I Digital Green Certificate: il progressivo ritorno alla libertà di circolazione

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  Alessandro Micalef
  07 maggio 2021
  3 minuti, 53 secondi

La pandemia di Covid-19 ha fortemente limitato gli spostamenti degli individui da un Paese ad un altro. In Italia, con la suddivisione “per colore” delle Regioni, per intere settimane è stato impedito alle persone di allontanarsi anche solo dal proprio comune, salvo che ciò fosse giustificato da esigenze specifiche. Le ricadute sulla vita delle persone sono state notevoli: la quotidianità ha subito stravolgimenti inattesi, richiedendo ai cittadini dell’UE di evitare in ogni modo il contatto con persone esterne al proprio nucleo famigliare. Ciò ha portato, tra le altre cose, ad una diffusione dello smart-working per i lavoratori e della DaD per gli studenti, talvolta eliminando completamente gli spostamenti quotidiani.

Con la diffusione dei vaccini in tutta l’Unione, tuttavia, si è avvertita la necessità di trovare un modo per monitorare la pandemia e consentire, allo stesso tempo, la libertà di circolazione. Alcuni Paesi hanno già iniziato a considerare la possibilità di utilizzare dei documenti, cartacei o digitali, che permettano ai cittadini di muoversi liberamente, laddove dimostrino di non poter diffondere il contagio. In Italia, nelle scorse settimane, si era parlato della possibilità di un “passaporto sanitario”, per consentire alle persone di spostarsi in Paesi esteri, a partire dai mesi estivi.

L’Unione Europea si sta adoperando affinché si possa consentire alle persone di tornare a viaggiare all’interno degli Stati membri, senza doversi sottoporre alle quarantene, che spesso sono state previste nell’ultimo anno. A questo proposito, il 17 marzo, la Commissione europea ha adottato una proposta per regolare i Green Digital Certificates: costituiranno una prova digitale dell’avvenuta vaccinazione, del risultato negativo di un test per rilevare tracce del virus o dell'avvenuta guarigione. Il certificato conterrà, inoltre, informazioni essenziali: nome, cognome e data di nascita, Stato membro emittente e un codice di identificazione unico del certificato.

Per il rilascio di tale certificato si farà riferimento alle autorità nazionali, che potranno incaricare ospedali o altre autorità sanitarie. Il rilascio potrà avvenire gratuitamente in formato digitale o, su richiesta, cartaceo. Affinché questo strumento possa essere utile allo scopo preposto, sarà necessario che venga garantita la sua completa affidabilità. In particolare, sarà importante impedire la possibilità di falsificazione delle versioni cartacee, più suscettibili di manomissioni.

Sebbene l'attuale idea della Commissione sia di poter usare il certificato per consentire gli spostamenti da un Paese ad un altro, sembra plausibile che in futuro possa essere utilizzato anche per consentire l’accesso a luoghi quali musei, cinema e teatri. Il controllo del certificato dovrebbe avvenire tramite la scansione di un QR code presente sul documento stesso, sia esso in formato digitale o cartaceo.

Secondo quanto previsto dall'UE, l'apparato predisposto per il sistema dei certificati sarà operativo a partire dall’estate 2021, ma l’applicazione potrebbe risultare più problematica nei singoli Paesi.

La speranza è che questo certificato possa ottenere risultati migliori di precedenti tentativi di monitorare il virus. In particolare, poiché il sistema dei certificati si baserà presumibilmente su registri online e app, ci si augura che queste ultime funzionino in modo adeguato e possano consentire di verificare celermente se la persona interessata presenti rischio di contagio.

Un ulteriore elemento potenzialmente critico è legato all’importanza di non trasformare i certificati in strumenti di discriminazione. In attesa di scoprire esattamente quali informazioni sugli individui si potranno ottenere tramite la sola scansione del QR code, sarebbe auspicabile ci si limitasse a valutare se l’individuo sia “idoneo” o “non idoneo” a viaggiare. Se fosse possibile comprendere, senza leggere il certificato, ma solo scansionando il codice, se il soggetto sia “vaccinato” (ed eventualmente con quale vaccino), “negativo al test” o “guarito”, si potrebbero venire a creare situazioni di favoritismo per i soggetti vaccinati e di discriminazione per le altre categorie. Questa considerazione viene fatta anche alla luce della possibilità che un esito positivo del sistema dei certificati porti all'estensione della loro applicazione anche alla frequentazione di cinema, teatri, musei e ristoranti. In tal caso, una situazione che precluda l’accesso a determinati luoghi ai soggetti non vaccinati sarebbe decisamente non auspicabile.

In ogni caso, la scelta di utilizzare questi certificati è circoscritta ad una fase di convivenza con il virus, cioè finché l'intera popolazione europea non sarà vaccinata o, quantomeno, fino al momento in cui si raggiungerà la cosiddetta "immunità di gregge”. È evidente, quindi, come questo sia un passo ulteriore verso il superamento della situazione affrontata lo scorso anno. La Commissione ha previsto che i Green Digital Certificates potranno venire utilizzati a partire dal mese di giugno, resta da comprendere come funzioneranno in concreto.

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L'Autore

Alessandro Micalef

Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Milano.

Ha una propensione per lo studio delle materie umanistiche sin dagli anni del liceo, soprattutto quelle storiche.

Durante i suoi studi universitari sviluppa un interesse per il Diritto Internazionale ed Europeo, più in particolare per i Diritti dell’Uomo in entrambi i contesti.

Oggetto della sua tesi di laurea è stato il caso che coinvolge Gambia e Myanmar davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, in cui il Myanmar viene accusato di genocidio ai danni della minoranza etnica Rohingya.

All’interno di Mondo Internazionale è autore per l’area tematica di Organizzazioni Internazionali.


Law Graduate from Università degli Studi di Milano.

He has a propensity for humanistic subjects since high school, especially for historical ones.

During his academic studies, he develops an interest for International Law and European Law, in particular Human Rights in both contexts.

His final dissertation was related to the case concerning The Gambia and Myanmar in front of the International Court of Justice, where Myanmar is accused of genocide perpetrated against Rohingya ethnic minority.

Within Mondo Internazionale he is author in the context of International Organizations.

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