Il conflitto in Tigray: tra scontri etnici e violazioni dei diritti umani

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  Andrea Ghilardi
  29 aprile 2021
  6 minuti, 47 secondi

Troppo spesso, in varie aree del mondo, si combattono conflitti senza che questi arrivino mai all’attenzione della più ampia parte dell’opinione pubblica mondiale. Guerre silenziose, nascoste, che proprio grazie alla scarsa attenzione a loro rivolta, spesso si caratterizzano per una violenza indiscriminata e dilagante. Nel Tigray, regione settentrionale dell’Etiopia, è in atto ormai da diversi mesi una di queste guerre. Del conflitto in Etiopia si sa ancora poco; le scarse notizie che giungono dal fronte sono infatti estremamente limitate a causa delle imposizioni del governo etiope, che ha interdetto l’attività reportistica e ha interrotto le telecomunicazioni e la rete Internet in tutta la regione [1]. Ciononostante, sebbene non siano ancora chiare le dimensioni del fenomeno, arrivano sempre più conferme riguardo ad atroci violazioni dei diritti umani commesse nei confronti della popolazione locale. È dunque essenziale che l’attenzione della comunità internazionale si focalizzi sugli scontri in questa regione, aumentando così la pressione mediatica ed istituzionale sugli autori di quelle atrocità che, nonostante la repressione dell’informazione, sono riuscite a trapelare e giungere fino a noi.

Questo Focus ha dunque lo scopo di illustrare quella che è, ad oggi, la situazione conosciuta della guerra in Tigray, così da alzare la consapevolezza e l’attenzione riguardo a una delle guerre nascoste che, purtroppo, ancora sono presenti nell’odierna realtà internazionale.

L’origine del conflitto

Innanzitutto è importate contestualizzare la situazione nazionale in cui questo conflitto è sorto. L’Etiopia è infatti una federazione, composta da un governo federale e da nove Stati membri, ciascuno dei quali è dotato di una propria costituzione e di un legittimo governo detentore dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario [2]. Questi Stati furono creati sulla base del gruppo etnico predominante; l’Etiopia è infatti una delle nazioni più eterogenee al mondo, con oltre 80 etnie. Questa frammentazione sociale, che è parte integrante della storia etiope, è tuttavia ancora considerata come fonte di conflitto a causa della disuguaglianza politica ed economica consolidata nel tessuto istituzionale e culturale del Paese [3]. I partiti politici regionali, rappresentazione delle etnie locali, si trovano infatti spesso in contrapposizione con il Governo centrale, andando così ad acuire tensioni e, come nel caso del Tigray, portando a veri e propri scontri.

Il conflitto in Tigray, uno dei 9 Stati membri della federazione, è un recente esempio emblematico e tragico di come le divisioni sociali ed etniche possano scaturire persino in conflitti aperti. Questo Stato-regione settentrionale dell’Etiopia, abitato principalmente dall’etnia tigrina, è sotto il controllo del partito “Fronte per la Liberazione del Popolo Tigrino” (TPLF), il quale ha dominato la politica etiope per quasi tre decenni prima che le proteste antigovernative portassero l’etnia Oromo al potere. Questo è accaduto nel 2018, con la nomina di Abiy Ahmed Ali, leader del Partito Democratico Oromo, a Primo Ministro dell’Etiopia. Il piano politico di Ahmed Alì è incentrato, oltre che ad una riappacificazione con la vicina Eritrea [4] che è valsa al Primo Ministro etiope il Nobel per la Pace 2019, sull’unificazione del Paese, andando ad eliminare i dissidi etnici e sociali interni. Il primo dicembre 2019 si compì il primo passo per questo suo progetto, portando alla fusione dei partiti etnici regionali in un nuovo unico “Partito della Prosperità” che raggruppa i principali movimenti prima espressione delle principali etnie [5]. Il TPLF ha tuttavia rifiutato di confluire in questa nuova formazione politica volendo conservare la propria autonomia. Questa ha creato forti tensioni con il governo federale, portando il TPLF verso posizioni sempre più isolate ed ostili nei confronti del governo di Addis Abeba.

Questi dissidi si palesarono il 9 settembre 2020, quando il TPLF decise di tenere le elezioni locali in Tigray, nonostante il governo federale le avesse annullate e rimandate al 2021 a causa della pandemia da Covid-19. Infine, il 3 novembre, il governo di Abiy Ahmed accusò milizie armate del TPLF di aver attaccato alcune caserme delle forze armate etiopi; questo offrì al governo il motivo per intervenire militarmente nella regione, iniziando di fatto una guerra civile contro il partito tigrino [6]. Ha così avuto inizio un aspro conflitto che contrappone le truppe di Addis Abeba alle milizie tigrine.

