Il sistema di accoglienza australiano non è estraneo alla detenzione dei migranti. L’intera esistenza della stessa Australia è costruita sull’incarcerazione dei detenuti britannici e la successiva schiavitù del popolo aborigeno. Per cui non sorprende che, dal 1992, il sistema preveda una detenzione obbligatoria per chi arriva nel Paese sprovvisto di regolare tessera Visa. Secondo il Migration Act promulgato nel 1958, qualsiasi non-cittadino che si trova in Australia senza un visto valido deve essere detenuto, e queste persone possono essere rilasciate solo a seguito del conseguimento di una carta Visa, oppure dovranno essere rimosse dal territorio nazionale. Non esiste un limite di tempo stabilito per la detenzione: il periodo che una persona trascorre in detenzione può variare da poche settimane fino a pochi anni, o anche di più. Secondo le stime più recenti, al 30 settembre 2021 c’erano 1459 persone nelle strutture di detenzione: 1408 uomini e 51 donne.
Diverse sono le categorie d’individui che possono essere sottoposte a detenzione: innanzitutto, come già detto, le persone arrivate in Australia senza visto, comprese coloro che cercano asilo per persecuzione. Seguono poi i rifugiati che hanno ricevuto valutazioni di sicurezza avverse e persone a cui è stato annullato il visto per “motivi caratteriali” (ovvero non aver superato il controllo della fedina penale). La carta visa può essere ritirata anche a studenti e studentesse che avessero violato una o più condizioni di permanenza nel Pese, ponendo quindi tali individui a rischio detenzione. In ultimo troviamo persone sospettate di coinvolgimento nel traffico di esseri umani, cittadini stranieri che si presume abbiano pescato illegalmente nelle acque territoriali australiane o persone il cui visto di permanenza ha semplicemente superato la data di validità.
Durante le più recenti crisi migratorie degli ultimi decenni l’Australia ha sempre tenuto fede al proprio metodo di gestione dei flussi. Quando i richiedenti asilo raggiungono le sue coste via mare, non vengono trattenuti in Australia mentre le loro richieste vengono elaborate. Invece, vengono inviati in centri di elaborazione offshore. Attualmente l’Australia ha uno di questi centri nella nazione insulare pacifica di Nauru e un altro sull'isola di Manus in Papua Nuova Guinea. Altri centri di detenzione di immigrati (“immigration detention centres” o IDCs) sono collocati in varie località del territorio australiano, così come su altre isole sparse nello spazio oceanico circostante, come il centro di detenzione di Christmas Island nell’Oceano Indiano. Inoltre, nell’ambito del regime di trattamento dei paesi terzi introdotto nell’agosto 2012, i richiedenti asilo che arrivano via mare in Australia devono essere trasferiti in un paese terzo non appena sia ragionevolmente possibile, a meno che il ministro dell’Immigrazione non eserciti la sua discrezionalità per esentarli dal trasferimento.
Il sistema di detenzione australiano è uno dei più severi al mondo, senza possibilità per coloro che restano intrappolati nelle sue trame di fare appello in tribunale contro l’obbligo di detenzione. Nonostante l’Australia abbia ratificato una serie di trattati internazionali a garanzia di fornire un trattamento rispettoso dei diritti umani nei propri centri di accoglienza – tra i quali la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti (CAT), la Convenzione sui diritti del fanciullo (CRC) e la Convenzione relativa allo status dei rifugiati, modificata dal suo Protocollo del 1967 (Convenzione sui rifugiati) – vari gruppi per i diritti umani affermano che le condizioni nei campi sono totalmente inadeguate, citando scarsa igiene, condizioni di vita anguste, caldo insopportabile e mancanza di strutture appropriate. Inoltre, la detenzione a tempo indeterminato ha causato danni psicologici diffusi e ha esposto i migranti a pericoli quali aggressioni fisiche e sessuali.
In più, il sistema di detenzione obbligatoria dell’Australia non fornisce un meccanismo di valutazione individuale solido e trasparente per determinare se la detenzione di ogni persona sia necessaria, ragionevole o proporzionata. La detenzione dei non-cittadini sprovvisti di visto non è un passo eccezionale, ma costituisce la norma. In base agli obblighi internazionali sottoscritti dal Paese in materia di diritti umani, chiunque sia privato della propria libertà dovrebbe essere in grado di contestare la propria detenzione in un tribunale (articolo 9 dell’ICCPR), ma, come detto, l’Australia non garantisce il ricorso ad un tribunale. I tribunali australiani non hanno l’autorità di ordinare che una persona sia rilasciata dalla detenzione per immigrazione sulla base del fatto che la detenzione continua della persona è arbitraria, in violazione dell'articolo 9, comma 1, dell’ICCPR. Inoltre, non viene fatta alcuna distinzione per i bambini, i quali vengono detenuti allo stesso modo degli adulti.
Fonti consultate per il presente articolo:
Immigration detention and human rights | Australian Human Rights Commission
6. Australia's Immigration Detention Policy and Practice | Australian Human Rights Commission
Asylum seekers and refugees | Australian Human Rights Commission
Detention statistics for Australia - Refugee Council of Australia
Beyond the Park Hotel: Australia’s immigration detention network | Refugees News | Al Jazeera
Grand Slammed: Covid-19, Immigration, And Australia’s Hard-Line Politics — Human Rights Pulse
Sara Scarano
Sara Scarano, classe 1996, è laureata con lode in International Cooperation on Human Rights and Intercultural Heritage all’Alma Mater Studiorum di Bologna, dove ha conseguito anche la Laurea Triennale in Sociologia. Femminista, ambientalista, con un forte interesse per la cooperazione e la politica internazionale, la questione migratoria, e in generale i Diritti Umani. Sogna una carriera negli organi internazionali o nelle ONG.
Sara Scarano, class 1996, graduated with honors in International Cooperation on Human Rights and Intercultural Heritage at the Alma Mater Studiorum of Bologna, where she also graduated in Sociology. Feminist, environmentalist, with a strong interest for international policy and cooperation, migration, and Human Rights in general. She dreams of a career in international bodies or NGOs.