Il collasso Evergrande

L'immobiliare cinese che potrebbe far crollare la borsa mondiale

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  Francesco Marchesetti
  24 novembre 2022
  6 minuti, 6 secondi

Il caso Evergrande in breve

Nelle ultime settimane le borse di tutto il mondo hanno subìto una flessione dovuta in parte alla situazione che coinvolge Evergrande, il gruppo proprietario della seconda maggiore immobiliare cinese. Evergrande ha infatti accumulato negli anni un debito di 305 miliardi di dollari, pari circa al 2% del PIL della Cina: ciò la rende il gruppo immobiliare più indebitato al mondo. Ma come ha fatto uno dei conglomerati immobiliari più importanti, che nel 2020 ha venduto appartamenti per il valore di 110 miliardi di dollari, ad accumulare una mole di deficit pari al debito pubblico di uno Stato di medie dimensioni?

La risposta è da ricercare nella storia dell’azienda e nel suo modello di business; Xu Jiayin – l’ingegnere metalmeccanico che nel 1996 fondò l’azienda in parallelo all’apertura del mercato cinese verso l’iniziativa privata e all’enorme ondata di urbanizzazione del Paese – ha infatti privilegiato un modello di crescita esponenziale: richiedere prestiti alle banche per comprare terreni, edificarli e vendere case molto rapidamente a scapito di un basso margine di profitto, per poi reinvestire immediatamente. Inoltre, come racconta Michael Forsythe sul New York Times del 28 settembre, le case venivano acquistate prima di essere materialmente ultimate, con gli acquirenti che arrivavano a versare acconti fino al 100% del prezzo totale della casa finita, fornendo al gruppo Evergrande grandissime risorse economiche nel breve termine.

Le due conseguenze dirette di questo modello d’azienda sono state la crescita inarrestabile del gruppo (che al suo apice possedeva la squadra di calcio più forte della Cina e operava in settori che andavano dall’acqua minerale all’energia solare) e il suo indebitamento senza precedenti.

Evergrande ha infatti contratto un debito con le banche cinesi che i suoi moderati margini di profitto sulla vendita immobiliare rendono impossibile da saldare. Il conglomerato ha inoltre venduto 1,4 milioni di appartamenti non ultimati per un valore di 200 miliardi di dollari ad acquirenti che, pur avendo versato ingenti acconti, ora si trovano davanti ai cantieri bloccati.

Come raccontano le giornaliste Alexandra Stevenson e Cao Li sul New York Times del 12 ottobre, Evergrande ha messo i suoi 120.000 dipendenti davanti a una scelta: o prestare del denaro al gruppo per aiutarlo a risanare il debito, o perdere i propri bonus salariali.

Le cause del crollo

Dai primi anni ’90, con il governo cinese deciso a imprimere una svolta al Paese allentando i controlli e sperimentando l’apertura al capitalismo, la proprietà di un immobile è diventata sempre più importante. Inoltre, l’investimento immobiliare si è confermato il modo più comune per garantirsi un margine di sicurezza in un’economia che ancora oggi ha uno scarso apparato di welfare rispetto, ad esempio, all’investire in borsa: più rischioso, meno redditizio e limitato ai titoli di Stato per un cinese medio. Per più di due decenni, Evergrande è stata l’azienda più grande del settore immobiliare cinese, con banche e investitori che scommettevano non tanto sull’azienda, quanto sulla crescita della classe media cinese e la conseguente crescita della domanda di case. Ciò ha permesso alla compagnia di diventare un baricentro economico e di potere in un’economia che si affidava moltissimo alla domanda immobiliare in continuo aumento per alimentare la propria crescita economica.

Il cambiamento di questo modello è rilevato da un rapporto del NFID (Istituto Nazionale per la Finanza e lo Sviluppo, con sede a Pechino), il quale evidenzia come il boom immobiliare cinese “stia mostrando segni di una svolta decisiva”: la domanda di nuovi immobili è calata molto negli ultimi anni, e questo sta contribuendo a un rallentamento generale della crescita economica cinese. Il rallentamento della crescita frenetica del mercato immobiliare rappresenta la prima causa del collasso di Evergrande, i cui danni causati sono diventati impossibili da ignorare (più di 800 progetti incompiuti in 200 città).

