Il boom delle criptovalute in Nigeria

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  Giulio Ciofini
  10 ottobre 2021
  4 minuti, 47 secondi

Il fenomeno del commercio peer-to-peer (P2P) delle criptovalute non è sicuramente una notizia dell’ultima ora ma, in particolare con il rientro della pandemia globale e di conseguenza del settore produttivo mondiale, ha raggiunto uno dei suoi punti più alti. Tra le aree del mondo dove la diffusione del commercio delle criptovalute è cresciuta esponenzialmente vi è l’Africa, trainata da alcune nazioni come Kenya, Nigeria e Ghana; nella regione difatti, nel giro di un anno, il mercato delle monete digitali è cresciuto di circa il 1200%. Un incremento che ha reso a tutti gli effetti tale continente come l’area dove l’accesso alle piattaforme P2P per le transazioni è maggiore al mondo.

Al giorno d’oggi però il caso della Nigeria per quanto riguarda il commercio di criptovalute è indubbiamente il più emblematico visti i livelli raggiunti negli ultimi due anni. Stando ai dati di una delle maggiori piattaforme di trading P2P, Paxful, Lagos è seconda solo agli Stati Uniti per quanto riguarda il commercio di bitcoin, una delle criptovalute più celebri, tanto che da dicembre 2020 a maggio 2021 il valore in dollari delle transazioni è cresciuto da 684 milioni a 2.4 miliardi. Le ragioni della diffusione di un fenomeno di questo tipo sono molteplici e abbracciano questioni tanto economiche quanto politiche.

Indubbiamente in Nigeria ci troviamo di fronte un contesto economico difficile e problematico, sia sotto il piano monetario che lavorativo. Dal 2020 infatti l’inflazione è tornata a salire sensibilmente passando dall’11,4% del 2019 a numeri che oscillano tra il 18% e il 17% nel corso di quest’anno. La Naira nigeriana ha subito negli ultimi anni una svalutazione piuttosto significativa e ciò, unita ad una crescita pressoché bloccata e ad un tasso di disoccupazione particolarmente alto, aggravato dalla pandemia globale, ha costruito un terreno particolarmente fertile per la diffusione del commercio di criptovalute in Nigeria, una nazione dove la pratica delle truffe attraverso le gift card era ed è ancora oggi particolarmente diffusa.
A prova di ciò vi è sicuramente il tema delle rimesse dei migranti dall’estero, una pratica che si lega particolarmente bene con la natura digitale delle criptovalute. Si tratta di una questione che, certamente, in Africa concerne numerosi Paesi ma che in Nigeria ha da sempre raggiunto i valori più alti. Quello delle rimesse è un tema che mostra in modo lampante l’impatto delle criptovalute nel Paese, visto che nello scorso anno il flusso di denaro arrivato dai lavoratori all’estero nel Paese ha superato di poco i 17 miliardi di dollari scendendo di più di 6 miliardi di dollari rispetto al 2019 e toccando il valore più basso dal 2007.

La Banca Centrale Nigeriana (CBN) è ormai da tempo preoccupata dell’impatto della crescente popolarità delle criptovalute nel Paese, in particolare proprio tra i giovani. Difatti lo scorso 5 febbraio la CBN ha rilasciato un’ordinanza nei confronti di tutti gli istituti finanziari mirata a bloccare tutte le transazioni in criptovalute nel Paese, tanto che vennero chiusi numerosi conti sia individuali che aziendali coinvolti in questa tipologia di transazione. Il cosiddetto Crypto Ban, non ha però ottenuto gli effetti sperati in Nigeria; non solo da una parte per la confusione che la nuova regolamentazione ha provocato, specie sulle conseguenze dovute ad una violazione dell’ordinanza, ma anche perché dall’altra la situazione monetaria della Naira continua a peggiorare considerevolmente.

Le decisioni della CBN non hanno ottenuto l’effetto sperato, ovvero la diminuzione delle transazioni in criptovalute nel Paese. Se infatti le banche e gli istituti finanziari, i canali fino ad allora più utilizzati dai cittadini, non possono più facilitare il commercio di valute digitali, le persone si sono rifugiate nel commercio peer to peer attraverso piattaforme come Remitano e Paxful dove sostanzialmente è possibile evitare l’intervento di un intermediario e il trasferimento di denaro avviene direttamente da un conto all’altro. Nella pratica, il Crypto Ban ha sostanzialmente incentivato una pratica ancor più difficile da tracciare sia per quanto riguarda i conti corrente coinvolti che l’oggetto della transazione.

Proprio in questo mese però era prevista l’ultima mossa da parte del governo nigeriano e della Banca Centrale, ovvero il lancio della propria moneta digitale, l’e-naira. Lancio che è stato posticipato la scorsa settimana. Una scelta che dunque si unisce a quella del Ghana e soprattutto che segue il percorso inaugurato recentemente proprio dalla Cina che negli ultimi mesi si sta strenuamente operando proprio per far fronte al commercio di criptovalute. L’e-naira, che entrerà nel novero delle criptovalute mondiali ancorata alla Naira fisica, nella visione di Godwin Emefiele, governatore della Banca Centrale Nigeriana, dovrebbe dunque se non fermare almeno limitare la diffusione ingente di criptovalute nel Paese. Un obiettivo che secondo molti osservatori pare estremamente complesso in particolare perché il successo dell’e-naira sarà strettamente legato al modo in cui la nuova moneta digitale saprà rispondere alle ragioni che abbiamo citato e che hanno spinto numerosi nigeriani ad usare sempre di più le criptovalute.

Sarà pertanto fondamentale che l’e-naira riduca sensibilmente i costi di transazione e riesca a proteggersi dal rischio di cambio. Specie nel primo periodo di implementazione sarà infatti difficile per la nuova valuta riuscire a performare vista la forte pressione generale, data anche dalla scarsa fiducia nella Banca Centrale dei nigeriani. Ad ogni modo però, il piano del governo nigeriano dovrebbe perlomeno riuscire a regolamentare lo scambio della Naira, in particolare limitare il mercato nero intorno alla moneta nazionale nigeriana.

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L'Autore

Giulio Ciofini

Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna
Master ISPI in International Cooperation

Autore, Framing The World, Mondo Internazionale

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Nigeria criptovalute Finanza