Quanto sono verdi le nuove tecnologie?

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  Redazione
  06 April 2021
  4 minutes, 51 seconds

Questi mesi di pandemia e di distanziamento sociale sono stati segnati dall’ingresso dirompente del digitale nelle vite di tutti noi, come strumento per gestire ogni aspetto della nostra esistenza: la scuola, il lavoro, gli acquisti, gli allenamenti.

Le cifre ufficiali riflettono questa crescita enorme: secondo il report di Akamai, il traffico Internet globale ha registrato dalla fine di febbraio alla fine di marzo 2020 una crescita del 30% [1]. Sicuramente il COVID ha accelerato la corsa al digitale, ma la crescita di questo settore è un fenomeno ormai noto da tempo: nel 2019, secondo uno studio di Deloitte, ben il 93% degli italiani possedeva uno smartphone, un italiano su quattro possedeva uno smart watch e/o una fitness band, tre su cinque erano disposti a spendere ben 17 euro al mese per controllare e gestire la propria casa dallo smartphone, 1 italiano su 2 risultava essere un mobile gamer [2].

Quando, dopo il picco del contagio, si è cominciato a parlare di ripresa economica, il rilancio del digitale ha assunto immediatamente un ruolo chiave nelle agende di tutti i Paesi europei. Tuttavia, pur essendo il settore del digitale uno di quelli più promettenti per lo sviluppo economico dei prossimi anni, si parla poco del suo impatto ambientale. Al contrario, si tende a concentrare l'attenzione sul contributo delle tecnologie smart allo sviluppo sostenibile: si pensi alla digitalizzazione degli edifici o alla riduzione degli spostamenti non necessari.

In realtà tutti i procedimenti cosiddetti “dematerializzati” sfruttano un complesso sistema molto materiale, fatto di reti, terminali, centri di raccolta. I dati sono in realtà impulsi elettrici, o onde elettromagnetiche prodotte da antenne alimentate a corrente; i grandi server che immagazzinano dati sono anch’essi alimentati a corrente, così come tutti i dispositivi elettronici che utilizziamo. Il digitale è dunque responsabile del 4,2% del consumo mondiale di energia [3]. E si tratta di un’energia prodotta ancora per grande parte a partire da fonti fossili.

Da cosa viene assorbita tutta questa energia? In primo luogo dai network di telecomunicazioni: Internet, reti telefoniche e telematiche, calcolatori, il cui traffico è in continuo aumento; dai Data Center, che rispondono all’esigenza di immagazzinamento di dati; dall’Internet of Things, il complesso di reti che utilizza robot, intelligenza artificiale, sensori per automatizzare linee di produzione; infine da tutti i dispositivi connessi: computer, smartphone, tablet, smartwatch, dispositivi domotici.

Il digitale è stato all’origine del 3,7% delle emissioni mondiali di GES nel 2018; si pensi, a titolo di confronto, che l’emissione dei gas dovuta ai veicoli da trasporto leggeri (automobili, motociclette) è responsabile di circa l’8% delle emissioni globali. Il 44% di questo inquinamento è dovuto alla fabbricazione dei dispositivi, che richiede processi di estrazione e lavorazione di materiali fortemente inquinanti; il 56% è dovuto invece al loro utilizzo [3].

Purtroppo, le previsioni per il futuro non sono positive: in un mondo dove lo spazio occupato dal digitale continua ad aumentare giorno dopo giorno, le emissioni legate al settore potrebbero arrivare fino al 14% entro il 2040. In questo quadro l’Unione Europea punta sulla promozione delle iniziative volte a migliorare l'efficienza energetica dei centri di dati e delle telecomunicazioni in generale, con l'obiettivo di portarli alla neutralità climatica entro il 2030 [4]. Recentemente anche grandi gruppi privati, come Microsoft, Aruba, Facebook, si sono impegnati nello sviluppo di server a basso consumo.

Le tecnologie vengono perfezionate anno dopo anno, per creare dispositivi che consumino sempre meno: il concetto del Green Computing, o Informatica Verde, nasce nel 1992 con l’obiettivo di fissare degli obiettivi energetici minimi per i dispositivi elettronici. Tuttavia, l’aumento del traffico dei dati è molto più rapido della riduzione del consumo elettrico. Inoltre, il continuo lancio di dispositivi nuovi e potenti aumenta il volume di rifiuti elettronici di difficile smaltimento.

Il digitale può costituire una grande opportunità per la nostra civiltà, migliorando la qualità della vita di ognuno di noi. Questo è indubbio. Ma altrettanto fuori discussione è la gravità della situazione climatica del nostro pianeta e l’urgenza con il quale la questione richiede di essere affrontata. Che fare quindi?

A livello istituzionale, è necessario un intervento deciso, in più direzioni. Bisognerebbe in primo luogo promuovere un utilizzo virtuoso della rete, per esempio regolando le offerte telefoniche, mettendo a punto una legislazione in materia di gestione sostenibile dei dati, incentivando la progettazione di dispositivi più eco-friendly e centri dati meno energivori. Si potrebbe poi favorire il riciclo nella fabbricazione di nuovi terminali, lottando contro l’obsolescenza programmata, favorendo le riparazioni, tassando le esternalità negative dovute alla fabbricazione.

Ma queste azioni da sole non possono essere sufficienti. Per invertire la tendenza, è imprescindibile una presa di coscienza da parte degli utilizzatori dell’impatto che il digitale ha sull’ambiente. Una presa di coscienza che può avvenire solo con la collaborazione dei media, che non hanno ancora esplorato l’argomento adeguatamente, nonché degli attori pubblici e privati, ai quali va chiesto di valutare l’impatto ambientale della loro strategia digitale. Solo essendo informato sui costi ambientali che il digitale comporta, ogni cittadino avrà gli strumenti per capire l’importanza di un suo utilizzo sobrio e responsabile: non dimenticando i dispositivi accesi o sotto carica, acquistando, quando possibile, prodotti ricondizionati, utilizzando le funzioni di risparmio energetico e limitando la condivisione di contenuti.

A cura di Chiara Natalicchio

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Fonti consultate per il presente articolo:

[1] Lo stato di internet, Akamai, 2020, https://www.akamai.com/it/it/resources/our-thinking/state-of-the-internet-report/global-state-of-the-internet-security-ddos-attack-reports.jsp

[2] Global Mobile Consumer Survey 2019, Deloitte, 2019, https://www2.deloitte.com/it/it/pages/technology-media-and-telecommunications/articles/global-mobile-consumer-survey-2019---deloitte-italy---tmt.html

[3] Commission de l’aménagement du territoire et du développement durable, Rapport d’information de la mission d’information sur l’empreinte environnementale du numérique, 2020, http://www.senat.fr/rap/r19-555/r19-555-syn.pdf

[4] La nuova strategia dell’UE per il digitale, Ufficio Rapporti con l’Unione Europea, Camera dei Deputati, 30/04/2020, http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/AT032.pdf

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