Facebook Files n° 2: i trattamenti preferenziali di Facebook nei confronti degli utenti VIP

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  Redazione
  01 dicembre 2021
  3 minuti, 51 secondi

A cura di Francesco Marchesetti e Federico Quagliarini

La promessa democratica di Facebook

Uno dei princìpi fondanti della filosofia di Facebook, più volte ribadita dal suo fondatore Mark Zuckerberg, è garantire lo stesso grado di libertà di parola ai suoi (più di tre miliardi) utenti, senza distinzioni fra persone comuni ed élite politiche, culturali o giornalistiche. La promessa che gli standard di comportamento siano imposti trasversalmente e democraticamente a ogni tipo di utente, come spiegano le giornaliste del New York Times Sheera Frenkel e Cecilia Kang nel loro libro An Ugly Truth (pubblicato in Italia da Einaudi con il titolo Facebook: l’inchiesta finale), è alla base del successo planetario del social network.

I Facebook Files – i documenti privati di Facebook che la wistleblower Frances Haugen ha consegnato alla stampa, e di cui abbiamo già parlato su Mondo Internazionale – hanno rivelato come l’azienda abbia in realtà costruito un sistema che esclude utenti di alto profilo da alcune o da tutte le sue regole.

Il programma XCheck

Questo programma, conosciuto internamente con il nome di “cross check” o “XCheck” (in italiano, “controllo incrociato”), era nato come una misura di controllo sulle azioni prese nei confronti di account di alto profilo, i quali comprendevano giornalisti, celebrità e politici. Nel tempo, tuttavia, si è evoluto in un meccanismo di protezione che esclude milioni di utenti VIP dalle normali azioni enforcement che Facebook porta avanti contro chi vìola le linee guida del social network.

Il programma XCheck ha permesso, ad esempio, che nel 2019 il calciatore brasiliano Neymar Jr non subisse sanzioni o restrizioni al proprio account Facebook (con decine di milioni di followers) in seguito alla pubblicazione di foto intime di una donna che lo aveva accusato di stupro; in questa occasione, Facebook si limitò a rimuovere le fotografie. Altri account inseriti nella whitelist di XCheck non hanno subìto conseguenze dopo aver diffuso varie fake news, come quella riguardante a una presunta azione di insabbiamento di un gruppo di pedofili a opera dell’ex candidata alla presidenza degli Stati Uniti Hillary Clinton, oppure quella relativa a una falsa dichiarazione attribuita all’ex presidente statunitense Donald Trump, secondo cui si sarebbe rivolto ai rifugiati in cerca di asilo definendoli “animali”.

Una nota interna del team di revisione di Facebook datata 2019 e contenuta nei Files pubblicati sul Wall Street Journal, che analizzava le pratiche di whitelisting del social network, definiva i favoritismi nei confronti degli utenti di alto profilo “molto diffusi e indifendibili pubblicamente” e ammetteva pertanto al direttivo di “non star facendo ciò che affermiamo pubblicamente di fare”; la nota definiva le azioni della compagnia “una violazione di fiducia” e aggiungeva: “Queste persone, a differenza del resto della nostra community, possono violare i nostri standard senza subire conseguenze”.

Si potrebbe quindi creare un caso per cui un utente, qualora venisse diffamato da un altro utente, potrebbe non essere tenuto alla rimozione del post, o comunque non subirebbe le dovute conseguenze. Il tasto “segnala utente” sul social network potrebbe essere inefficace di fronte ai potenti membri delle whitelist.

L’Oversight Board

La questione è stata portata all’attenzione dell’Oversight Board di Facebook, contestando la poca trasparenza della gestione del social network e chiedendo chiarimenti in merito. L’Oversight Board è una commissione creata da Mark Zuckerberg nel 2020 composta da 20 membri, il cui principale compito è quello di monitorare i contenuti postati sulle piattaforme di Facebook e Instagram.

L’Oversight Board non ha una precisa fonte normativa a cui attingere: il suo statuto afferma che il compito del board è quello di conciliare le policy e i valori di Facebook con le leggi degli Stati sovrani e il diritto internazionale, con particolare attenzione ai diritti umani. Tuttavia, questa fonte normativa risulta ambigua, poiché non è chiaro se la precedenza, nel prendere decisioni riguardanti ai prodotti del gruppo Facebook Inc. (ora Meta) venga data alle leggi degli Stati sovrani piuttosto che alla politica aziendale del gruppo. Il conflitto d’interessi è evidente, come risulta lampante che l’investigazione del board sui file XCheck possa risultare timida, se non del tutto inefficace.

Fonti consultate per il seguente articolo:


Facebook Says Its Rules Apply to All. Company Documents Reveal a Secret Elite That’s Exempt
, di Jeff Horwitz, pubblicato sul Wall Street Journal del 13 settembre 2021

https://www.lawfareblog.com/fa...

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