È importante considerare come la regione del Tigray non sia nuova a scontri armati, infatti, data la sua vicinanza con l’Eritrea che per molto tempo è stata il nemico principale dell’Etiopia, l’intero territorio tigrino è fortemente militarizzato. Inoltre, proprio grazie ad anni di guerra lungo il confine eritreo, le forze del TPLF sono tra le più addestrate e meglio equipaggiate della nazione, rendendo dunque gli scontri particolarmente agguerriti e cruenti. La guerra civile in atto continua tutt’oggi, caratterizzata sempre più da tecniche di guerriglia diffusa e attacchi indiscriminati nei confronti della popolazione civile.

Presenza internazionale e gravi violazioni dei diritti umani

Come già citato in precedenza, le informazioni che giungono dal Tigray sono poche e spesso non particolarmente chiare. Tuttavia, alcuni elementi sono stati confermati anche dallo stesso governo etiope. Di particolare rilevanza è stata l’ammissione da parte di Abiy Ahmed della presenza di truppe eritree penetrate nei territori etiopi per combattere i tigrini [7]. Questo elemento dona una dimensione più internazionale al conflitto in corso. La presenza di forze eritree nasce dal fatto che, il 14 novembre scorso, Asmara, capitale dell’Eritrea, sia stata colpita da diversi razzi lanciati - secondo gli eritrei - dalle forze tigrine. Questo episodio, unito al profondo odio che gli eritrei nutrono verso i tigrini, contro i quali hanno combattuto a lungo, ha spinto dunque le truppe eritree verso una pseudo-alleanza, un tempo impensabile, con il governo federale etiope in funzione anti TPLF. D’altro canto, i portavoce del TPLF hanno pubblicamente accusato anche gli Emirati Arabi Uniti di interferire nel conflitto a favore del governo centrale, rifornendo Addis Abeba con dei droni poi utilizzati nel conflitto. Resta invece dubbio il coinvolgimento di altri attori internazionali, come il Sudan, l’Egitto e la Turchia, tutti Paesi che avrebbero degli interessi per sostenere l’uno o l’altro fronte in guerra.

Altro elemento che appare purtroppo confermato da più parti è la presenza in Tigray di gravi violazioni dei diritti umani, perpetrate da entrambi gli schieramenti. L’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha infatti affermato che nella regione sono state commesse gravi violazioni del diritto internazionale, tra cui possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità [8]. Le truppe federali etiopi e, in particolare, quelle eritree si sarebbero rese protagoniste di stupri di massa e di esecuzioni sommarie nei confronti della popolazione tigrina. Al contempo, le forze del TPLF avrebbero ucciso centinaia di civili di etnia Amhara nei pressi della cittadina di Mai Kadra [9]. Tutto questo si svolge in un territorio già contraddistinto da una situazione umanitaria grave, caratterizzata da scarsità di cibo, con solo 13 ospedali su 38 funzionanti e con gran parte della popolazione locale in stato di estrema povertà. Si ritiene che attualmente siano oltre 1 milione le persone sfollate nel Tigray, alle quali vanno aggiunti gli oltre 60 mila profughi già fuggiti attraverso il confine con il Sudan [10].

La situazione in questa regione settentrionale dell’Etiopia è tutt’altro che vicina ad una soluzione, al contrario il conflitto si fa sempre più violento e le violazioni dei diritti umani sempre più diffuse. È importante che dalla comunità internazionale giunga una risposta forte per fermare queste atrocità che, per quanto distanti e nascoste siano, stanno sconvolgendo un'intera regione e la sua popolazione.

A cura di Andrea Ghilardi

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Fonti consultate:

[1] [2] https://www.senato.it/3182?newsletter_item=1727&newsletter_numero=162#3

[3] https://www.dirittoconsenso.it/2020/08/12/etiopia-nel-caos-tensioni-etniche/#:~:text=L'Etiopia%20%C3%A8%20uno%20dei,pi%C3%B9%20del%2070%25%20della%20popolazione.

[4] https://www.peaceagreements.org/view/2098

[5] https://www.analisidifesa.it/2020/12/la-guerra-nel-tigre-e-il-rischio-di-balcanizzazione-delletiopia/

[6] Vedi" class="redactor-autoparser-object">https://www.reuters.com/articl... cit. 5

[7] [8] https://www.crisisgroup.org/africa/horn-africa/ethiopia/b171-ethiopias-tigray-war-deadly-dangerous-stalemate

[9] Vedi" class="redactor-autoparser-object">https://www.bbc.com/news/world... cit. 8

[10] https://www.vox.com/22370629/ethiopia-tigray-eritrea-amhara-war-ethnic-cleansing

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Andrea Ghilardi

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