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HUMINT - una costante storica

Storia dell'Intelligence

Nell’immaginario comune, l’attività d’intelligence si concretizza attraverso le attività sul campo svolte da un agente preposto alla raccolta informativa attraverso i cosiddetti informatori. Quella che all’apparenza, può sembrare una attività scenica, spesso cinematograficamente fantasiosa, è in realtà un complesso processo svolto principalmente da due attori, ossia l’agente e la fonte d’intelligence, accomunati da uno spiccato senso empatico che porta il primo a richiedere informazioni, ed il secondo a fornirle. Questo processo così descritto è universalmente conosciuto con l’acronimo HUMINT (Human Intelligence), ossia più semplicemente la raccolta di informazioni attraverso fonti umane (uomini o donne indistintamente) e contatti interpersonali direttamente sul campo, il che fa della HUMINT la modalità d’intelligence più antica e dunque anche più utilizzata. Le modalità con cui le operazioni HUMINT vengono condotte dipendono sia da protocolli ufficiali, sia dalla natura delle fonti d’informazione, che possono essere di vario genere, ossia neutrali, amiche o ostili; possono inoltre essere consapevoli o inconsapevoli del proprio ruolo e coinvolgimento nel processo di raccolta delle informazioni e molto spesso lo scambio di informazioni avviene a seguito di pagamento o scambio di favori. La HUMINT concretamente è articolata in tre branche o meglio sottocategorie che delineano tre diverse tipologie d’azione, le quali hanno comunque alla base la raccolta di informazioni attraverso il contatto interpersonale tra l’agente e l’informatore. La prima di queste sottocategorie è la HUMINT OVERT, ossia quell’attività la cui natura non è secretata e si realizza mediante la raccolta di elementi informativi attraverso la consultazione o l’osservazione diretta di fonti aperte, come ad esempio gli interrogatori di immigrati, rifugiati e prigionieri di guerra, le analisi di quotidiani e pubblicazioni varie a stampa e i debriefing dei viaggiatori e degli equipaggi aerei e navali. Data la natura totalmente non secretata delle fonti aperte consultate, va da se che lo svolgimento delle operazioni avviene alla luce del sole, andando a secretare esclusivamente le finalità stesse della ricerca informativa effettuata. Altra sottocategoria è la cosiddetta HUMINT SENSITIVE, che consta nella raccolta informativa da fonti umane, il tutto inserito in un ambito di legalità, caratterizzata però da una natura altamente critica e riservata, tale da necessitare il riserbo assoluto non solo sulla finalità della ricerca, ma anche sull’effettivo committente dell’attività stessa. Ultima, ma sicuramente la più nota per lo meno nell’immaginario comune, è la sottocategoria denominata HUMINT CLANDESTINE, ossia la cosiddetta “attività sotto copertura” o “humint clandestina”. Questa, a differenza delle altre, è svolta in totale segretezza da operatori sul campo, che celano dunque tanto la propria identità, quanto l’obbiettivo della missione stessa. Per la natura di tali attività, le azioni degli agenti potrebbero in talune circostanze andare in contrasto con la legislazione del Paese in cui operano, dunque le possibilità di essere arrestati dal controspionaggio con l’accusa di spionaggio sono relativamente alte. Possiamo dunque sostenere che rientrano nell’elenco di fonti della HUMINT: le attività di pattugliamento ordinario in ambito nazionale e nei teatri operativi esteri; le attività dei Consiglieri militari d’Ambasciata; i rapporti diplomatici; i prigionieri di guerra; i rifugiati; i report giornalistici; le relazioni di Organizzazioni non governative e tutte le attività di spionaggio propriamente detto. Possono rientrare nelle attività HUMINT anche le attività di ricognizione speciale effettuate da Forze Speciali e Forze per le Operazioni Speciali, ossia quelle azioni di infiltrazione avanzata e sorveglianza all’interno delle linee nemiche, condotte con lo scopo di ottenere o verificare, per mezzo di osservazione diretta o tramite altri metodi di raccolta informativa, notizie riguardanti le capacità, le intenzioni e le attività del nemico, effettive o potenziali. È importante ricordare che le missioni di ricognizione speciale non costituiscono spionaggio se compiute da personale in uniforme, ai sensi della IV Convenzione di Ginevra (1949). L’acquisizione delle informazioni relative alle possibili mosse o intenzioni del nemico ha mostrato quanto sia vitale il ruolo dei servizi d’intelligence all’interno dello Stato. Tale necessità è stata storicamente avvertita sin dalla nascita delle prime forme associative, infatti è possibile affermare che le prime embrionali forme di organismi con finalità d’intelligence sorsero contestualmente alla nascita delle prime forme di società civile. Le prime testimonianze di attività HUMINT, seppur in forma minimale, finalizzate a prevenire gli attacchi dei nemici, sono databili intorno al 4000 a.C., allorquando i Sumeri istituirono una forma di Servizio Informativo all’interno delle loro città-stato, la cui efficienza - unitamente alle abilità militari - fu presto manifestata attraverso una ampia espansione del proprio dominio su una porzione di territorio molto esteso, che coincideva con l’attuale Stato dell’Iraq. Sulla scia dei Sumeri, anche Hammurabi, fondatore del Regno babilonese nel XVIII secolo a.C., si avvalse di elementi scelti per essere infiltrati negli eserciti nemici col fine di acquisire informazioni e catturare militari dai quali estorcere dati utili all’impiego in battaglia delle truppe reali. Più articolato e complesso fu il Servizio informativo sviluppato dagli Egizi, in quanto per svolgere attività Humint nel vasto territorio si affidarono a figure già specializzate in altre attività come ad esempio i governatori delle province, i mercanti e gli esattori dei tributi, il cui compito era di inoltrare eventuali informazioni acquisite sugli Ittiti (nemico storico) direttamente al Faraone. Proprio gli Ittiti, anch’essi dotati di un buon Servizio di spionaggio, sono ricordati per essere stati i primi in assoluto ad aver utilizzato sul campo spie col sol fine di disorientare e disinformare il nemico, guarda caso gli egizi nella ben nota Battaglia di Kadesh (1296 a.C.). Nota è la presenza di un Servizio informativo nel popolo ebraico, che una volta lasciato l’Egitto, si servì spesso di spie contro i Filistei ed alcuni secoli dopo contro i Romani. La peculiarità dei servizi d’informazione ebraici fu l’utilizzo frequente delle donne che, indossate le vesti di spie, si infiltravano negli accampamenti nemici, raccogliendo informazioni e ottenendo in diverse circostanze successi inaspettati, uno dei quali - se non il più rilevante - fu l’uccisione di Oloferne, comandante dell’esercito seleucide, ammazzato nel proprio accampamento dalla spia ebrea Giuditta. Dal 400 a.C. al 200 a.C, è certo l’utilizzo di spie anche da parte delle Città-Stato di Sparta e Atene, sia da parte di Alessandro Magno che proprio grazie all’utilizzo di una efficiente rete di spionaggio riuscì ad estendere il suo dominio su un vastissimo territorio. Allo stesso modo i Cartaginesi utilizzarono i loro mercanti (tecnica tra l’altro già utilizzata in passato dai Fenici) per acquisire informazioni lungo le rotte commerciali e nei principali porti nel Mediterraneo. Un passo avanti si ebbe con i Romani, i quali furono i primi ad istituire un vero e proprio Servizio d’informazione militare in seno all’esercito, creando due figure ben distinte: gli speculatores veri e propri agenti con compiti informativi e gli exploratores che svolgevano prettamente compiti di ricognizione.

Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.), gli apparati informativi iniziarono a ridursi contestualmente ai contatti ed alle comunicazioni con le popolazioni circostanti. Questa situazione si tramutò in una assoluta mancanza di conoscenza reciproca, il che accentuò la formazione di entità territoriali chiuse e restie a trattenere ogni forma di interazione. La necessità di ricorrere nuovamente all’utilizzo delle spie nacque a cavallo tra il basso Medio Evo e il Rinascimento, allorquando conseguentemente alla nascita in Europa degli Stati nazionali, emerse per i governi la necessità di disporre di maggiori informazioni, non solo di tipo militare ma soprattutto politico ed economico. Fu in quella occasione che la Serenissima Repubblica di Venezia organizzò uno dei più efficienti Servizi d’intelligence che la storia ricordi, seguito poi tra il ‘500 e ‘600 dai Servizi informativi nati in Spagna sotto Carlo V e Filippo II, il “Servizio di sua Maestà” in Inghilterra sotto la regina Elisabetta I, magistralmente gestito da Lord Francis Walsingham, ed in Francia per volere del cardinale di Richelieu, il quale affidò il coordinamento delle attività d’intelligence a Francois le Clerc du Tremblay, conosciuto come “Padre Giuseppe” o “eminenza grigia”. Soprattutto per la Spagna, la Francia e l’Inghilterra, senza dimenticare anche i Servizi informativi del Papa, l’efficienza del ruolo delle spie si tramutò in secoli di assoluto predominio su territori molto vasti. Tra l’800 ed il ‘900, l’utilità della Humint fu maggiormente sentita, soprattutto in virtù delle numerose guerre che delinearono l’attuale carta geografica, soprattutto durante le due guerre mondiali, che videro l’utilizzo dell’intelligence come strumento ormai indispensabile non solo da un punto di vista tecnico-operativo, ma soprattutto con finalità strategiche.

In conclusione, possiamo dire che dall’excursus storico del ruolo avuto dalla HUMINT, si evince che quest’ultima, indipendentemente dalla tipologia, è un’attività strettamente legata alle qualità umane dell’agente, il quale, specie se impegnato in operazioni clandestine, è costretto a districarsi in ambienti di dubbia moralità e ad alto rischio.

Di Thomas Saintclaire


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