contro i civili.

Le norme internazionali sui diritti umani stabiliscono che l'uso della forza da parte delle forze di sicurezza debba essere esercitato con moderazione, solo quando necessario e in misura proporzionale. Le armi da fuoco devono essere utilizzate come ultima risorsa, solo se strettamente necessarie per proteggersi dall'imminente minaccia di morte o di lesioni gravi. I membri delle forze dell’ordine che eccedono nell’uso della forza illegalmente devono essere perseguiti secondo la legge.

Secondo quanto riportato dai media, circa cento persone sono state arrestate dall'inizio dei disordini. Il ministro dell'Interno senegalese ha definito le proteste "atti di terrorismo e banditismo" e ha denunciato la presenza di "forze occulte" dietro le manifestazioni. Non ha annunciato l’apertura di indagini sulle morti legate alle manifestazioni, né sulle circostanze in cui si sono verificate. Ha inoltre sottolineato che le dimostrazioni sono illegali in Senegal a causa dello stato di emergenza sanitaria legato alla pandemia di Covid-19.

Samira Daoud, direttrice di Amnesty per l’Africa occidentale e centrale ha esortato le autorità ad indagare sull’identità degli aggressori in borghese, ribadendo che le forze di sicurezza che sorvegliano le proteste devono indossare uniformi distintive in modo tale da essere chiaramente identificabili. Inoltre, Amnesty ha invitato le autorità ad avviare delle indagini imparziali sulle circostanze delle morti e ad adottare delle misure mirate affinché le persone possano esercitare il loro diritto di riunione pacifica, sancito dalla Costituzione del Paese e dal Diritto internazionale.


a cura di Chiara Landolfo 

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