Questo si lega alla seconda causa, ovvero la recente stretta del governo cinese sul proprio settore finanziario. L’idea di fondo, come spiegano Il Post e Bloomberg, è quella di un’azione sistemica di controllo e repressione del settore privato, per evitare, citando le parole del leader Xi Jimping, “l’espansione disordinata del capitale”, raggiungere “la prosperità condivisa” e, al contempo, ridurre la dipendenza cinese dal capitale straniero. Nel tentativo di regolamentare maggiormente il settore immobiliare, riportandolo il più possibile sotto il controllo statale, le autorità cinesi hanno tolto a Evergrande la propria fonte di liquidità con cui portare a compimento i progetti iniziati, varando una legge che limita la possibilità per le banche di prestare denaro a gruppi indebitati oltre una certa soglia, che ovviamente il gruppo di Xu Jiayin supera abbondantemente.

Le probabili conseguenze

Pechino vuole cambiare rotta, e da tempo ha segnalato che non tollererà più questa strategia di indebitamento eccessivo per alimentare lo sviluppo commerciale. Questo rende difficile prevedere cosa succederà adesso: se il governo dovesse salvare Evergrande, passerebbe il messaggio che alcune aziende sono “troppo grandi per fallire”, e questo, secondo Logan Wright, ricercatore sulla Cina per la società di consulenza Rhodium Group, danneggerà la credibilità e ridurrà l’efficacia della campagna contro la speculazione immobiliare; al contrario, se Pechino dovesse fare della compagnia un esempio, lasciandola fallire per dimostrare la risolutezza della propria riforma, 1,6 milioni di acquirenti si ritroverebbero senza casa e migliaia di creditori perderebbero i loro soldi.

Inoltre, il collasso di Evergrande potrebbe causare danni a catena per tutta l’economia cinese. Il panico di proprietari e fornitori potrebbe incidere sui prezzi, mentre la scossa per i mercati finanziari globali renderebbe più difficile per le compagnie cinesi continuare ad affidarsi a investimenti esteri, causando una crisi del credito. Il professor Pei dell’Università californiana Claremont McKenna sostiene che “l’impatto economico sarebbe impossibile da contenere con una dimostrazione di forza, perché avrebbe effetto sulla fiducia dei consumatori e le decisioni microeconomiche di milioni di persone”, e alcuni già lo definiscono un “momento Lehman”, in riferimento al collasso della banca che nel 2008 ha dato inizio alla crisi finanziaria.

Ma non tutti sono altrettanto pessimisti. In Cina il governo controlla direttamente le banche e il flusso di denaro in entrata e in uscita dal Paese, cosa che permetterebbe di arginare una potenziale fuga di capitali all’estero. Le autorità gestiscono anche la copertura mediatica e quindi almeno parzialmente il sentimento dei mercati interni, oltre ad avere un controllo sul tessuto produttivo che permetterebbe loro di gestire un eventuale fallimento in maniera controllata, smantellando la compagnia e vendendo o statalizzando le sue parti. Inoltre, secondo Bruce Pang, economista al China Renaissance Securities, se la Cina finisse per uscirne indenne, il ritorno in termini di credibilità e controllo sull’economia sarebbe molto alto.

La previsione più realistica rimane comunque quella di Zhu Ning, vicepreside dell’Istituto Avanzato di Finanza di Shanghai, che sostiene che “le imprese statali si assicureranno che gli appartamenti vengano ultimati per evitare instabilità sociale, […] ma gli investitori faranno fatica”.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.nytimes.com/article/evergrande-debt-crisis.html

https://www.nytimes.com/2021/09/28/business/china-evergrande-economy.html

https://www.nytimes.com/2021/09/21/business/evergrande-default-china.html

https://www.nytimes.com/2021/09/26/business/china-evergrande-crisis.html

https://www.nytimes.com/2021/09/19/business/china-evergrande-debt-protests.html

https://www.washingtonpost.com/business/2021/09/21/china-evergrande-faq/

Evergrande rimbalza in Borsa, ma le autorità locali si preparano al default” di Rita Fatiguso su Sole 24 Ore del 23 settembre 2021

https://www.ilpost.it/2021/08/23/cina-tecnologia-capitalismo/

https://www.reuters.com/world/china/china-evergrande-shares-plummet-default-risks-2021-09-20/

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L'Autore

Francesco Marchesetti

Studente di Lettere Moderne.
Aspirante giornalista, certo che l'informazione libera debba essere un diritto universale.

Student in Modern Literature.
Aspiring journalist, certain that freedom of information should be a universal right.

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