I diritti delle madri detenute nell’ordinamento italiano

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  Redazione
  22 maggio 2021
  3 minuti, 36 secondi

Maternità e carcere: un ossimoro. Quando a essere private della libertà personale sono delle madri, i diritti fondamentali da tutelare che entrano in gioco sono due: quello alla maternità e quello dei bambini ad avere un’infanzia libera. Risulta necessario, quindi, procedere a un bilanciamento tra l’interesse punitivo dello Stato e la tutela dei suddetti diritti, cioè alla maternità e a un’infanzia serena. Spesso, infatti, la madre reclusa è l’unica responsabile della cura del minore che si trova così a dover “scontare” una pena senza aver mai commesso alcun reato.

Originariamente, sono state due le alternative proposte per una migliore gestione del fenomeno: da un lato vi è la possibilità che, in alcuni casi specificatamente consentiti dalla legge, la madre detenuta possa tenere con sé il minore durante l’espiazione della pena o durante la misura cautelare. D’altra parte, invece, si potrebbe optare per un distacco forzato, che comporterebbe una brusca interruzione del legame affettivo di cui l’ordinamento è chiamato a prendersi carico, soprattutto al fine di tutelare i diritti del minore coinvolto.

Esiste, tuttavia, una terza opzione: far scontare alle madri le pene detentive in strutture che assomiglino il meno possibile a un carcere, affinché possano crescere i propri figli in un ambiente più sano.

La legge n. 62 del 2011 prevede misure alternative al carcere per le madri con figli di età inferiore o, al più, uguale ai sei anni, salvo esigenze eccezionali. Le misure alternative disciplinate all’interno di tale provvedimento sono gli Istituti a custodia attenuata per le madri (ICAM) e le case-famiglia protette. La ratio della legge è evitare che i bambini affrontino i primi anni di vita dietro le sbarre. Tuttavia, la legge non ha sortito gli effetti desiderati. Come evidenziato da “Osservatorio Diritti”, lo scopo del provvedimento era quello di favorire gli arresti domiciliari e la creazione di case-famiglia protette, mentre la soluzione più utilizzata rimane quella degli ICAM, ossia un’istituzione carceraria a tutti gli effetti seppure attenuata.

Gli ICAM in Italia sono solo cinque, tra cui San Vittore a Milano e la Giudecca a Venezia. Presentano numerose differenze con le carceri: per esempio, è presente personale carcerario, ma non in divisa, e l’ambiente risulta complessivamente più ospitale. Tuttavia, le regole restano le stesse in vigore nel penitenziario.

Le case-famiglia protette, invece, sono strutture destinate a ospitare solo madri agli arresti domiciliari e i rispettivi bambini. La differenza sostanziale con gli ICAM è che all’interno di questi istituti le misure restrittive e le regole della detenzione si applicano solo alle donne: non c’è alcun personale di polizia, ma solamente il controllo esterno. Per esempio, se un bambino vuole invitare un amico o fare una festa può farlo liberamente. Nonostante siano evidenti e notevoli gli effetti positivi delle case-famiglia protette, in Italia ne esistono solo due: una a Roma, la Casa di Leda, e l’altra (privata) a Milano. È problematico il fatto che l’accesso alle predette strutture rimane limitato, in quanto gli oneri di spesa non sono a carico statale: sono, infatti, a carico dei privati o degli enti locali.

In ultima istanza, è importante sapere che all’interno dei penitenziari c’è, quantomeno di frequente, la sezione nido per i bambini. Alcune sono ampie e sufficientemente adeguate, ma restano pur sempre stanze in un carcere. In alcune strutture penitenziarie esistono solamente le cosiddette “celle nido”, che altro non sono che delle celle con bambini dentro.

Il Ministero della Giustizia riporta, sul proprio sito Internet, le statistiche mensili elaborate dall'amministrazione penitenziaria relative alle madri sottoposte a esecuzione penale e ai loro figli. A far data del 30 aprile 2021, le madri detenute con figli al seguito risultavano essere ventidue, accompagnate dai loro ventitré figli.

Di recente, il numero di madri presenti nelle strutture detentive e dei rispettivi figli è calato in maniera importante. Tuttavia, il calo pare essere imputabile, in misura prevalente se non esclusiva, alla pandemia da Covid-19 che ha paralizzato il mondo nel corso dell’ultimo anno e mezzo e in ragione della quale sono state disposte misure di contrasto al problema (assai diffuso in Italia) del sovraffollamento carcerario.

Sitografia:

- https://www.giustizia.it/giust...

- https://www.questionegiustizia...

- https://www.repubblica.it/soli...

https://unsplash.com/it/foto/_...


a cura di Rebecca Scaglia 

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