Siamo pronti per un mondo plastic free?

La plastica è il simbolo dell’inquinamento del nostro pianeta. Ma riusciremmo a vivere senza? Forse dovremmo trattarla diversamente.

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  Redazione
  10 January 2020
  4 minutes, 28 seconds

Uscite di casa ed entrate in un qualsiasi supermercato, guardatevi intorno, provate a osservare gli scaffali. Cosa trovate? Sacchetti, vaschette, contenitori e bottiglie...cosa hanno in comune? Sono tutti fatti di plastica.

La plastica, con tutti i suoi derivati (PET PVC PLA solo per citarne alcuni), è ormai diventata il simbolo dell’inquinamento del nostro pianeta, è ovunque ed avvolge letteralmente quello che mangiamo. Fa parte della nostra vita da un centinaio di anni e ha praticamente sostituito tutti gli altri materiali; la domanda è: possiamo farne a meno?

Restiamo per un attimo nel nostro quotidiano. Come sarebbe fare la spesa senza plastica? E una volta arrivati a casa come conserveremmo il nostro cibo? Difficile immaginalo, vero?

Secondo il report dell’ufficio studi Coop per i consumi e gli stili di vita 2019, usiamo poco più di due milioni di tonnellate l’anno di PVC per uso alimentare. Queste due tonnellate sono, secondo Plastic-free, il 40% della domanda complessiva annua di plastica in Italia.

Non pensiamo solo alle bottiglie per l'acqua o per le bibite: sono “solo” il 30% del complessivo. Pensiamo invece a vassoi di polistirolo, contenitori e sacchetti.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la maggior parte della richiesta di PVC da parte della grande distribuzione è destinata agli imballaggi dell’ortofrutta e dei banchi freschi come carne e pesce, essendo le merci con la più alta deperibilità.

È abbastanza intuitivo che la plastica ci permetta di conservare i cibi e di trasportarli senza che si rovinino nel tragitto. Senza imballaggi plastici, la carne deperirebbe in pochi giorni, mentre la frutta più delicata non sarebbe trasportabile (pensate a una fragola).

I materiali derivanti dalla plastica, usati a scopo alimentare, ci permettono di conservare alti standard di igiene per il nostro cibo, ai quali nessuno sarebbe disposto a rinunciare. Inoltre, ci permettono di fare la spesa velocemente, il che è un requisito fondamentale per la società odierna e, soprattutto, ci permettono di non sprecare cibo (che diviene più accessibile a tutti).

Forse la soluzione per conservare le nostre abitudini alimentari non è quella di eliminare totalmente la plastica, bensì di farne un uso migliore.

Fate un altro esperimento, guardatevi attorno: quante borracce vedete? In media, in una giornata affollata in una biblioteca universitaria se ne possono individuare almeno 10. Quante ne circolavano lo scorso anno? Sicuramente non così tante. Questo è sintomo di un cambiamento nel modo di pensare delle persone; non è solo una moda passeggera destinata ad estinguersi, ma l'adozione di una buona abitudine che parte dalle piccole cose. Dobbiamo iniziare a considerare la plastica come un elemento importante, una risorsa con molteplici qualità e non come un oggetto dallo scarso valore che si usa una volta sola per poi essere buttato.

Le soluzioni ci sono e stanno iniziando ad essere messe in pratica. Partendo da qualcosa di semplice e ormai usuale, sempre più persone portano i sacchetti telati per la loro spesa da casa, evitando così di comprarli in negozio. Un po’ meno usuale in Italia, ma molto in Svizzera, sono le retine per la frutta e la verdura: pur essendo anch'esse fatte di plastica, possono essere utilizzate centinaia di volte prima di essere buttate.

Uno dei problemi principali del riciclo è la fusione di più materiali. Ad esempio, se ci sono plastiche di diversa densità o agenti non plastici, il processo di riciclaggio è molto più complesso e costoso, se non addirittura impossibile. Sono quindi preferibili le confezioni mono-materiale o le bioplastiche che stanno iniziando a comparire sugli scaffali, facendo sì che il cliente medio inizi a ricercare imballaggi di questo genere. C’è però una precisazione importante da fare: bioplastica non è sinonimo di degradabilità spontanea nell’ambiente, infatti le plastiche di origine biologica possono rimanere nell’ambiente per anni, esattamente come le plastiche derivanti dal petrolio. Quindi, anche la bioplastica deve essere smaltita in modo adeguato.

Sempre lo studio fornito da Coop ha rilevato che oltre il 60% dei consumatori è disposto a pagare un sovrapprezzo per le plastiche riciclabili. Stiamo quindi iniziando a percepire come preferibile il prodotto ecologico.

Un'altra importante soluzione che in altri paesi europei sta prendendo piede già da qualche tempo, e che probabilmente i nostri nonni si ricordano bene, è il vuoto a rendere.
Molto semplice: si tratta di restituire le bottiglie, in modo che possano essere riutilizzate. Questa nuova/vecchia abitudine avrebbe molteplici effetti benefici.

Lo Studio di Coop sui consumi 2019 ci viene nuovamente in aiuto: è stimato che ogni famiglia risparmierebbe circa mille bottiglie in PET e un centinaio di euro l’anno compiendo questo piccolo gesto. Il cambiamento è in atto!

Forse non saremo mai pronti per un mondo totalmente plastic free; sicuramente, però, ci stiamo incamminando verso una nuova concezione di questo elemento. Non più materiale privo di valore fatto per essere buttato, bensì qualcosa di prezioso da rispettare e utilizzare con saggezza.

A cura di Matteo Guido Rogora

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Ambiente e Sviluppo

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