Cyberbullismo: cos'è e come difendersi

  RAISE
  Fabio Di Gioia
  08 June 2020
  4 minutes, 2 seconds

Una ricerca ISTAT del 2014 ha mostrato l’allarmante diffusione del cyberbullismo sul territorio nazionale: il 5,9% dei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni con accesso a Internet è oggetto di ripetute azioni vessatorie tramite e-mail, chat, sms o social network. Le ragazze sono le vittime più frequenti (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi).

Il cyberbullismo è “un atto aggressivo ed intenzionale, condotto da un individuo o da un gruppo di individui, usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel corso del tempo, contro una vittima che ha difficoltà a difendersi" (Smith et al, 2008).

Le violenze e le umiliazioni sono messe in atto attraverso la diffusione in rete di video o foto imbarazzanti, pettegolezzi, minacce e derisioni. L’obiettivo è quello di denigrare e danneggiare la reputazione o le amicizie di un coetaneo, portando di fatto la vittima all’esclusione dal gruppo dei pari.

Il cyberbullismo possiede una serie di caratteristiche specifiche. Innanzitutto, a differenza del bullismo “tradizionale”, il quale avviene solitamente in luoghi/tempi specifici, è un fenomeno pervasivo che investe la vittima ogni volta che si collega a Internet. Inoltre il fenomeno presenta un'ampia portata: i messaggi e i materiali inviati sono trasmessi e ricondivisi oltre la cerchia dei propri conoscenti.

Il cyberbullismo permette al molestatore di mantenere l’anonimato, proteggendo la propria identità. Egli inoltre non riceve il feedback immediato e tangibile della vittima, non vedendo il dolore e i danni che la propria condotta può aver causato e di conseguenza non coglie le conseguenze delle proprie azioni. Ciò causa a sua volta un indebolimento delle remore etiche: spesso le persone fanno e dicono online cose che non farebbero o direbbero nella vita reale.
Infine il cyberbullismo porta all’attivazione di meccanismi come la minimizzazione (gli atti compiuti sono definiti “solo uno scherzo”) e la diffusione della responsabilità (“Lo facevano tutti” oppure “Io non ho fatto niente, ho solo postato un messaggio che mi era arrivato”).

Il cyberbullismo è un fenomeno complesso che può presentarsi sotto diverse forme. Si può infatti parlare di:
flaming: messaggi violenti e volgari, mirati a provocare battaglie in un forum o in una chat;
harassment: messaggi offensivi, scortesi, insultanti inviati ripetutamente;
cyberstalking: molestie insistenti e intimidatorie, che portano la vittima a temere per la propria incolumità fisica;
denigration: diffusione online di pettegolezzi e/o altro materiale offensivo, nell’intento di danneggiare la reputazione o le amicizie di un coetaneo;
impersonation: furto dell’identità della vittima tramite violazione dell’account, allo scopo di danneggiarne o comprometterne la reputazione;
outing e trickery: diffusione di confidenze spontanee di un coetaneo, immagini riservate o intime precedentemente inviate privatamente dalla vittima;
exclusion: emarginazione del coetaneo da un gruppo online;
cyberbashing o happy slapping: pubblicazione online di filmati, in cui la vittima viene picchiata e insultata dal bullo davanti ad un gruppo, che riprende la scena.

Tra le conseguenze psicologiche per le vittime di cyberbullismo vi sono ansia, depressione e, nei casi più estremi, il suicidio (Kowalski et al., 2014). È pertanto necessario individuare precocemente i casi in cui esso si verifica, per realizzare un intervento efficace e tempestivo.

Come faccio a sapere se mio/a figlio/a è vittima di cyberbullismo?

Ecco i segnali più comuni di disagio:

  1. Nervosismo o rifiuto di andare a scuola;
  2. Irascibilità e ansia durante l’uso dei social network e/o subito dopo;
  3. Rifiuto di condividere con i genitori o gli adulti di riferimento informazioni sul proprio account e sulle attività svolte online;
  4. Perdita inspiegabile di peso o l’aumento ponderale improvviso, mal di testa, mal di stomaco e difficoltà a mangiare;
  5. Difficoltà di addormentamento e spiccata sonnolenza durante il giorno;
  6. Progressivo calo di interessi verso gli hobby o le attività che generalmente venivano svolte con piacere;
  7. Tendenza alla depressione e all’isolamento/ritiro sociale.

Sono vittima di cyberbullismo, cosa posso fare per difendermi?

L’ideale sarebbe poter beneficiare di un intervento psicologico per ottenere supporto concreto (questo vale anche nei confronti del cyberbullo: la terapia psicologica offre strumenti per gestire aggressività e comportamenti devianti).
In assenza di un intervento specializzato, è possibile attuare alcune strategie:

  1. Racconta quello che è successo ad un adulto del quale ti fidi: è importante che tu senta di non essere solo/a in questa situazione!
  2. Evita di rispondere o interagire con coloro che ti stanno provocando, spesso ciò rafforza la volontà dell’altro di danneggiarti.
  3. Salva i messaggi più emblematici da poter utilizzare per denunciare gli aggressori ma evita di conservare tutto il materiale offensivo, altrimenti rischi di rileggerlo continuamente e rimuginare, rinforzando l’umiliazione subita.
  4. Blocca e segnala immediatamente la persona che ti aggredisce: sui social è possibile segnalare il contenuto e l’autore alla piattaforma, che può così intervenire cancellando il primo e bloccando il secondo.
  5. Limita la privacy dei tuoi contenuti, decidendo chi può visualizzare il profilo e/o taggarti.

Fonti liberamente consultabili:

https://www.cyberbullismo.com/cyberbullismo/tipologie/

A cura di Sara Bergamini

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L'Autore

Fabio Di Gioia

Dottore in Scienze internazionali ed istituzioni europee, attualmente si sta specializzando nel corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali. È stato Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, Referente di Segreteria e co-ideatore del progetto TrattaMI Bene. È ora Caporedattore e autore per la sezione Diritti Umani.

Bachelors degree in International Sciences and European Institutions, currently majoring in International Relations. He has served as Chairman of the Board of Auditors, Secretariat Liaison, and co-creator of the TrattaMI Bene project. He is now Editor-in-Chief and author for the Human Rights section.

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