SDG16: corruzione e whistleblowing

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  Redazione
  31 January 2020
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La corruzione è uno dei fattori che più influisce negativamente sulla efficiente allocazione delle risorse e non è un caso se l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite si fa carico, attraverso l’obiettivo 16, della sensibile riduzione di essa e di tutte le forme di abuso di potere. Lo stesso Rapporto 2019 di Transparency International, l’ultimo disponibile, ha voluto concentrarsi sulla relazione tra politica, finanziamenti e corruzione, indicando gli ambiti in cui l’azione dovrebbe essere più mirata al fine di rendere il sistema politico-amministrativo più trasparente ed efficace. Le maggiori aree di miglioramento individuate sono le seguenti:

- Gestione dei conflitti di interesse attraverso una riduzione del rischio di influenza sulle politiche da attuare; severi controlli sugli interessi, non solo finanziari, dei funzionari; lotta al fenomeno delle “porte girevoli” (revolving doors);

- Controllo del finanziamento politico attraverso il rafforzamento del quadro normativo che regola la materia, grazie anche ad agenzie di vigilanza che possano visionare l’origine delle risorse dei partiti politici;

- Rafforzamento dell’integrità elettorale al fine di rendere il sistema democratico più trasparente, libero ed equo, prevenendo e sanzionando la pratica del voto di scambio, così come le campagne di disinformazione;

- Regolamentazione delle attività di lobbying;

- Lotta ai trattamenti preferenziali per assicurare che i servizi forniti e l’allocazione delle risorse non vengano guidate da interessi personali o da gruppi particolari;

- Garanzia delle libertà civili e dei diritti politici; coinvolgimento da parte dei governi della società civile, nonché protezione dei cittadini, degli attivisti, dei “whistleblowers” (soffiatori di fischietto) e dei giornalisti impegnati nel monitoraggio e nella denuncia della corruzione;

- Rafforzamento del sistema dei pesi e contrappesi attraverso la promozione della separazione dei poteri e dell'indipendenza della magistratura.

    Il “Corruption Perception Index” 2019 conferma che l’area geografica con i maggiori tassi di corruzione percepita è l’Africa Sub-Sahariana. Non a caso, l’Agenda 2030 vorrebbe concentrare i propri sforzi soprattutto sui paesi in via di sviluppo, nei quali molto spesso la corruzione si accompagna alla instabilità politica, alla guerra, alle giunte militari. Questo però non significa che i paesi del mondo occidentale, seppur ai primi posti del ranking di Transparency International, stiano attraversando il periodo di massimo splendore. Infatti, la stessa Presidente di questo organismo, Delia Ferreira Rubio, afferma che “I governi devono affrontare urgentemente il ruolo corruttivo dei grandi capitali sul finanziamento ai partiti e l’eccessiva influenza che essi esercitano sui nostri sistemi politici”. La questione sollevata non è certo di poco conto in quanto lo stesso finanziamento ai partiti ha conosciuto una trasformazione che sta acuendo, piuttosto che risolvendo, le questioni legate alla trasparenza e al deficit democratico, quest’ultimo esprimibile anche in salsa nazionale oltre che europea. I paesi occidentali dovranno far fronte ad un deterioramento dei propri sistemi democratici, dovuto anche alla sempre più netta sudditanza della politica all’economia e alle lobby di interesse, un panorama nel quale l'effettiva partecipazione dei cittadini si riduce essenzialmente alla espressione del voto durante le elezioni, sempre più esasperate negli aspetti comunicativi, ma che non incidono molto sul reale livello di inclusione del corpo elettorale. Bisogna però sottolineare che le reazioni della società civile non sono identiche in tutti i paesi e le sommosse ad oltranza dei giovani di Hong Kong o dei gilet gialli in Francia lo dimostrano. Nonostante ciò, possiamo osservare una tendenza globale caratterizzata da leadership eccessivamente personalistiche anche in paesi di lunga tradizione democratica che accentrano le decisioni in uno scenario che disincentiva la partecipazione alla vita pubblica dei cittadini, piuttosto che aumentarla coinvolgendoli proattivamente nelle scelte che possono migliorare la società. Allo stesso tempo però, dal lato dei diritti, si è pensato di fornire un quadro normativo di tutela a coloro i quali segnalano atti di corruzione avvenuti all’interno dell’organizzazione pubblica o privata in cui svolgono la loro attività professionale e che pregiudicano l’interesse pubblico. Un impulso a livello internazionale in tale direzione è arrivato dall’impegno del G20 durante il summit di Toronto nel 2010, nel quale una dichiarazione dei leader sanciva la volontà di dare un contributo decisivo alla lotta alla corruzione includendo la protezione dei whistleblowers, quegli informatori cioè che denunciano la presenza di pratiche illegali e poco trasparenti che inficiano l’attività dell’organizzazione di cui l’informatore stesso fa parte. Grazie anche alle precedenti iniziative dell’OCSE e della Banca Mondiale, si è giunti ad attivare tra il 2010 e 2011 un vero e proprio Piano d’Azione Anti-Corruzione che considera il whistleblowing un’area di intervento prioritaria dell’agenda globale e che si poneva, tra i vari obiettivi, quello di spingere i Paesi del G-20 a dotarsi di leggi, a protezione degli informatori, nei rispettivi ordinamenti entro la fine del 2012. Questa materia è molto delicata in quanto i whistleblowers, che potremmo anche definire “segnalatori di illeciti”, possono essere minacciati, arrestati, licenziati, diventare vittime di mobbing, se non addirittura essere aggrediti o uccisi nei casi più estremi. Il quadro normativo italiano prevedeva già l’art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, in materia di "Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”, successivamente modificato dalla legge 179 del 30 novembre 2017 oggi vigente, la quale sancisce le disposizioni a tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato. A livello europeo è stata la Direttiva 2019/1937 del 23 ottobre 2019 del Parlamento e del Consiglio a fornire come obiettivo la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, seppure nella direttiva stessa si ammette che la protezione garantita agli informatori non è uniforme tra gli Stati membri, né armonizzata tra i vari settori. Se guardiamo all’evoluzione della vita umana organizzata, tanti passi in avanti sono stati sicuramente fatti; eppure, possiamo affermare che la corruzione è una delle cause della iniqua allocazione delle risorse, la quale, a sua volta, determina uno sviluppo a macchia di leopardo. Nel nostro vivere quotidiano potremmo “glocalizzare” i buoni esempi e creare circoli virtuosi perseverando nelle buone pratiche e denunciando quelle illecite di cui siamo testimoni nelle piccole realtà.

    A cura di Nico Delfine

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