"Govcoins" parte 1: le cause

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  Davide Bertot
  16 giugno 2021
  5 minuti, 24 secondi

“L’agire economico, almeno in una società capitalistica, non può essere spiegato senza tenere in considerazione il denaro” scriveva Joseph Schumpeter nel 1939. Tuttavia, i moderni sistemi bancari stanno subendo pressioni crescenti a causa della digitalizzazione del denaro, e rischiano di non sopravvivere al nuovo grande progetto delle banche centrali di tutto il mondo, la creazione di valute digitali di stato.

In questo primo articolo sui cosiddetti “govcoins” ci focalizzeremo sul ruolo delle banche centrali e sulle motivazioni che le spingono a voler sviluppare una tecnologia così rivoluzionaria per l’economia moderna.

Il ruolo tradizionale di banche e banche centrali

Le banche sono così fondamentali per le nostre economie non solo perché permettono di custodire il denaro, ma anche perché sono in grado di crearlo: è altamente improbabile che tutti coloro che hanno depositato i loro soldi li chiedano indietro nello stesso momento, e sapendolo le banche possono prestare una parte di questo denaro, finanziando l’investimento privato e guadagnandoci grazie ai tassi d’interesse. Nel fare questo, poiché così sia chi ha il deposito sia chi riceve il prestito possiedono quel denaro nello stesso momento, la quantità di moneta circolante nell’economia aumenta in risposta ad un aumento della domanda.

Tuttavia, questo sistema bancario detto “a riserva frazionaria” ha anche l’effetto di rendere le banche istituzioni intrinsecamente instabili, e la storia economica recente ci ricorda quanto bolle speculative e crisi finanziarie siano alla base di molte delle più severe recessioni della modernità. Qui entrano in gioco le banche centrali, che hanno il compito fondamentale di mantenere la stabilità dei prezzi e che pongono dei freni alla capacità delle banche di produrre nuova moneta. Per fare ciò, le banche centrali controllano il cosiddetto tasso d’interesse ufficiale, il tasso a cui prestano denaro alle banche commerciali: più questo è alto, più alto sarà il costo per le banche, che lo ripagheranno aumentando i propri tassi d’interesse, rendendo i prestiti meno convenienti e quindi diminuendo la creazione di nuova moneta. Ma le banche centrali possono anche contribuire all’aumento dell’offerta di moneta, poiché sono le uniche a poter stampare le banconote fisiche utilizzate dalle persone.

Dunque, c’è una sorta di equilibrio fra le due istituzioni nel creare nuova moneta, perché la quantità di moneta nell’economia può crescere sia per un aumento della domanda che per decisione della banca centrale. Ma questo delicato equilibrio è oggi messo in discussione dai nuovi modi con cui il denaro viene usato.

La digitalizzazione

Nell’ultimo decennio lo sviluppo tecnologico ha pervaso anche la finanza, modificando radicalmente il ruolo del denaro e delle banche nell’economia. Le valute digitali come il Bitcoin sono passate dall’essere un’utopia anarchica di “finanza decentralizzata” a valere 1 trilione di dollari. I giganti del tech hanno sviluppato sistemi di pagamento veloci e facili e valute private che potrebbero diminuire la necessità delle transazioni bancarie. Aziende come PayPal, Visa e MasterCard hanno oltre 3 miliardi di utenti che utilizzano quotidianamente portafogli digitali e app per i pagamenti.

Tutti questi sviluppi mettono in crisi il ruolo delle banche come intermediari per le transazioni e per il credito privato, ma le banche centrali temono una cosa ancora peggiore: perdere la loro capacità di controllo sull’economia. Se pagamenti, depositi e prestiti si spostano dalle banche agli spazi digitali dei big tech, le banche centrali faticheranno sempre di più a gestire il ciclo economico e a utilizzare le politiche monetarie per stabilizzare l’economia durante una crisi (senza contare che network privati e non controllati potrebbero diventare il paradiso di frodi e abusi della privacy).

Ma se le banche centrali non possono più utilizzare le banche come intermediari per attuare le proprie politiche monetarie, per non diventare irrilevanti esse devono adottare misure più radicali.

Central Bank Digital Currency (CBDC)

Qui entrano in gioco le valute digitali delle banche centrali, una forma di moneta digitale emanata e regolata dall’autorità monetaria di una nazione.

Questo equivalente digitale delle banconote “reali” permetterebbe ai cittadini di depositare i propri risparmi direttamente nelle banche centrali. In questo modo, le persone potrebbero effettuare pagamenti senza la necessità di un istituto bancario che agisca come intermediario, cosa che produrrebbe un sistema finanziario più solido: se il sistema odierno è costoso e inefficiente, è anche a causa dell’insicurezza legata alla cattiva gestione dei fondi bancari, mentre le valute digitali di stato utilizzerebbero un sistema di pagamento conveniente e centralizzato che eliminerebbe i costi di transazione e ridurrebbe il rischio di fallimento e perdita dei propri risparmi.

Inoltre, le CBDC sfrutterebbero i vantaggi delle valute digitali mantenendo la stabilità di una valuta tradizionale: diversamente dalle criptovalute, il cui valore è altamente volatile perché non è garantito da alcuna istituzione, le CBDC godrebbero di una maggiore fiducia nei mercati finanziari proprio perché le banche centrali garantirebbero il loro valore monetario e legale fissandolo a quello delle banconote.

La situazione attuale

In questo momento, oltre 50 banche centrali stanno sperimentando o analizzando la possibilità di istituire una CBDC. Le Bahamas hanno già emesso il Sand Dollar, la Cina ha testato il suo e-yuan su 500.000 persone e gli USA stanno implementando un ipotetico e-dollar. Per alcuni questa pratica è anche una sorta di corsa all’oro, di vitale importanza per non rimanere indietro in un mondo economico sempre più digitalizzato: l’UE ha in programma un euro digitale per il 2025 perché vuole tutelare la sovranità monetaria della BCE e l’autonomia di cittadini e delle imprese europee, e questo perché per ora il mercato dei pagamenti digitali è dominato da attori esteri (il mercato delle carte di credito è in mano alle statunitensi Visa e MasterCard, le app per i pagamenti digitali sono americane e asiatiche, e persino Facebook ha creato una propria moneta digitale che sfida apertamente la sovranità delle banche centrali).

Tuttavia, questa disintermediazione ha anche dei risvolti preoccupanti, come la centralizzazione del potere economico ancora di più nelle mani dello stato, che potrebbe facilmente monitorare e controllare le spese dei cittadini, o il rischio di attacchi informatici che potrebbero mettere in ginocchio un’intera economia. Inoltre, se ora è possibile immaginare un futuro senza banche, grazie alle valute digitali delle banche centrali e alle transazioni digitali dei colossi del tech, dobbiamo chiederci: è davvero il futuro che vogliamo?

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L'Autore

Davide Bertot

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Economy