Sophie Scholl: il coraggio di una rosa

  Articoli (Articles)
  Redazione
  15 January 2021
  4 minutes, 27 seconds

Sophie ha solo 11 anni quando i Nazisti presero il potere in Germania. Sophie è appena una bambina, ma è già pronta a cambiare il mondo.

Sophie Magdalena Scholl nasce nel Maggio del 1921, a Forchtenberg, Germania, in una famiglia dell’alta borghesia tedesca. A 11 anni si trasferisce con la famiglia nella città di Ulm, dove il padre fonda una società di consulenza fiscale. Quarta di sei figli, Sophie sceglie di seguire le orme di suo fratello maggiore Hans e, contro la volontà paterna, si iscrive alla “Hitlerjugend” (Goiventù Hitleriana). Tra Sophie e Hans, c’è un legame molto stretto, per cui, quando quest’ultimo, nel 1937, venne arrestato poiché sospettato di appartenere a movimenti clandestini contro il regime nazista, Sophie ne soffrì molto e ciò non fece altro che aumentare il suo disprezzo nei confronti del Nazionalsocialismo e del regime Hitleriano più in generale; un disprezzo che si manifestò a più riprese soprattutto durante le lezioni scolastiche: più esse erano intrise di ideologia nazionalsocialista, più Sophie assumeva un comportamento “privo di partecipazione”. E per questo, ricevette diversi richiami all’ordine dal preside in persona.

Nel Marzo 1940, pur mantenendo questo suo comportamento ribelle, Sophie Scholl riesce a diplomarsi. Dopo il diploma, lo Stato esigeva che tutte le diplomate andassero a lavorare per il RAD (Reichsarbeitsdienst), un corpo ausiliario istituito nella Germania Nazista, i cui membri prestavano sevizio per progetti lavorativi in ambito civile, militare o agricolo. Sophie, aiutata dal fratello Hans, prova a sottrarsi a quest’obbligo, senza ottenere successi: viene così assegnata a un castello fatiscente trasformato in un campo di lavoro per giovani donne. Erano 2000 i campi come quello in Germania, vi alloggiavano donne tra i 18 e i 25 anni. Le ragazze indossavano le uniformi e avevano sessioni di addestramento ideologico condotte da insegnanti fanatiche. I pasti consistevano per lo più in patate bollite con tanto di buccia.

A Monaco, nel frattempo, suo fratello Hans si impegna apertamente nell’opposizione al regime nazista: il suo progetto è quello di scrivere e stampare più volantini possibili, che sarebbero poi stati distribuiti nell’università. Nasce così la Weiße Rose (Rosa Bianca), un gruppo intellettuale di opposizione non violenta al regime nazionalsocialista, nato dall’impegno di alcuni studenti dell’università di Monaco. Quando, nel 1942, Sophie raggiunge suo fratello all’università di Monaco per studiare presso la facoltà di Biologia, ne resta all’oscuro. I volantini della Rosa Bianca iniziano ad apparire a Monaco verso la metà di Giugno del 1942.
Ne escono 4, uno dopo l’altro; vengono spediti come stampe a tutta la cittadinanza.
Alcune centinaia arrivano anche alla Gestapo. Dopo alcune settimane di indagini, gli autori dell’iniziativa restano ancora ignoti. Con quei 4 volantini, all’università cominciano a circolare voci sulla comparsa di materiale antinazista. Leggere tali volantini senza avere l’autorizzazione della Gestapo era un reato.

Dal novembre del 1942 agli inizi di gennaio del 1943, l’operazione della Rosa Bianca si è trasformata da azione isolata di alcuni studenti idealisti, in una rete in espansione che va diffondendosi nella Germania sud-occidentale, fino alla Saarland, e fino ad arrivare al nord, verso Amburgo e, soprattutto, verso Berlino. Il 18 Febbraio, a Monaco, poco dopo le 10 del mattino, Hans e Sophie lasciano il loro appartamento a Schwabing e si incamminano verso l’università portandosi appresso una grossa valigia. Arrivati all’università, mentre le lezioni sono ancora in corso, cominciano a mettere una grande quantità di volantini davanti alle porte delle aule, sui davanzali e sulle grandi scale che conducono all’entrata principale. Distribuiscono dai 700 ai 1800 volantini. Finito tutto, stanno per lasciare l’edificio quando si accorgono che sono rimasti dei volantini; risalgono le scale fino all’ultimo piano, e dalla balaustra gettano gli ultimi fogli. Nello stesso istante le porte delle aule si spalancano e gli studenti cominciano a uscire. Scoperti, Hans e Sophie vengono condotti nell’ufficio del rettore Wüst. Non opposero resistenza.

Furono condannati a morte e portati alla prigione di Stadelheim.
In prigione si era sparsa la voce su come si erano comportati i giovani studenti nella mani della Gestapo e durante quel processo infame. Il personale del carcere li ammirava, gli impiegati non erano membri delle SS o della Gestapo; si consideravano normali funzionari statali che eseguivano compiti sgradevoli. Le guardie infransero le regole; fecero uscire i fratelli Scholl dalle loro celle e li portarono nella sala visite per incontrare i genitori.
E poi la ghigliottina.

Notizie sulla Rosa Bianca raggiunsero anche il pubblico americano e i loro volantini furono ristampati, a migliaia di copie, e lanciati dagli aerei alleati sulle città tedesche.
La piazza di fronte all’edificio principale dell’ateneo ora è intitolata a Hans e Sophie Scholl. Nel cortile dell’università frequentata da Hans e Sophie c’è una rosa bianca intagliata nel marmo.

Quella di Sophie Scholl è una storia non molto nota. Una donna, una ragazza appena, che a 21 anni è stata processata e condannata a morte per non aver abbassato la testa. Per aver combattuto contro l’oppressione e l’asfissia di un regime totalitario che voleva il suo popolo schiavo. Per aver avuto coraggio. Sophie Scholl deve essere ricordata così: la giovane fanciulla tedesca ribelle, innamorata dell’arte e della filosofia, che ha sacrificato la sua vita in nome della libertà.

A cura di Arianna Giannino 

Share the post

L'Autore

Redazione

Categories

Tag

Germany