Sportwashing e Kafala System: la costruzione degli stadi in Qatar

Il mondiale più criticato della storia

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  Flora Stanziola
  18 June 2022
  5 minutes, 1 second

A partire dal 2010, anno in cui il Qatar ha ottenuto il ruolo di ospitare i mondiali di calcio del 2022, i numerosi contratti multimiliardari per la costruzione di impianti e infrastrutture legati alla Coppa del Mondo hanno attirato l’attenzione nei confronti di questo paese da parte di organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch. Nel corso dell’ultimo decennio il paese è stato accusato di aver attuato la cosiddetta pratica dello sportwashing: una strategia che consiste nel spostare l’attenzione dai crimini e le violazioni di diritti umani ospitando o sponsorizzando importanti eventi sportivi e acquisendo squadre di calcio nel tentativo di ripulire la propria immagine.

È proprio l’organizzazione di questo grande evento che ha messo in luce le condizioni a cui vengono sottoposti i lavoratori migranti nel paese che secondo Human Rights Watch rappresentano il 95% della forza lavoro in Qatar. Amnesty International ha più volte denunciato la mancanza di indagini sulle migliaia di morti avvenute nel paese dei numerosissimi lavoratori migranti che a partire dal 2010 sono emigrati in Qatar dove la domanda di forza lavoro a basso costo è cresciuta significativamente per la costruzione di infrastrutture, trasporti, strutture ricettive, e appunto degli otto nuovi stadi che ospiteranno la Coppa del mondo FIFA 2022.

Alla base di queste violazioni vi è la totale assenza di regolamentazione di questi migranti che infatti entrano nel paese attraverso il Kafala System: una pratica diffusa nei paesi arabi del Golfo, Libano e Giordania che prevede l'accoglienza di un migrante da parte di un local, nella maggior parte dei casi il datore di lavoro, che gli fa da sponsor e che gli garantisce l’ingresso e la permanenza all’interno del paese in cambio del proprio lavoro.

Questo sistema rappresenta oggi la modalità principale attraverso cui lavoratori asiatici, filippini, srilankesi e di alcune zone dell’Africa riescono ad accedere nei paesi arabi nella speranza di poter trovare migliori condizioni di vita. Tutto ciò, attraverso il canale delle agenzie di reclutamento presenti nei paesi d’origine che si occupano di raccogliere le richieste degli sponsor e di organizzare il viaggio dei migranti.

Il primo limite del sistema della Kafala è che i lavoratori migranti reclutati non sono regolamentati dal Ministero del Lavoro ma il loro status è disciplinato dal sistema della Kafala e dal Ministero dell'Interno. In questo modo i lavoratori non godono di alcun diritto lavorativo, quali minimo salariale, pagamento degli straordinari, massimo di ore lavorative e la loro libertà viene limitata attraverso il divieto di cambiare lavoro, e di lasciare il paese attraverso la confisca del passaporto al loro arrivo. Secondo il rapporto di Human Rights Watch del 2020 "How can we work without wages" nonostante in Qatar sia stata introdotta nel 2009 la normativa del "Wage Payment System" la quale prevede di monitorare i pagamenti stabilendo che debbano avvenire entro 7 giorni dalla data prevista, il mancato pagamento del salario è ancora ricorrente. Difatti questo sistema risente del fatto che non tutte le imprese e i lavoratori sono inseriti al suo interno, non rileva gli abusi salariali e inoltre molti datori impediscono ai lavoratori di ritirare i propri stipendi sequestrando le loro carte di credito.

La crescente pressione internazionale ha portato nel 2017 il Qatar a firmare un accordo definito come un “progetto di cooperazione tecnica" con l’Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO) che prevede l’adattamento delle leggi statali a quelle internazionali abolendo il divieto di cambiare datore di lavoro e di lasciare il paese senza il permesso dello sponsor. Il Qatar è difatti tra tutti i paesi in cui è in vigore il Kafala System l’unico ad essersi assunto l’impegno dello smantellamento di questo sistema seppur non includendo ancora i lavoratori migranti nel diritto del lavoro e quindi non rendendoli soggetti dei contratti standard. Nonostante ciò, i lavoratori migranti continuano a subire gravi abusi sul lavoro, dalla confisca dei passaporti ai salari non pagati e ritardati, fino al lavoro forzato.

Ai processi di riforma iniziati nel 2017 non hanno seguito miglioramenti alle condizioni dei lavoratori migranti impiegati nella costruzione di questi stadi. Seppure l’obbligo di ottenere il permesso da parte dello sponsor per poter lasciare il paese o cambiare lavoro sia stato formalmente eliminato, in realtà rimane necessario l’ottenimento di un certificato nulla-osta firmato dal datore di lavoro. Il limite di questo certificato è rappresentato dal fatto che i lavoratori migranti sono costretti a pagare un “risarcimento” in denaro al datore di lavoro. Il risarcimento risulta insostenibile per i lavoratori in quanto i salari che ricevono, qualora li ricevano, sono bassissimi a causa degli scarsi controlli sul "Wage Payment System". Per loro, l’unica possibilità è quella di continuare a lavorare in assenza di diritti e a ritmi che non prevedono periodi di riposo adeguati alle condizioni lavorative e climatiche.

A stadi completati e con il mondiale alle porte, l’attenzione internazionale non ha smesso di battersi per la giustizia dei lavoratori che hanno perso la vita. Le statistiche ufficiali del Qatar mostrano che dal 2010 al 2019 sono morti 15.021 stranieri di ogni età e occupazione ma che le cause del decesso sono inattendibili. A questo proposito è in atto la campagna di Amnesty international “Qatar World Cup of shame” nonché diversi attivisti invitano gli attori internazionali a "boicottare i mondiali 2022". In tutto ciò Amnesty international si è anche rivolta alla FIFA per fare pressione sul governo riguardo l’attuazione delle riforme per arginare in ultima istanza ai rischi a cui saranno sottoposti i lavoratori migranti dei settori turistici, dei trasporti e coloro impiegati nella manutenzione degli stadi.

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Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.amnesty.it/appelli/qatar-stop-allo-sfruttamento-dei-lavoratori-migranti/

https://www.amnesty.it/qatar-12-mesi-ai-mondiali-di-calcio-ultimo-anno-senza-progressi-sui-diritti-dei-lavoratori-migranti/

https://www.amnesty.it/qatar-diritti-lavoratori-mondiali-calcio-2022/

https://www.amnesty.it/ripulirsi-la-coscienza-con-un-pallone-lo-sportwashing-degli-stati-del-golfo/

https://www.cfr.org/backgrounder/what-kafala-system

https://cirs.qatar.georgetown.edu/kafala-labor-system-reform-and-the-2022-world-cup/

https://www.hrw.org/news/2021/12/18/qa-migrant-worker-abuses-qatar-and-fifa-world-cup-2022

https://media.business-humanrights.org/media/documents/HRW_Qatar_salary-abuses_240820_X2JnWIx.pdf

https://www.tio.ch/dal-mondo/attualita/1548386/qatar-lavoratori-stadi-amnesty-lavoro-sfruttamento-mondiale

https://www.tio.ch/dal-mondo/attualita/1531408/qatar-lavoro-morti-stadi-sole

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L'Autore

Flora Stanziola

Autrice da giugno 2022 per Mondo Internazionale Post. Originaria dell'Isola d'Ischia e appassionata di lingue e culture straniere ha conseguito nel 2018 il titolo di Dott.ssa in Discipline per la Mediazione linguistica e culturale. Dopo alcune esperienze all'estero e nel settore turistico, nel 2020 ha intrapreso la strada delle relazioni internazionali iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, appassionandosi alle tematiche relative alla tutela dei diritti umani. Recentemente ha concluso il suo percorso di studi con la tesi dal titolo: "L'Uganda contemporaneo: dalle violenze ai processi di sviluppo".

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kafala qatar fifa22 lavoratori migranti